[09/12/2010] News

Adattamento ai cambiamenti climatici: quando la politica non capisce (e non conosce) la ricerca

LIVORNO. Negli ultimi anni la ricerca scientifica sull'adattamento al cambiamento climatico si è evoluta rapidamente, ma quanto di quello che è stato scoperto viene adottato o attuato dalla politica? Come si fa ad influenzare i decision-makers ad adottare le politiche giuste per l'adattamento? Sono le domande che circolano in molte iniziative e meeting riguardanti l'agricoltura alla Cop16 Unfccc e che sono emerse a Cancun durante l'Agriculture Rural Development Day, organizzato istituti di ricerca, think-tanks e agenzie alimentari dell'Onu.

Una risposta viene dal  progetto Research to policy for adaptation (Rpa) del Department for international development (Dfid) della Gran Bretagna, che fa parte dei programma  Climate change adaptation in Africa (Ccaa) e che sta analizzando "case studies" in tre Paesi africani (Kenya, Malawi e Tanzania), per scoprire se le ricerche sul campo influenzano le risposte politiche e per fare un passo avanti per assicurarsi che le informazioni e i risultati prodotti dalla ricerca scientifica sul clima arrivino davvero ai governi.

Lars Naess, dell'Institute for development studies dell'università del Sussex, che lavora con i ricercatori africani, ha spiegato all'Irin, l'agenzia stampa umanitaria dell'Onu: «Noi forniamo gli strumenti ai ricercatori per analizzare il processo politico in un Paese, li aiutiamo a identificare gli spazi o le possibilità di definizione delle politiche in queste aree. Il processo è analizzato da tre punti di vista sovrapposti: racconti e testimonianze, i protagonisti e i networks e le politiche e gli interessi».

Blessings Chinsinga, un ricercatore dell'università del Malawi che sta lavorando al progetto Rpa, ha utilizzato queste procedimento per analizzare l'influenza della politica sull'agricoltura del Malawi. E i risultati non sono molto confortanti. Le ricerche sull'adattamento ai cambiamenti climatici hanno dimostrato che i cereali di base sono in genere meno tolleranti al caldo. Visto che le temperature globali aumentano rapidamente, coltivare una varietà di specie, piuttosto che affidarsi ad un cereale di base per il reddito e il cibo, potrebbe essere un ammortizzatore economico e sociale per gli agricoltori. Il governo del Malawi ha approvato una strategia di diversificazione delle colture e fornisce anche sussidi per i  fertilizzanti ai contadini poveri. Tutto bene? Non proprio.

Chinsinga ha analizzato più da vicino cosa il governo del Paese africano intenda per "diversificazione delle colture" e come questa sia stata attuata in alcuni dei distretti colpiti dalla siccità e rischio di inondazione nel sud del Malawi, e i risultati non sembrano quelli attesi. Il ricercatore ha presentato i risultati del suo lavoro a Cancun ed ha sottolineato diversi problemi nella catena decisionale politica: «A livello nazionale il governo si è impegnato a promuovere la diversificazione delle colture ed a garantire il livello di resilienza e i recupero dei mezzi di sussistenza dei contadini, ma questo è stato oscurato dall'imperativo politico di assicurare la sicurezza alimentare. La sicurezza alimentare è stata identificata nella disponibilità di mais, e anche la distribuzione dei fertilizzanti, nel quadro del programma di sovvenzioni, è stata fatta in un periodo che ha favorito la coltivazione del mais. Inoltre, le sementi per colture alternative come il miglio e il sorgo non erano disponibili negli "official outlets". Così l'analisi del processo politico ha dimostrato che la narrazione dominante: "l'equivalenza della sicurezza alimentare con il mais", viene sfidata da un'altra narrazione meno potente: "la sicurezza alimentare in un clima che cambia può essere risolta attraverso la diversificazione delle colture", che ... viene minata dalla narrazione dominante».

Probabilmente (anche se Chinsinga a Cancun non lo ha detto) è questa "narrazione del mais" che ha permesso al governo del Malawi di avviarsi lungo la insidiosa strada delle coltivazioni Ogm.

Chinsinga ha lavorato per un anno all'istituzione del National consultative group, una rete di amministratori, funzionari governativi ed esperti di vari settori, che si sono incontrati informalmente per discutere della strategia di diversificazione delle colture del governo, per individuare le lacune nella politica centrale. Secondo il ricercatore, «Il governo ora in quelle zone distribuisce i fertilizzanti in un periodo diverso».

Secondo Naess il programma ha fatto fare un passo avanti ai ricercatori che vorrebbero estenderlo ad altri Paesi: «Il progetto Rpa esaminerà successivamente le modalità per influenzare i governi locali».

Diversi interventi all'Agriculture and Rural Development Day hanno evidenziato che la mancanza di finanziamenti per programmi pilota ha ostacolato il processo iniziato dalla ricerca e il successo nella realizzazione delle politiche per  l'adattamento al cambiamento climatico. Secondo Celine Herweijer, direttore per la sostenibilità e il cambiamento climatico della PricewaterhouseCoopers, «Il settore private sarebbe disposto ad impegnarsi sul tema, ma la redditività sarebbe il fattore prevalente del suo coinvolgimento», ed ha citato l'esempio (non proprio luminoso, ndr)  delle coperture assicurative a  favore degli agricoltori indiani come tipo di coinvolgimento delle imprese private nell'adattamento al cambiamento climatico.

Rachel Berger, dell'Ong Practical Action, che sostiene attività di adattamento di diverse comunità locali nei Paesi in via di sviluppo, ha detto a Cancun che «C'è ora una prova evidente a sostegno delle strategie di adattamento che lavorano a livello di base. Spetta ora ai governi tirarle fuori e metterle in atto come politica».

Practical Action, con oltre altre 200 ong presenti a Cancun, si sta adoperando per garantire che il summit ng Unfccc dia il via libero almeno ad un equo "Global Climate Fund". Secondo Helen Marsh sarebbe «Un segno di progresso.tangibile. Tuttavia, anche nel rush finale per vedere il Fondo istituito, è fondamentale che fornisca la migliore via possibile per le comunità povere. Qui non può essere applicato il detto "se non riesci a stare con la persona che ami, ama quella con cui stai insieme". Il Fondo deve essere equo e dovrebbe quindi riguardare i seguenti punti: 1) Il Fondo deve essere gestito nell'ambito del processo delle Nazioni Unite. 2) Dovrebbe essere lo "one stop shop" per la stragrande maggioranza dei fondi per il cambiamento climatico 3) Il 50% di tutti i soldi gestiti attraverso il Fondo devono essere per l'adattamento climatico. 4) Il suo consiglio non può essere dominato dai donatori: le voci di paese in via di sviluppo devono essere ascoltate. Il fair Fund è in ritardo. E' ora il tempo di agire per le persone più povere del mondo».

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