[29/12/2010] News

Esportazione di terre rare, prime quote della Cina per il 2011: meno 11,4%

LIVORNO. La Cina ha stabilito le sue prime quote di terre rare destinate a esportazione nel 2011: una dichiarazione pubblicata sul sito del ministero del commercio fissa il limite a 14.446 tonnellate. Si tratta dell'11,4% in meno rispetto alle 16.304 tonnellate esportate nel primo periodo del 2010. Sono autorizzate ad esportare terre rare solo 31 imprese, nazionali e con capitale estero, che producono e vendono.

In tutto, nel 2010, le quote di esportazione di terre rare cinesi erano state fissate a 30.300 tonnellate, con un calo del 40% rispetto al 2009, però già nei primi tre trimestri del 2010 la Cina aveva superato le sue quote con 32.200 tonnellate di terre rare esportate.

L'agenzia di stampa ufficiale cinese, Xinhua, spiega che «Con circa il 30% delle riserve mondiali di terre rare, la Cina fornisce il 90% della domanda globale».

Il 15 dicembre il portavoce del ministero del commercio cinese, Yao Jian, aveva confermato che la decisione di Pechino di diminuire le prospezioni e le esportazioni «Fa parte integrante degli sforzi del governo per promuovere lo sviluppo sostenibile e proteggere l'ambiente» e che «La Cina agirà in maniera responsabile nella cooperazione internazionale in materia di prospezione di terre rare, assicurando l'approvvigionamento della domanda di base per questi minerali».

Le terre rare, una famiglia di 17 elementi chimici, sono essenziali per produrre tecnologia di punta ed elettronica di consumo, come gli schermi piatti, le batterie per le auto elettriche, componenti delle pale eoliche, missilistica militare e attrezzature aerospaziali.

Di cosa si tratti e perché le quote cinesi stanno provocando tanta apprensione nel mondo lo spiegava bene il 19 dicembre l'economista Loretta Napoleoni sul settimanale Il Caffeè.ch: «Questa settimana sono tornati alla ribalta i metalli rari. Il Dipartimento di energia statunitense ha infatti pubblicato un rapporto dettagliato sulla situazione mondiale che suggerisce la necessità di potenziare la ricerca e l'esplorazione in questo settore. Al momento la Cina produce più del 90% dei metalli rari, gode dunque di una solidissima posizione di monopolio. Tra questi ce ne sono cinque, in particolare, che gli americani definiscono strategici perché nei prossimi decenni diventeranno sempre più importanti per l'economia mondiale: dysprosium, terbium, neodymium, europium and yttrium.

Il Dysprosium, ad esempio, aiuta a mantenere il magnetismo dei minerali anche ad altissime temperature. Questo minerale è reputato fondamentale per tutta l'industria dell'energia rinnovabile. Il 98% della produzione mondiale di Dysprosium proviene dalle miniere del sud della Cina ed i cinesi sono perfettamente coscienti del suo valore. Dal 2006 Pechino ha imposto una tassa del 25% sul Dysprosium e Terbium e del 15% sull'esportazione di altri metalli rari.

Oggi giorno il costo di una libbra di Dysprosium in Cina è 95 dollari mentre fuori ne costa 135. Questi differenziali giustificano la decisione di molte società che lavorano nel settore dell'energia rinnovabile di trasferire la produzione in Cina, un paese che ormai domina il paesaggio dell'energia rinnovabile. Dalle lampadine al neon fino alle macchine elettriche ed alle gigantesche turbine eoliche, Pechino è al centro di una nuova industria che potrebbe rivoluzionare l'utilizzo energetico dell'intero pianeta».

Secondo gli statunitensi le restrizioni cinesi all'esportazione di terre rare ha prodotto un aumento di 40 dollari per ogni libbra di queste materie prime vendute all'estero e questa "tassa" sarebbe una delle ragione della competitività delle industrie di punta cinesi. La Napoleoni sottolinea che «È però anche vero che il basso costo della manodopera cinese rispetto a quella occidentale, i problemi di ambiente relazionati all'estrazione di questi minerali in occidente, le miniere tedesche ed americane sono state chiuse dieci anni fa, l'ampia ricerca in questo settore e le generose sovvenzioni governative offerte dal governo cinese fanno della Cina il luogo ideale per un'industria innovativa come quella dell'energia rinnovabile.

L'appello americano non ha suscitato grandi interesse tra i partner occidentali, troppo impegnati al momento nella difesa dell'Euro. Come sempre l'occidente fa una politica reattiva invece che pro-attiva. Nel 1990 Den Xiaoping fece un'importante dichiarazione: "L'occidente ha i capitali la Cina ha i metalli rari". E da allora Pechino lavora pazientemente ed inesorabilmente al loro potenziamento».

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