[23/11/2010] News

I numeri degli scienziati e la posizione del ministero: verso Cancun con pessimismo

FIRENZE. Trenta scienziati di diversi istituti di ricerca internazionali, chiamati a raccolta dal Programma Onu per l'ambiente (Unep), hanno presentato un rapporto in cui sono riportati i numeri che rappresentano il gap tra quanto richiede la scienza e quanto promesso dalla politica in tema di cambiamenti climatici e riduzione della CO2. Nella migliore delle ipotesi si tratta di 5 Gigatonnellate di CO2 equivalente (le emissioni totali di auto, bus e camion in tutto il Pianeta nell'anno 2005). In sostanza se tutti i Paesi rispettassero gli impegni assunti l'anno scorso alla Conferenza mondiale sul clima di Copenaghen, riusciremmo  a coprire solo il 60% dei tagli di gas serra necessari per mantenere il riscaldamento globale entro il limite dei due gradi centigradi.

«Fare ulteriori progressi nei negoziati e negli sforzi di riduzione delle emissioni. Non c'è tempo da perdere» è l'imperativo per il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon. In base ai dati del team di scienziati la stima della produzione di gas serra deve fermarsi a quota 44 Gigatonnellate di CO2 entro il 2020  perché sia compatibile con il target dei due gradi centigradi, mentre gli impegni attuali possono arrivare ad un massimo di 49 Gigatonnellate nel migliore dei casi. Se invece venissero realizzati solo i tagli minimi annunciati e non fossero stabilite regole durante i negoziati, i gas serra toccherebbero quota 53 Gigatonnellate. Numeri che non sono certo di conforto a pochi giorni dall'apertura del vertice di Cancun considerati i rapporti tra i paesi trainanti (vedi Usa e Cina), le realtà in via di sviluppo e gli scenari economici. Pessimista è anche il direttore generale del ministero dell'Ambiente Corrado Clini (Nella foto) che spiega anche quale sarà la posizione dell'Italia «La partita che si giocherà alla prossima Conferenza dell'Onu sul clima a Cancun sarà complicata, e per il momento non sembra dare adito a speranze per risultati positivi. L'Italia sta cercando di contribuire a discutere sui temi che non sono stati risolti a Copenhagen, perché se dovesse ripetersi a Cancun la stessa discussione dello scorso anno, non ci saranno passi in avanti».

Le criticità da affrontare a livello globale,  secondo Clini, sono: «la sfida molto complessa che riguarda il sistema energetico con l'obiettivo della riduzione dell'uso dei combustibili fossili e delle emissioni e la pericolosa intensificazione dei fenomeni atmosferici estremi, drammaticamente attuali anche in Europa, per i quali la comunità internazionale deve agire non solo in termini di prevenzione, ma anche per ridurne gli effetti».

Il direttore generale del ministero dell'Ambiente ha poi spiegato come la crisi economica potrebbe rappresentare l'occasione per indirizzare meglio gli investimenti, privilegiando quelli destinati alle energie pulite, efficienza energetica e alle nuove tecnologie. «Anche in Italia, ad esempio si potrebbe spostare una parte delle risorse destinate ai sussidi sociali e alla cassa integrazione verso attività nuove ad alto contenuto tecnologico, per non correre il rischio che alla fine della cassa integrazione ci sia solo la chiusura delle fabbriche. Le eccellenze dell'industria italiana che, ad esempio, operano nel settore della meccanica e dell'elettromeccanica potrebbero trarre vantaggio se potessero impiegare una parte di lavoratori oggi impegnati in settori tradizionali. Questi ultimi, così, invece di non avere speranze, potrebbero essere parte di una rivoluzione tecnologica di cui l'Italia ha bisogno». Proposte anche condivisibili ma che in primis  devono essere fatte al governo, la cui azione non è priva di contraddizioni.

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