[13/01/2011] News

Linee guida energie rinnovabili, un mosaico regionale che fa tremare le imprese

MILANO. La metà delle Regioni italiane ha varato provvedimenti di recepimento delle Linee Guida nazionali sulle autorizzazioni degli impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (Valle d'Aosta, Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, Puglia e Basilicata). Nella maggioranza dei casi si è espressa solamente la Giunta regionale e manca ancora il parere finale del Consiglio.

Dal punto di vista degli investitori si tratta di limitazioni notevoli, talvolta eccessive. Percorrendo lo stivale da nord a sud si incontrano divieti coerenti per quanto riguarda le aree di rilievo architettonico e geografico, ma anche ingiustificati inasprimenti in regioni centrali come Emilia Romagna e Toscana in materia di impianti a terra.

La Regione Valle d'Aosta guidata da Augusto Rollandin dell'Union Valdôtaine accoglie nella propria normativa regionale le Linee Guida nazionali ritenendo necessario fermare la realizzazione selvaggia di impianti fotovoltaici ed eolici ed individua le aree del territorio regionale non idonee all'installazione di impianti fotovoltaici ed eolici. In sintesi, è vietata la realizzazione degli impianti in aree protette, in zone a rischio idrogeologico, nei centri storici individuati dai piani regolatori comunali e nelle zone soggette a vincolo di inedificabilità. Non ci sono limitazioni per gli impianti fotovoltaici realizzati sugli edifici, nonché gli impianti eolici inferiori a 60 kW. Inoltre, per la realizzazione degli impianti non potranno essere utilizzati terreni per i quali sono state concesse provvidenze previste dai Piani di Sviluppo rurale 2000-2006 e 2007-2013.

Il Piemonte del leghista Roberto Cota ha individuato i luoghi in cui non sarà possibile realizzare impianti: i siti patrimonio dell'Unesco, quelli interessati da progetti di candidatura a siti Unesco, i beni culturali e paesaggistici, le vette ed i crinali montani e pedemontani, i tenimenti dell'Ordine Mauriziano, le aree protette nazionali e regionali, le aree di importanza comunitaria nell'ambito della Rete Natura 2000, le zone agricole destinate a prodotti docg e doc, i terreni agricoli irrigati con impianti irrigui a basso consumo idrico realizzati con finanziamento pubblico, quelli ricadenti nella prima e seconda classe di capacità d'uso del suolo e le aree in dissesto idraulico ed idrogeologico. Quest' ultima limitazione riguarda una percentuale molto elevata del terreno utilizzabile per l'installazione di impianti a terra, ponendosi di fatto in contrasto con le Linee Guida Nazionali.

La delibera approvata dall'Assemblea legislativa regionale dell'Emilia Romagna guidata da Vasco Errani vieta l'installazione degli impianti in aree di pregio ambientale, paesaggistico e architettonico e introduce grossi limiti per quanto riguarda gli impianti a terra in zone agricole: l'impianto non potrà occupare più del 10% della superficie disponibile né superare la potenza nominale massima alla quale è riconoscibile la natura di reddito agrario che, secondo una circolare del Ministero delle Finanze, equivale a 200 kW più 10 kW di potenza installata eccedente per ogni ettaro di terreno posseduto, con un massimo di 1 MW. La delibera stabilisce invece che possono essere installati pannelli senza limiti di dimensione né di potenza in aree di cava e discariche dismesse e in siti industriali.

In Toscana, la giunta regionale di Enrico Rossi del PD ha approvato una delibera che vieta la costruzione di impianti fotovoltaici a terra con potenza superiore ai 200 kW e superficie maggiore di 4.000 metri quadri. Off limits i siti patrimonio dell'Unesco, le aree di interesse cul-turale, immobili vincolati, aree naturali protette, classificate a rischio idraulico e le zone  sottoposte a vincolo. Via libera invece per chi vorrà ricoprire con moduli solari i tetti delle case, dei capannoni e delle fabbriche.

Il Lazio ha adottato pienamente le linee guida nazionali così come l'Abruzzo che non ha imposto particolari limiti in materia, conservando la dovuta discrezionalità di valutazione assegnata dalla legislazione nazionale ai singoli enti.

La Giunta regionale delle Marche ha affidato ai Comuni il compito di individuare e cartografare i siti non adatti all'installazione di pannelli fotovoltaici a terra. Le amministrazioni comunali dovranno realizzare la trasposizione cartografica entro 60 giorni per garantire certezza di tempi e di aree per accelerare la conclusione degli investimenti fattibili sugli impianti.

In Molise, il divieto introdotto dalla Giunta regionale guidata da Angelo Michele Iorio del PDL riguarda gli impianti eolici, che non potranno essere realizzati in aree di interesse culturale e paesaggistico.

Nichi Vendola in Puglia ha introdotto l'autorizzazione unica per l'installazione di nuovi impianti da richiedere sul sito www.sistema.puglia.it. La delibera individua le aree soggette a vincolo, nelle quali non sarà possibile installare impianti: parchi, riserve, siti Unesco, beni culturali, immobili e aree dichiarate di notevole interesse pubblico, territori costieri, laghi, fiumi, torrenti e corsi d'acqua, boschi, zone archeologiche, tratturi, grotte, lame e gravine e versanti.

in Basilicata, infine, la Giunta regionale presieduta da Vito De Filippo del PD ha approvato una delibera che semplifica la procedura per cui saranno soggetti ad autorizzazione unica regionale: gli impianti eolici con potenza superiore a 1.000 kW, gli impianti solari termodinamici, gli impianti fotovoltaici con potenza oltre i 1.000 kW, gli impianti per la produzione di elettricità da biomasse con potenza superiore a 999 kW e gli impianti idroelettrici oltre a 250kW. Servirà invece la Dia (Dichiarazione di inizio attività) per gli impianti eolici con potenza non superiore a 1.000 kW, gli impianti fotovoltaici non integrati non superiori a 1.000 kW, quelli per autoconsumo, gli impianti per la produzione di elettricità da biomasse fino a 999 kW, gli impianti idroelettrici non superiori a 250 kW.

Alla luce di queste nuove limitazioni cresce per il nostro Paese il rischio di non raggiungere gli obiettivi del pacchetto energia 20/20/20 del Parlamento Europeo che vuole ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra, portare al 20% il risparmio energetico e aumentare al 20% il consumo di energia da fonti rinnovabili entro il 2020. Per l'Italia è stata richiesta una riduzione delle emissioni del 13% e un utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili che passi dal 5,2% al 17%.

La nostra penisola oggi è il fanalino di coda dell'Europa, insieme al Lussemburgo, nella produzione di energia rinnovabile secondo un'analisi dell'Ewea, lobby dell'industria eolica europea. Gli altri 25 stati membri prevedono di poter rispettare ed addirittura superare gli obiettivi fissati da Bruxelles. L'Italia, sotto di uno 0,9% rispetto alla soglia richiesta, ha informato la Commissione Europea che intende utilizzare il meccanismo di cooperazione per raggiungere l'obiettivo nazionale. Ossia acquistare energia verde da chi ne produce in eccesso.

A questo punto viene spontaneo chiedersi perché non si possano sfruttare al meglio le potenzialità del nostro territorio invece di ricorrere all'acquisto di energie rinnovabili dall'estero.

Lo sviluppo in Italia è frenato dalla riduzione degli incentivi fiscali, dai limiti fisiologici di acceso alla rete elettrica nazionale e dai limiti regolamentari recentemente imposti dall'Autorità per l'Energia Elettrica.

Analizzando poi il terzo conto energia, che finanzia la realizzazione di 3000 MW (pur essendo il target del libro bianco di 8000 MW) si evince che gli impianti a terra non costituiranno più di 2000/3000 MW, corrispondenti a 6000/9000 ettari, il che significa coprire solo lo 0,1% dei 7.000.000 di ettari di terreno pianeggiante, e pertanto adatti, presenti sul territorio italiano. Una superficie piuttosto ridotta rispetto agli allarmismi lanciati da chi crede che l'Italia possa essere ricoperta da pannelli solari.

Si può riflettere sul caso di Montalto di Castro (VT), dove su un'ampia zona, improduttiva dal punto di vista agricolo, sono stati realizzati campi fotovoltaici per decine di MW che hanno portato investimenti ed occupazione diretta e d'indotto, lo sviluppo e la specializzazione di nuove professionalità e la prospettiva di elevati livelli occupazionali per la gestione e manutenzione a regime degli impianti. A questo è corrisposto un arricchimento degli enti locali competenti e degli imprenditori agricoli proprietari dei terreni sedi di impianti, che mai avrebbero tratto da qualsiasi coltivazione un reddito paragonabile a quello derivante dalla cessione dei diritti di utilizzo dei terreni. Il tutto in un'area circoscritta e senza impatto sull'ambiente, sul paesaggio e sul turismo.

Le energie rinnovabili sono contemporaneamente una necessità del pianeta e un'opportunità di investimento e pertanto dovrebbero essere le Regioni stesse, anziché opporsi alla realizzazione di progetti, a cercare di incentivarli, definendo regole chiare, che permettano di creare posti di lavoro e l'afflusso di capitali.

* presidente ReFeel spa

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