[03/01/2011] News

Né tagli né bavagli

ROMA. Il Milleproroghe mette a sorpresa in ginocchio l'editoria sociale e l'informazione cooperativistica. L'ennesimo attacco al comparto della conoscenza che rischia compromettere la diversità dell'informazione. Nel silenzio generale.

La chiamano Legge di Stabilità. Ma per il mondo delle testate in cooperativa, per i giornali d'idee e no profit, di stabilità in questo periodo ce n'è davvero poca. L'anno nuovo comincia infatti con un vero e proprio colpo basso all'editoria che si colloca al di fuori dei circuiti economici più consolidati.

A raccontarlo sembra un giallo di Agatha Christie: la Finanziaria approvata dal Parlamento poche settimane fa conteneva un fondo di 100 milioni per i giornali cosiddetti non garantiti, quelli che hanno bisogno del sostegno pubblico per svolgere la propria funzione di contraltare all'informazione gestita dai gruppi editoriali maggiormente influenti. Nel decreto Milleproroghe però, che il ministro Tremonti ha depositato alla vigilia di Natale, la sorpresa: il contributo viene dimezzato. Gettando nel panico un settore che conta 95 testate, fra giornali di partito, quotidiani locali e riviste specializzate, esattamente ventiquattr'ore dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del piano economico discusso a lungo con le organizzazioni di categoria e nella commissione Bilancio.

Ci sarebbe da gridare allo scandalo di fronte a tanta prepotenza politica. Invece la notizia sta uscendo soltanto sulle testate direttamente interessate da questo scellerato provvedimento, da Avvenire al manifesto, come se il problema riguardasse esclusivamente le realtà che vivono (sopravvivono) ai margini dei monopoli grazie alla passione civile e al senso del dovere delle persone che vi lavorano. Non è così. Perché questo attacco alla diversità dell'informazione, che su scala locale consente peraltro di controbilanciare l'egemonia dei grandi potentati economici, sta nel quadro della più generale offensiva contro il comparto della conoscenza che il governo ha sferrato lungo l'intero 2010.

Hanno colpito prima la ricerca universitaria e l'istruzione pubblica con una pseudo riforma che prevede in realtà una profonda riduzione degli investimenti. Poi hanno messo in ginocchio i lavoratori dello spettacolo che attendono invano il ripristino del Fus. Adesso tocca all'informazione indipendente, all'editoria di base, pagare dazio a un approccio ragionieristico della spesa pubblica, capace soltanto d'individuare i settori in cui è più facile affondare la scure. Precludendo così ai cittadini il diritto di formarsi in un sistema articolato di proposte che relativizzi un'offerta televisiva sempre più dilagante, d'informarsi ascoltando più voci, confrontando punti di vista diversi, acquisendo elementi di giudizio che permettano a molti temi snobbati dalle testate generaliste (e l'ambiente è certamente uno di questi) di emergere.

Il "furto con destrezza" perpetrato da Tremonti, come l'ha definito Franco Siddi, il segretario dell'Fnsi davanti al Comitato per il diritto all'informazione e alla cultura che si è riunito d'urgenza nei giorni scorsi, rappresenta insomma l'ennesimo passo verso un paese culturalmente più arido ed economicamente più precario, privo degli strumenti che consentono ai cittadini di leggere la realtà in maniera divergente e dunque di produrre ricchezza nella sua forma più autentica.

E pensare che basterebbe mezzo F-35, forse soltanto un'ala di uno dei 131 cacciabombardieri per i quali il ministero della Difesa si appresta a spendere 14,5 miliardi di euro, per ripristinare le risorse destinate alla stampa non garantita.

Anche le testate giornalistiche che non vengono toccate da questo colpo di mano, e che in queste ore stanno sostanzialmente ignorando il bavaglio che viene messo all'editoria sociale e cooperativistica, dovrebbero farsi carico di questo paradosso. Perché una comunità di lettori con meno punti di riferimento in prospettiva fa male anche a loro. Perché non è vero che il mercato riesce da solo a produrre benessere. Perché l'Italia sta andando alla deriva innanzitutto nella sua identità, nella coesione sociale e nel sistema generale dei saperi, poi sotto il profilo economico. E i conflitti interni alla maggioranza (la mossa di Tremonti ha il sapore dell'imboscata politica al sottosegretario all'editoria Paolo Bonaiuti) rischiano di compromettere le residue speranze di riportarci nella direzione giusta.

* direttore de La Nuova Ecologia

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