[25/11/2010] News toscana

Per il fotovoltaico vanno privilegiati i tetti dei capannoni industriali

PORTOFERRAIO (Livorno). Lo sviluppo delle energie alternative. solare termico, fotovoltaico, eolico, trova tutti d'accordo. Le incentivazioni economiche che la legislazione ha stabilito rende la realizzazione di questi impianti una operazione finanziaria appetibile; così le iniziative si moltiplicano, e i campi si trasformano in pannelli.

Però non è condivisibile quella che potremo definire una abitudine italica: arrivare tardi (e ci definiamo il paese del sole), fare norme in fretta e furia a livello nazionale, quindi regionale e poi comunale (in questo caso se le si fanno).

Il risultato è un probabile disastro, cioè la sottrazione di campi all'agricoltura, l'affermarsi di un nuovo ciclo speculativo, diverso, solo in parte ecosostenibile, ma pur sempre speculativo.

Manca una correzione di rotta, correzione che può avvenire a livello comunale, ma che corroborata da norme specifiche a livello regionale può essere resa più efficace.

Cioè:

§ i comuni sembrano in molti casi aver dimenticato che la normativa urbanistica, il regolamento urbanistico, può determinare l'ammissibilità o la non ammissibilità di questi impianti, un esempio semplice ma banale è questo:

"Ai fini della promozione degli impianti di produzione energetica da fonti rinnovabili, le aziende agricole possono procedere alla realizzazione di impianti fotovoltaici come di seguito specificato:
· Esclusione di installazione di impianti di potenza superiore a 20 KW nelle seguenti aree territoriali:
· aree agricole del versante settentrionale di Portoferraio da Capobianco alla Biodola - confine con Comune di Marciana;
· aree ricomprese tra Fosso della Madonnina, Magazzini e strada provinciale del Volterraio;
· aree ricomprese all'interno del PNAT.
· Impianti fino ad una potenza di 20 KW sono autorizzati tramite DIA e autorizzazione paesaggistica
Impianti di potenza superiore a 20 KW, anche da parte di soggetti diversi da quelli classificati IAP, sono autorizzabili, nel rispetto delle vigenti normative, solo a seguito di adozione ed approvazione di specifica variante al R.U".

(R.U. del Comune di Portoferraio, articolo 60 Disciplina del territorio rurale - aree di prevalente o esclusiva funzione agricola, norma forse rozza ma efficace);

Oppure ricercare dove poter realizzare questi impianti e perché allora non privilegiare la trasformazione delle centinaia di migliaia delle coperture, spesso caratterizzate da prodotti contenenti amianto, dei capannoni industriali, o perchè non puntare su aree degradate quali resedi di cava o di miniera (sempre che non si voglia affermare la mistica di questi contesti)?

La normativa regionale, che è il lascito della scorsa legislatura, oscilla tra la delega ai comuni in funzione di una malintesa sussidiarietà e la voglia di controllo istituita con le procedure rimaste a metà (per evidenti carenze di progetto) dell'adeguamento paesaggistico del PIT, tra le petizioni di principio del PIER e la voglia di incentivare nuove iniziative, potrebbe e dovrebbe invece stabilire dove sussista una compatibilità paesaggistica assoluta, dove (come su i tetti dei capannoni industriali) la semplificazione si applica perché la realizzazione degli impianti non ha impatti significativi.

Insomma se è giusto esercitare attenzione e protestare, e chiedere nuove norme, molto si può fare comunque anche subito. Una piccola variante normativa al R.U. vigente potrebbe realizzarsi velocemente fatta salva la problematica, ancora una volta irrisolta, della VAS ovvero delle procedure della LRT.10/2010; una salvaguardia regionale potrebbe altrettanto essere imposta nelle more di definizione conclusiva dell'adeguamento paesaggistico del PIT.

Poi forse potrebbe essere opportuno lanciare incentivi per la trasformazione dei tetti degli edifici industriali per bonificarli, qualora contengano amianto, per realizzare tanti impianti e magari per lo sviluppo di una via democratica all'energia, perché è veramente singolare annotare che anche a sinistra si faccia poca attenzione ad una potenzialità incredibile insita nel processo di radicamento familiare, se così si può definire dell'energia alternativa.

Infatti la proliferazione di piccoli o medi impianti, familiari o condominiali, d'impresa, non solo vuol dire passare alle energie alternative con i benefici ambientali noti, ma vuol dire sottrarre la massa alla assoluta dipendenza da grandi conglomerate finanziarie e industriali che sempre hanno dettato le condizioni del mercato.

Se nell'era del petrolio questo non era possibile, se nell'era nucleare questo lo sarebbe ancora meno (ed anche per questo il nucleare non lo si può e no lo si deve fare), è possibile che non ci si accorga della potenzialità democratica dell'era delle energie alternative? E se è così perché anche nel campo progressista si insegua la grande industria invece che avviare percorsi alternativi?

La Toscana post 2010, può dare un esempio anche in questo o siamo condannati all'omologazione di uno sviluppo capitalistico che mostra sempre di più i propri limiti?

* Mauro Parigi è dirigente del Comune di Portoferraio, responsabile dell'area Programmazione e gestione del territorio 

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