[16/11/2010] News

Come coniugare ricchezza e benessere (magari non solo da destra)

LIVORNO. Il premier inglese David Cameron (Nella foto) ha chiesto all'omologo inglese del nostro Istat di studiare un indice per misurare il benessere dei sudditi del Regno Unito. Lo aveva già fatto Sarkozy, in Francia, alcuni mesi fa, insediando una commissione presieduta da Joseph Stiglitz e Amarthia Sen per superare le catalogazioni tradizionali della ricchezza.

Si tratta di due dei più autorevoli rappresentanti della destra europea, che non snaturano affatto il loro essere conservatori, basta pensare alle tasse universitarie che Cameron ha ipotizzato di triplicare. Ma neppure adottano la strategia della volpe e l'uva, come qualche malpensante giornale italiano ha  subito bollato l'iniziativa del premier inglese, caduta in una fase di crisi e di austerity dove anche materialmente appare difficile crescere ai ritmi del passato (in realtà David Cameron appena  nominato leader dei conservatori nel 2006 disse che «l'obiettivo di misurare il benessere dei cittadini è la sfida politica dei nostri tempi»). Piuttosto, sembrano attenti a leggere le dinamiche del presente per programmare un futuro. E' quello che è lecito aspettarsi ed augurarsi da una destra europea, che sia da stimolo e consenta di alzare l'asticella da parte della sinistra.

La destra europea si è affacciata finalmente in Italia. Gianfranco Fini ci ha messo troppo, veramente troppo, ma alla fine ce l'ha fatta a smarcandosi da un populismo (che lui stesso ha coltivato per anni) e che ha letteralmente diserbato il pensiero politico italiano. Ascoltando la lista dei luoghi comuni della destra letta ieri sera nel corso della trasmissione di Fazio e Saviano sembrava si fosse squarciato il velo di Maia: il trascorso politico di Fini, innegabilmente fascista e innegabilmente razzista, non deve essere dimenticato, ma va contestualizzato nel tempo, e il tempo sembra aver portato a maturazione anche in Italia una destra moderna, alla quale non si devono fare sconti, ma con la quale si può e si deve discutere.

Anche nel caso italiano non si tratta di solo marketing ( e anche se lo fosse sarebbe comunque  positivo): «L'altra posta in gioco evocata dal dibattito intorno ai nuovi indici del benessere sociale attiene al futuro delle nuove generazioni. Tra i compiti primari della politica c'è quello di operare scelte strategiche. Avere di mira il benessere effettivo delle persone significa pensare il futuro in termini di sviluppo sostenibile.  Il che significa pensare, già da oggi, a quali possono essere le soluzioni possibili e più razionali per una green economy che assicuri il progresso rispettando l'ambiente.(...) Tutti questi traguardi non possono essere raggiunti avendo come unico parametro la crescita quantitativa dell'economia, che può talvolta nascondere al suo interno anche forti squilibri sociali. Per la politica, fondamentale è avere di mira anche la crescita qualitativa della società».

Viene da tremare se si pensa che sono parole scritte da Gianfranco Fini l'11 ottobre e pubblicate sul blog della Fondazione fareFuturo, dove gli ultimi due post si intitolano appunto "Come coniugare ricchezza e benessere"(quello di Fini)  e "Oltre il Pil, la lezione dalla crisi" (firmato da Adolfo Urso!)...

Fini, (o chi ha scritto per lui, ma anche se fosse, poco importa, la firma è la sua!) passa quindi in  rassegna il pensiero di economisti come Kuznetz, Samuelson, Fitoussi e Stiglitz senza dimenticare la citazione di Kennedy per poi sottolineare che «a riproporre con forza il tema dei nuovi indici del benessere sociale è stata la crisi economica degli ultimi anni. La crescita vertiginosa della finanza non ha avuto corrispondenze nell'economia reale ed ha nascosto fenomeni preoccupanti come il crescente indebitamento delle famiglie, soprattutto al di là dell'Atlantico. La maggiore propensione al risparmio dei cittadini europei e la solidità del sistema bancario - soprattutto di quello italiano - hanno permesso di limitare i danni. Ma il risveglio è stato brusco per tutti. E a tutti è apparso evidente il processo di erosione dei livelli di vita, non solo delle fasce deboli della società, ma anche dei ceti medi».

«Dobbiamo però riconoscere che la ricerca di nuovi indicatori che possano integrare in modo affidabile e universalmente condiviso le misure del Pil è impresa tutt'altro che semplice - continua Fini - Proprio perché parliamo di indici qualitativi, risulta difficile stabilire criteri incontestabili, al riparo tanto da valutazioni arbitrarie quanto da utilizzazioni strumentali. Come ha rilevato il presidente dell'Istat Enrico Giovannini, non è possibile basarsi su una misura singola ma occorrono indicatori diversi. Il rapporto della Commissione istituita da Sarkozy individua diverse dimensioni umane meritevoli di valutazione: il lavoro, l'ambiente, il benessere materiale, lo stato psicofisico, la partecipazione alla vita sociale, la conoscenza, i rapporti interpersonali. Si tratta di criteri che recepiscono le indicazioni fornite dall'Ocse su quello che è stato definito il "benessere equo e sostenibile". (...) L'obiettivo di consolidare i meccanismi della crescita economica deve dunque andare di pari passo con quello di permettere alla politica di orientare le proprie scelte sulla base di nuovi indici qualitativi che integrino il Pil. Senza produzione di ricchezza, non può esservi benessere sociale. Crescita e benessere devono essere visti sempre nella prospettiva strategica del futuro». 

Il tempo perso in questi 20 anni e rubato alle generazioni future non sarà mai restituito. Cerchiamo adesso, da sinistra, di non perderne altro. E cerchiamo anche di non farci rubare le nostre ragioni  per troppi anni nascoste quasi con vergogna e balbettate in un interminabile dibattito suicida  da una destra che le riscopre e le rilancia, magari partendo dall'austerità e dalla legalità di Enrico Berlinguer, ricordato da Fini e dimenticato da un bel pezzo di Pd.

Torna all'archivio