[03/12/2010] News

Il carosello della finanza, e della speculazione, continua a girare nella stessa direzione

LIVORNO. Il Gestore dei mercati energetici ha sospeso ieri la Borsa delle emissioni di CO2. Il sospetto è che speculatori stranieri possano avere partecipato agli scambi per mettere in pratica quella che viene definita come  "truffa carosello" e che di solito viene utilizzata nei più svariati settori: in pratica in questo caso si tratta del tentativo di acquistate quote di emissione in paesi in cui non c'è Iva, per poi rivendere le stesse quote in Italia con fatturazione Iva, che poi potrebbe non essere versata all'erario.

Non è il caso di stupirsi troppo visto che a torto o ragione il sistema di scambio delle emissioni è stato quotato in borsa, dove la speculazione è la ragione stessa d'essere della borsa: è l'attività spesso esasperata sul filo della legalità, dell'operatore che entra sul mercato nel momento presente, presumendo degli sviluppi ad alto rischio il cui esito, positivo o negativo, dipenderà dal verificarsi o meno di eventi su cui egli ha formulato delle aspettative, e da quanto e come (legalmente o no) si interverrà perché tali eventi accadano.

Del resto  nella finanza vige un'unica regola, quella del profitto, si capisce  molto bene nell'intervista trasmessa lunedì scorso da Report al dirigente Enel green power che spiegava perché la sede dell'azienda si trova in America (citazione a memoria): «in quella regione esiste un sistema incentivante dal punto di vista impositivo, e al nostro azionista interessa il profitto, non se le tasse le paghiamo agli americani o agli italiani».

Tassazioni sulla speculazione finanziaria o quanto meno regole dopo aver assistito all'implosione del sistema capitalistico nel corso del 2008-2009, vengono talvolta riproposte da flebili intervento di economisti, quasi mai raccolte a livello politico. Così nulla o quasi è cambiato e la locomotiva ha ripreso la sua marcia nella stessa direzione che aveva 3 anni fa,, anche se la velocità è assai più lenta. Tutto è già stato dimenticato. Lo dimostra anche la pagina che il Corriere della sera regala oggi al mondo finanziario per raccontare le nuove grandi opportunità lavorative offerte dalla corsa alle materie prime: 100 posti (quanti posti ha già creato la green economy?) che fanno piazza pulita di qualsiasi rimorso etico: «Ginevra sta diventando la piazza di riferimento come trading hub europeo: i cinque colossi della speculazione sulle materie prime, a partire da Glencore, hanno insediato la loro centrale sul lago Lemano. Vitol ha appena spostato qui da Londra 25 dei suoi 200 trader europei. Trafigura, terzo player mondiale, ha già qui una squadra di 80 trader, come anche Gunvor e Mercuria. Londra rimane il centro di trading per Shell, che ha una decina di posizioni aperte nel settore. Ma Total, a sua volta con una decina di vacancy nel trading, ha preso la via della Svizzera. Mentre Bhp Billiton, il colosso minerario, cerca 20 trader.

Intanto l'Eni- racconta ancora il Corriere - sta concentrando tutte le sue attività di trading a Londra, dove Eni Trading & Shipping, guidata dall'amministratore delegato Marco Alverà, assorbirà dal primo trimestre 2011 anche le attività di negoziazione nel gas, nell'elettricità e nella CO2 che erano basate a Bruxelles e a San Donato. Flussi di energia e flussi di materia (nonostante questi ultimi siano quasi ignorati da politici e opinione pubblica) non sono dunque mai stati così uniti: «Con la crescita dei volumi trattati di gas naturale liquefatto e del gas di scisti, il mercato del gas diventa sempre più liquido e integrato con quello petrolifero, perciò non aveva più senso tenere staccate le varie attività di trading - spiega Alverà - il nostro obiettivo è costituire in Ets un unico centro di eccellenza, dove concentreremo anche il trading di energia e di CO2, in linea con quello che stanno facendo le altre major». La concentrazione a Londra di trading e commodity risk control  comporterà l'assunzione di 60 nuovi dipendenti.  Trading in espansione anche per il settore della raffinazione, che si rivolge al mercato per procurarsi la materia prima da lavorare e poi la rivende come prodotto finito. «Per noi è un'attività molto importante, vista la volatilità crescente dei prezzi», fa notare Dario Scaffardi, direttore generale di Saras, che ha un giro di compravendite di 30 milioni di tonnellate all'anno. «La ricerca di buoni trader non è facile, perché a differenza delle negoziazioni in Borsa, nel trading di prodotti petroliferi per poter operare efficacemente è necessario avere una conoscenza approfondita delle materie prime di cui si sta trattando e delle dinamiche del settore», precisa Scaffardi.

Insomma. La finanza sembra godere di buona salute, anche grazie alla politica che continua a chiudere un occhio e forse tutti e due, infischiandosene di riorientare l'economia verso la sostenibilità.

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