[01/09/2009] News

I costi della sicurezza chimica

ROMA. Nel mondo esistono oltre 100.000 composti chimici utilizzati in commercio per soddisfare ogni genere di domanda. Della gran parte non solo non conosciamo l'impatto ecologico, ma neppure la tossicologia. Li usiamo, ma non sappiamo quanto facciano male, indirettamente e persino direttamente, all'uomo.

Da un quarto di secolo, dal 1981 per la precisione, sia negli Stati Uniti che in Europa sono state approvate leggi che impongono una rigorosa valutazione della sicurezza dei nuovi composti chimici.
Il fatto è che il 97% delle sostanze chimiche in commercio, pari al 99% del volume di sostanze chimiche utilizzate, è "vecchio". Esistono e vengono impiegate da prima del 1981. Insomma, il problema della "sicurezza chimica" potrà dirsi pienamente affrontato solo quando sapremo gli effetti ecologici e sanitari anche di questi prodotti.

È per questo che l'Unione Europea nel 2006 ha varato il progetto REACH (Registration, Evaluation, Authorisation and Restriction of Chemicals), divenuto legge nel 2007, per documentare entro e non oltre l'anno 2018 la tossicità di tutte le sostanze chimiche - incluse le "vecchie" - comprate e vendute in Europa in quantità superiore a una tonnellata. Entro il prossimo mese di marzo saranno varate le linee guida necessarie per rendere concreto il piano. In ogni caso si tratta di un'impresa colossale. Dal costo, non solo economico, molto alto.

L'ultimo elenco di sostanze chimiche pubblicato dagli esperti di REACH, infatti, ne classifica 143.835. Ma si pensa che le sostanze chimiche da analizzare in concreto entro il 2018 tra le vecchie e le nuove siano molte meno: 9.000 quelle registrate entro il 2010 e più o altrettante nuove registrate tra il 2010 e il 2018. Un numero comunque enorme, che richiederà alle industrie europee una spesa di 1,6 miliardi di euro (la stima in realtà è compresa tra un minimo di 1,2 e un massimo di 2,4 miliardi di euro). Ma poiché a tutt'oggi i tossicologi per effettuare le loro valutazioni sulla sicurezza di una sostanza utilizzano animali, gli esperti di REACH valutano che sarà necessario il sacrificio di 2,6 milioni di animali da laboratorio.

Ma, per quanto grandi, si tratta di stime sottodimensionate. La realtà è ancora più grande, sostengono Thomas Hartung, che è stato a capo del Centro europeo per la Validazione di Metodi Alternativi (ECVAM) di Ispra, in provincia di Varese, e una sua collaboratrice chimica, Costanza Rovida. I due ricercatori hanno presentato venerdì scorso una relazione al Congresso mondiale sulle alternative all'uso degli animali, che si è tenuto a Roma, pubblicata in larga parte dalla rivista scientifica Nature in cui sostengono che i costi di REACH saranno molto più alti.

Thomas Hartung e Costanza Rovida sostengono che le sostanze da esaminare entro il 2018 saranno molte di più: almeno 68.000. Che non esistono le strutture per effettuare questa enorme quantità di analisi tossicologiche. Che la spesa finale ammonterà come minimo a 9,5 miliardi di euro. E che, soprattutto, anche nello scenario migliore saranno utilizzati ben 54 milioni di animali (141 milioni nello scenario peggiore).

Gli esperti di REACH sostengono che la valutazione dei due studiosi è esagerata e confermano le loro previsioni. In ogni caso Thomas Hartung e Costanza Rovida chiedono che di fronte a qualsiasi prospettiva i tossicologi e la stessa REACH si sentano impegnati a trovare metodi di valutazione della tossicità delle sostanze chimiche alternativi a quelli attuali, che non sacrifichino un così alto numero di animali (siano essi 141 milioni, 54 o anche "solo" 2,6 milioni). E offrono un'indicazione precisa. Fare ciò che sta già facendo negli Stati Uniti il programma ToxCast dell'Environmental Protection Agency (EPA): valutare la potenziale tossicità degli agenti chimici con gli strumenti biotecnologici utilizzati dalle industrie farmaceutiche per scoprire nuovi farmaci. Funzionano senza sacrificare animali.

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