[16/11/2010] News

I 120.000 allevatori (e il loro bestiame) di Gibuti dimenticati nel global warming

LIVORNO. Secondo L'United Nations office for the coordination of umanitarian affairs (Ocha), una delle "crisi dimenticate" del mondo, in un piccolo Paese dimenticato dell'Africa, Gibuti, sta colpendo decine di migliaia di allevatori che hanno urgente bisogno di aiuto alimentare per loro e per il loro bestiame, ma anche di meccanismi di adattamento di lungo periodo al cambiamento climatico che sta devastando il Corno d'Africa di cui Gibuti è solo un piccolissimo tassello tra lo Stato fantasma della Somalia (o meglio il Somaliland dichiaratosi indipendente) e la turbolenta frontiera tra Etiopia ed Eritrea.

L'agenzia Integrated regional information networks (Irin) dell'Onu spiega che «Il piccolo Stato del Corno d'Africa è stato oggetto di un appello mirante a mobilitare 38,9 milioni di dollari per l'aiuto alimentare (16,2 milioni), l'agricoltura e il bestiame (6,5 milioni), la salute e la nutrizione (7,4 milioni), l'acqua e i servizi igienici e la preparazione alle emergenze e alla depurazione (6,4 milioni)».

Gibuti, un'ex colonia francese, è uno dei Paesi meno sviluppati del mondo, a basso reddito e da sempre in deficit alimentare. E' centoquarantasettesima su 169 Paesi nell'indice dello sviluppo umano 2010 dell'Onu.

Secondo l'Ocha gli allevatori e i contadini di Gibuti (praticamente l'intera popolazione) sono stati particolarmente colpiti da una siccità che è iniziata nel 2005:«Le risorse idriche si sono esaurite, il bestiame ha conosciuto perdite massicce e, conseguentemente, numerose persone sono di fronte all'annientamento dei loro mezzi di sussistenza ed alla perdita delle loro fonti di guadagno. Sempre più allevatori hanno dovuto abbandonare le loro attività tradizionali e si sono installati in città».

Mohamed Siad Doualeh, ambasciatore permanente all'Onu di Gibuti, evidenzia che «Il Paese ha abolito le tasse selle derrate alimentari e sui fertilizzanti agricoli per attenuare gli effetti della siccità».

La situazione potrebbe addirittura peggiorare (e lo sta facendo) per colpa di un fenomeno climatico acuito dal global warming, del quale molto probabilmente i poveri pastori di Gibuti non hanno mai nemmeno sentito parlare: La Niña, che dovrebbe potare ad una stagione delle piogge più secca del normale tra ottobre e dicembre. Intanto Gibuti è vittima della recrudescenza della violenza in Somalia, visto che gli Afar e gli Issa che la popolano sono di fatto clan somali e che questo ha attirato nel Paese 14.500 rifugiati della guerra civile sommala che sottraggono aiuti alla popolazione di Gibuti ed aumentano il disastro sociale e ambientale del Paese.

Valérie Amos, segretaria aggiunte dell'Ocha e coordinatrice dei soccorsi d'urgenza dell'Onu, ha detto: «A causa dei prezzi delle derrate alimentari elevati e del calo del potere di acquisto, troppe persone sono incapaci di nutrire le loro famiglie. Questo appello risponderà in parte agli bisogni umanitari immediati, come l'alimentazione e la nutrizione, ma è importante che attacchiamo le cause profonde delle crisi alimentari ricorrenti e che miglioriamo la capacità del Paese di rispondere a queste crisi».

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