[13/12/2010] News

Cancun, salvato il multilateralismo. Ora però c’è poco tempo perché gli impegni divengano realtà

Giornate molto complicate, ma alla fine possiamo dire che non tutto è stato vano.  Innanzitutto perché nonostante tante stagioni all'insegna della volontà di affossamento del multilateralismo a favore di rapporti bilaterali, e di scellerate campagne contro organismi internazionali come le Nazioni Unite, questa COP ha sancito che di questi luoghi non si può fare a meno. Banalmente i tanti interventi interessanti e appassionati che abbiamo ascoltato dai rappresentanti di Bolivia, Venezuela, Yemen o delle isole di Tuvalu solo per citarne una infinitesima parte, non li avremmo mai potuti ascoltare ufficialmente e pubblicamente se non ci fosse stato questo luogo. Inoltre qui abbiamo toccato con mano un'altra semplice verità, e cioè che la Governance mondiale oggi non è proprio possibile ricondurla ad una questione tra pochi: è saltato il G8, ma anche un G2 fatto da Cina e Stati Uniti e tutto è insomma molto più complesso, ma anche più interessante e di prospettiva. Inizia ad essere chiaro a tutti che non si può parlare di governo mondiale senza comprendere anche i Paesi più in difficoltà o gli emergenti. Per ultimo ma non per ordine di importanza il risultato finale del "Paquete de Cancun" rappresenta obiettivamente un passo in avanti rispetto allo sfacelo politico di Copenaghen, anche se si potrebbe osservare che non ci voleva molto, perché la costituzione di un fondo verde per il clima a sostegno dei Paesi in via di sviluppo per gli interventi di riduzione delle emissioni e adattamento ai mutamenti climatici in corso, il riconoscimento quindi della necessità di risarcire i danni e le perdite, causate dai cambiamenti climatici nei paesi poveri, l'introduzione di un registro delle azioni per l'adattamento ai mutamenti climatici con le risorse finanziarie necessarie ad attuarli aprono spiragli alla concretezza. L'altro aspetto importante dell'accordo è il riconoscimento che gli attuali impegni di riduzione non sono sufficientemente ambiziosi. Si riconosce, infatti, la necessità di colmare questo gap per stare almeno nella traiettoria dei 2 gradi, ma si richiede anche maggiore trasparenza nel monitorare i progressi e le performance dei singoli paesi.

Certo mancano ancora forma giuridica e calendario per arrivare al prossimo accordo globale di Durban, impegni precisi per il secondo periodo di impegni del protocollo di Kyoto, in particolare sull'utilizzo del surplus di emissioni così come il calcolo di riduzione delle emissioni nel settore forestale. Rimangono quasi tutte le criticità legate ad una volontà diffusa di finanziarizzazione e speculazioni economiche rispetto al fondo verde, mercati di carbonio e meccanismo dei Redd+, ma anche ad un ruolo centrale affidato qui in Messico alla Banca Mondiale.

A Cochabamba nello scorso aprile in soli tre giorni 40.000 delegati di 142 paesi e 40 rappresentanti di altrettanti governi avevano raggiunto un accordo che individuava le cause della crisi sistemica proponendo misure concrete per far fronte alla crisi climatica. Proposte che dopo essere state incluse nelle negoziazioni preliminari, a Cancun non hanno avuto piena soddisfazione, da qui il no della Bolivia all'accordo finale, ma non si può certo dire siano state ignorate.

Anche perché questa sedicesima COP ha mantenuto anche un'altra novità nata a Copenaghen, l'essere l'appuntamento non più solo degli ambientalisti e degli addetti al settore ma di tutte le realtà sociali altermondialiste. Purtroppo va detto che l'insana passione per le divisioni anche nei movimenti ha in parte dilapidato il patrimonio di numeri sulla partecipazione, che va da subito recuperato io credo, a Dakar per il prossimo Forum Sociale Mondiale di febbraio e poi in tutte le iniziative che servono per arrivare alla prossima COP di Durban di fine 2011, con il numero di azioni concrete più alto possibile messo in campo. È questa la scommessa concreta ed urgente che anche i movimenti e la società civile di tutto il mondo hanno di fronte se vogliono cambiare il sistema e non il clima.

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