[04/01/2011] News

Fiat: l'auto sostenibile non abita pił qui

LIVORNO. L'andamento delle vendite dell'auto è da sempre un buon indice anche della sostenibilità ambientale e sociale di un Paese. In tempi di globalizzazione spinta, questo indice ha valore planetario. In Italia, i dati sono di ieri, il mercato è in caduta libera. Se ci fosse ancora un legame diretto tra il core business di un'azienda e il suo titolo quotato in borsa, si sarebbe dovuto assistere a una altrettanto caduta libera del titolo azionario. Niente affatto. Al debutto in Piazza Affari, lo spin-off del Lingotto è un tripudio. I camion e i trattori di Fiat Industrial archiviano chiudono con una quotazione a 9 euro (+3%); l'Auto sopra i 7 euro con un rialzo che sfiora il 5%. Il fatto che il prodotto, l'auto appunto, non venda (calo del 30% non bruscolini) venga ignorato dalla borsa che premia un contenitore che si giudica possa far cambiare le cose (anche solo per un giorno, anche solo per poche ore...) è connaturato con il "gioco" della borsa, ma di questi tempi distorce paurosamente la realtà. Oltre al fatto che manda in soffitta, anzi, manda a "prima di Cristo" affermazioni quali quelle fatte da Marchionne nell'ormai famoso discorso di Rimini: «Conosciamo bene le regole dei mercati. Il loro andamento è determinato dalla domanda e dall'offerta, e trovano il loro equilibrio all'incrocio di queste due funzioni. Nella ricerca di questo equilibrio, non adottano principi etici e non sono condizionati da fattori o legami emotivi». Queste regole infatti sono dell'altro secolo, oggi il bello e il cattivo tempo lo fa infatti il mercato finanziario. L'esempio iniziale docet.

Ma quello che ci sta a cuore sottolineare, e ci fa piacere che lo abbia già fatto anche Scalfari su Repubblica è che questa "Fabbrica Italia": «Fiat lavora ancora su vecchi modelli, vecchi e pochi. Il tentativo di rilanciare le piccole cilindrate è stato un mezzo flop. In Italia la quota di mercato Fiat è meno di un terzo, più del 70 per cento del mercato automobilistico italiano compra macchine straniere. Pensare - come pensano Marchionne e Sacconi - che il recupero di produttività riguardi soltanto il fattore lavoro e non anche il fattore imprenditoriale, è una visione contraddetta dalla realtà comparata». Marchionne sul tema del piano industriale ha semplicemente detto che è da provinciali chiederne lumi, ma a quanto è dato sapere si parla di restyling  (Fiat Group: 51 novità in 5 anni http://www.omniauto.it/magazine/12096/piano-fiat-2010-2014-51-prodotti-in-5-anni) e di quell'idea, che lo stesso Marchionne nel solito discorso di Rimini sosteneva riguardo all'accordo con Crysler - «Queste condizioni hanno permesso alla Fiat di farsi riconoscere per il proprio livello tecnologico, per l'impegno verso una mobilità sostenibile e per la capacità di portare, anche negli Stati Uniti, architetture e motori a bassi consumi. Non c'è dubbio che il Governo americano abbia dimostrato grande coraggio. Un'iniziativa che era nata con l'obiettivo di salvare centinaia di migliaia di posti di lavoro è diventata l'occasione per lanciare il "new green deal", con cui si vuole incidere in profondità sulle abitudini dei consumatori, sostenendo l'industria dell'auto nello sforzo di ridurre i livelli di emissioni e di consumi» - appare ormai dimenticata. Nella discussione in atto l'unico problema sembra il costo del lavoro, il sindacato che deve farsi da parte e basta, come se fosse solo questo il problema. Come se non fosse evidente che è l'automobile Fiat come prodotto ad avere dei problemi che nulla hanno a che vedere o quasi con la produttività. Sarà un dato significativo o no che le altre marche non subiscono gli stessi cali di vendita e oltretutto non abbiamo messo in discussione il contratto di lavoro?

Con questo la bacchetta magica per risolvere un tema così complesso - è un fatto che le auto elettriche in Usa faticano a dir poco nelle vendite come quello che i Suv sono tornati di moda - non ce l'abbiamo nemmeno noi, ma da qui ad accettare supinamente il ricatto di Marchionne e anzi caldeggiarlo perché solo così si darà futuro certo ai lavoratori della Fiat ce ne corre eccome. Per noi che sosteniamo l'economia ecologica un rilancio vero delle auto non può non partire da modelli che abbiamo come caratteristiche fondamentali bassi consumi di energia e materia in fase di produzione; lunga durata; bassi consumi di carburati quali che siano. Il tutto dentro una logica complessiva di miglioramento della mobilità generale che non può mai darsi attraverso un aumento di volume di vendite di auto. Siamo consapevoli che questo processo ha un prezzo sociale altissimo se non viene governato con intelligenza e ci pare che Marchionne, al momento, non sia proprio il salvatore della patria. Forse è il salvatore della Crysler, con una Fiat "cinesizzata", dove le conquiste dei lavoratori e la democrazia diventano accessori da applicare o dismettere a seconda di quel che detta il mercato e la speculazione in borsa. Diritti, bisogni e sogni di uomini e donne che diventano come il nuovo modello dello specchietto, l'i-pod inserito, il navigatore satellitare o il coprisedile in pelle sintetica.

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