[12/01/2011] News

Il Sahara forest project parte dalla Giordania

LIVORNO. Norvegia e Giordania hanno firmato ieri ad Amman un accordo per l'utilizzo di una grande area per dare il via al futuristico Sahara forest project (Sfp) per trasformare il deserto in un'oasi verde. Anche Frederic Hauge, il presidente Bellona, l'associazione norvegese/russa nota per fare le pulci al nucleare di Putin, era presente alla firma dell'accordo e lo ha definito «Un passo da gigante per i nostri sforzi per realizzare il Sahara Forest Project. Siamo molto felici per il sostegno dei governi giordano e norvegese. E' incoraggiante che condividiamo la stessa visione di un approccio più integrato per risolvere le sfide dell'acqua, del cibo e del settore energetico». Il progetto condurrà anche una serie di studi in Giordania, sempre con il sostegno economico del governo di Oslo.

Il Sahara forest prevede l'utilizzo di un mix unico di tecnologie per trasformare in diversi anni le aree aride del deserto in terra fertile. Il sito scelto per il progetto pilota dove realizzare il primo impianto si estende su 2 milioni di m2 vicino ad Aqaba, l'unica città costiera della Giordania sul Mar Rosso. L'Sfp si è anche assicurato i diritti per una superficie aggiuntiva di altri 2 milioni di m2 per la seconda fase di espansione del progetto.

Nel giugno 2010 il re di Giordania Abdullah II aveva partecipato alla presentazione del progetto durante la sua visita ad Oslo ed era rimasto molto impressionato, dicendo subito che era pronto per facilitarne l'applicazione in Giordania. Il contratto firmato con le autorità regionali Aqaba è il risultato di una serie di incontri positivi tra i partecipanti all'Sfp (Bill Watts of Max Fordham Consulting Engineers, Seawater Greenhouse, Exploration Architecture e Bellona Foundation) e diversi ministeri  giordani. Alla firma erano presenti anche il ministro degli esteri giordano Nasser Judeh e il suo collega norvegese Jonas Gahr Støre che ha sottolineato: «Abbiamo assistito alla firma di un progetto molto spettacolare e potenzialmente importante per le energie rinnovabili, nel quale cerchiamo di mettere in comune la nostra esperienza su alcuni approcci imprenditoriali avventurosi per esplorare le potenzialità di questo Paese e il potenziale solare della regione mediorientale. Partire dalla Giordania è in realtà un punto di partenza promettente».

Nel 2009, dopo i primi studi che hanno dimostrato la fattibilità e l'economicità del progetto, l'Sfp è stato presentato alla Conferenza Unfccc di Copenhagen, dove ha suscitato grande interesse per la sua forte innovazione: il commissario Ue allo sviluppo, Andris Piebalgs, disse che «Il Sahara Forest Project sembra essere un esempio molto interessante del pensiero olistico del quale avremo molto bisogno in futuro, per rendere i nostri sistemi energetici, idrici ed industriali più sostenibili».

Il presidente di Bellona spiega che «I pilastri principali su cui poggia il progetto sono di serre ad acqua salata, energia solare a concentrazione e la coltivazione di colture tradizionali insieme a colture energetiche, come le alghe. Il risultato finale? Acqua potabile e alimenti e biomassa sostenibile ed energia. Useremo ciò di cui abbiamo abbastanza per produrre ciò di cui abbiamo più bisogno. Come vantaggio collaterale piacevole, allo sterile deserto esterno verrà fornita abbastanza umidità da diventare, nel tempo, una valle verde rigogliosa di vegetazione. Ancora meglio: alghe, verdura e altre piante avranno un ruolo aggiuntivo, assorbendo anidride carbonica dall'aria. Il Sahara Forest Project ha attirato l'attenzione internazionale e ha dimostrato un notevole progresso da quando è stato presentato. Sono sicuro che il primo sistema Sfp diventerà presto una realtà». Il progetto prevede tre fasi distinte di sviluppo: approfondimenti durante tutto il 2011, la costruzione di un Demonstartion Centre che dovrebbe iniziare nel 2012, l'inizio dello sviluppo su scala commerciale nel 2015.

Se si pensa alla partecipazioni di associazioni come Bellona a progetti energetici così giganteschi e poi si guardano alle polemiche nostrane sulla partecipazione ed appoggio di associazioni ambientaliste italiane a progetti che in confronto sono lillipuziani, cascano le braccia per la dose di provincialismo che circonda la discussione dell'energia nel nostro Paese rispetto a quello che fa un Paese come la Norvegia (con meno di un decimo della popolazione italiana) a casa propria e in giro per il mondo. Bellona, un'associazione ambientalista nota per le sue competenze scientifiche e per essere incorruttibile, si è buttata anima e corpo in un progetto grandioso come il Sahara Forest che prevede «La combinazione di diversi metodi per risolvere, in un colpo solo, tutta una serie di gravi problemi ambientali del nostro tempo - afferma Hauge - la scarsità di acqua dolce, la ineguale distribuzione del cibo, la produzione di energia sporca, la mancanza di biomassa e, ultimo ma non meno importante, il riscaldamento globale possono essere risolti con quel che chiamiamo "holistic approach and technology". La ragione per cui Bellona si è impegnata per questo con tutte le sue forze è che il progetto fornisce tante risposte a così tante domande in una volta». Effettivamente si tratta di un progetto ambizioso vino alla visionarietà, dove tutto è interconnesso:  serre con acqua di mare, utilizzate per la coltivare alghe e verdure e per convertire l'acqua di mare in acqua dolce. energia solare a concentrazione che fornisce energia per azionare pompe e ventilatori e produrre acqua con un dissalatore. L'aria umida e fresca delle serre favorisce la crescita delle verdure, mentre la condensazione e il vapore dalla centrale assicurerà la crescita del verde nella parte esterna. Inoltre, la coltivazione di alghe fornirà biomassa da utilizzare per produrre energia o cibo.

«Aqaba è una zona desertica con abbondanza di sole ed è sul litorale. Si tratta di una situazione perfetta per questo progetto - dice Hauge -  In sostanza, quando queste diverse tecnologie vengono utilizzate con un un approccio combinato, i processi avviano un "nutrimento" a vicenda e, a parte i vantaggi puramente ambientali, il progetto offre un enorme potenziale commerciale per la "crescita rigenerativa", il rimboschimento e la creazione di nuovi posti di lavoro verdi, il tutto come conseguenza della produzione commercialmente redditizia di cibo, acqua dolce, biocarburanti e, non ultimo, di elettricità. Il Sahara Forest Project è basato sulla necessità di "going green by black numbers"».

I benefici promessi alla Giordania, un Paese desertico che ha una carenza costante di acqua dolce, dovrebbero essere molteplici: «La Giordania è in realtà quarto paese più povero del mondo in termini di risorse idriche. Il numero di turisti che viaggiano verso la Giordania sono in costante aumento, e il problema dell'acqua è in costante crescita - spiega Hauge - Lo sviluppo dell'Sfp sarà quindi di grande utilità per la Giordania»,

Una volta che il progetto pilota in Giordania avrà dimostrato di funzionare bene, strutture come quelle previste ad Aqaba potrebbero alleviare la carenza di acqua e cibo a livello globale e per produrre biocarburanti senza competere con la produzione alimentare. Inoltre, il Sahara Forest Project può contribuire agli sforzi di forestazione in terre desertiche. «L'obiettivo di Bellona deve essere quello di rendere il verde il  deserto e mantenere l'oceano blu», ha dichiarato  Hauge. Andando avanti il progetto punta a diventare uno degli elementi per assorbire CO2 dall'atmosfera, puntando ad «essere effettivamente in grado di rallentare il riscaldamento globale con la realizzazione di un "negative CO2 balance"».

Per gli ambientalisti norvegesi «Il Sahara Forest Project è un fero ed ambizioso sforzo di Bellona, ma essere ambiziosi é esattamente quel che dobbiamo essere. Un presupposto fondamentale per risolvere sia la crisi climatica che il problema alimentare mondiale è quello di consentire ai Paesi in via di sviluppo di produrre il proprio cibo, la propria acqua e la propria energia pulita, invece di importare petrolio da noi. Quando sarà completamente sviluppato, l'Sfp probabilmente contribuirà anche a creare una serie di nuovi posti di lavoro verdi, sia per il progetto di Aqaba che altrove, dove si realizzeranno iniziative simili. Sarà molto utile, dato che miliardi di persone in tutto il mondo avranno bisogno di lavoro e di un maggior reddito negli anni a venire».

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