[01/09/2009] News toscana

La legge toscana sulla caccia tra (inevitabili?) azioni immediate e (assenti) strategie di lungo periodo

FIRENZE. E' stata infine approvata stamani dalla Giunta regionale la legge sulla caccia in Toscana, che adesso dovrà passare al vaglio del Consiglio e, almeno negli auspici del presidente Martini, giungere all'approvazione definitiva entro la fine del 2009. Una legge che andrà approfondita ed emendata, e che nel suo corso burocratico è destinata ad incontrare ostacoli di non poco conto, vista anche l'opposizione che i Verdi, parte della maggioranza in consiglio, hanno annunciato al provvedimento nella sua versione attuale.

I numeri principali sul tavolo sono noti: su un totale stimato di 165mila tra cervi, daini e caprioli (dati: Regione) presenti nel territorio toscano, è preventivata una «necessità di prelievo e nuova locazione» del 10%, cioè di circa 15mila esemplari. Per i cinghiali il prelievo sarà ben più pesante: sui 150mila esemplari stimati (e davanti alle stime che giudicano in 50mila esemplari il carico sostenibile per il territorio), è previsto l'abbattimento di «almeno 75mila esemplari», cioè circa il 50%, un numero lievemente maggiore dei 72mila effettuati nel 2007-08.

Nel corso dell'iter del provvedimento non mancheranno altre occasioni per un migliore e più critico approfondimento della legge. Per il momento, appare particolarmente significativo quanto dichiarato ieri dall'assessore all'Ambiente della provincia di Pistoia, Rino Fragai, e riportato dal "Tirreno": secondo Fragai, le cui dichiarazioni fanno seguito ad una polemica con esponenti dei Verdi locali che hanno sostenuto l'eccessiva indulgenza verso le richieste dei cacciatori nella politica venatoria della Provincia (e quindi della Regione, a cui le politiche provinciali sono ispirate), la politica del distretto pistoiese è finalizzata ad «affrontare in termini immediati le situazioni di rischio e di disagio più eclatanti presenti nell'intero territorio provinciale». Successivamente viene aggiunto che «tali interventi non possono essere risolutivi della necessità di approntare strumenti e soluzioni più complesse e di lungo periodo che, attraverso uno specifico piano di gestione della fauna, superino gli attuali limiti e criticità».

Ed è proprio sul crinale tra i "termini immediati" e le prospettive di "lungo periodo" che appare utile confrontarsi: è evidente che, per vari motivi (tra cui citiamo da una parte un positivo processo di recupero della complessità biologica e dell'estensione dei boschi toscani, dall'altra i dubbi sull'assenza di una politica di controllo faunistico più integrata con altri ambiti di governo del territorio e più lungimirante), le popolazioni di ungulati onnivori (cinghiali) e erbivori sono in forte aumento. O meglio, sono percepite come in aumento, perchè se è vero, come dice il presidente Martini, che gli incidenti causati da animali sono «cresciuti dai 188 del 2001 ai 478 del 2008» (un dato che - al netto di altre variabili - indica effettivamente una maggiore pressione della fauna sul territorio) è anche vero, almeno secondo quanto si legge nella sezione "Caccia e pesca" del sito della Regione Toscana stessa, che «negli ultimi anni il livello della fauna selvatica presente nel territorio è rimasto costante nonostante la diminuzione delle immissioni di fauna allevata».

Insomma, i numeri (come spesso avviene su questi temi, anche per l'ovvia natura indiretta - cioè campionaria - dei rilevamenti sulla pressione faunistica) sono discordanti. Ma comunque non appare uno scandalo che l'amministrazione regionale intervenga, in conseguenza delle stime effettuate, per riportare la popolazione faunistica a valori sostenibili per il territorio.

Questo perchè, se l'ottica è quella di agire "in termini immediati" (ed ecco il discorso dell'assessore provinciale), è ovvio - ammesso e non concesso che i numeri siano effettivamente in aumento - che l'unica soluzione praticabile è attuare un controllo faunistico venatorio più aggressivo di quello praticato negli ultimi anni.

Ma per il "lungo periodo"? Riuscirà la regione Toscana a produrre una legislazione che salvaguardi le necessità degli agricoltori e anche della associazioni venatorie (almeno quelle che si ispirano ad una pratica venatoria sostenibile e ai limiti che essa impone) che si ponga in reale discontinuità con la politica attuale e con il "liberismo venatorio" cui si ispira la legge nazionale in via di discussione? Manterrà la regione la peculiarità, come dice il presidente Martini, di «essere sempre all'avanguardia per quanto riguarda la gestione del patrimonio faunistico del territorio»?

Ed è utopico pensare che questa condizione di "avanguardia" possa esplicarsi tramite politiche che, attraverso investimenti economici e logistici significativi, puntino ad una politica del territorio maggiormente integrata, per esempio tra la politica forestale e gli aspetti urbanistici, infrastrutturali, turistici e agro-silvo-pastorali?

Un esempio può essere la questione dei corridoi ecologici, tuttora - a quanto risulta - pressoché inesplorata da parte della Regione. Se il problema fondamentale è il progressivo "avvicinamento" delle popolazioni di ungulati (ma il problema vale anche, come visto nei giorni scorsi, per il lupo) ai campi coltivati, agli allevamenti e alle periferie della città, allora quali strategie vengono attuate, al di là dei colpi di fucile, per "rendere sconveniente" questo avvicinamento, che è notoriamente motivato dalla ricerca di rifugi e cibo? Sono state investite risorse economiche e logistiche per mettere in opera una rete di corridoi ecologici che, tramite coltivazioni "a perdere" e infrastrutture atte ad attraversare le reti viarie e ferroviarie, permettano agli animali di svolgere il loro ciclo vitale all'interno dell'habitat ad essi deputato, senza dover "sconfinare" sulle strade, sui campi e nelle città umane a causa in primo luogo proprio della frammentazione degli habitat?

O per ora certe strategie, pur adottate in varie realtà europee e globali, restano confinate nei cassetti delle università toscane in attesa che qualche governante illuminato decida di passare dalla fase di sperimentazione a quella di un governo della risorsa faunistica che punti non solo a gestire, e nemmeno certo a "far scomparire", ma per lo meno a minimizzare questo ricorso alle doppiette che oggi appare inevitabile, e integrarlo con strategie meno impattanti?

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