[09/11/2010] News toscana

Le Pmi toscane e l’attrazione svizzera

FIRENZE. Il presidente di Confindustria Toscana, Antonella Mansi (Nella foto), lancia dalle pagine di Repubblica Firenze  i capisaldi indispensabili per la ripresa dell'industria toscana. Le piccole imprese negli ultimi due anni hanno lasciato sul campo oltre un quinto della produzione e del fatturato: secondo la ricetta della Confindustria locale, oltre a tornare ai livelli pre-crisi ( è possibile?) è indispensabile che le piccole imprese tornino a crescere.

Come favorire dunque crescita ed aggregazioni? I punti salienti per innalzare il tasso industriale nella nostra regione secondo Mansi sono l'innovazione (serve più ricerca trasferibile alle aziende), l'internazionalizzazione (credere con forza nell'export individuando i mercati giusti), la soddisfazione dei fabbisogni finanziari (il recupero dell'attività produttiva dev'essere accompagnato da una adeguata liquidità), le reti di sistema sulla tipologia del modello realizzato con i distretti e infine il territorio, le vere e proprie infrastrutture.

Proprio su questi aspetti si sofferma, sullo stesso quotidiano poche pagine dopo, un articolo dedicato all'interesse che suscita agli imprenditori toscani la Svizzera, dove il costo del lavoro non è certamente paragonabile con le delocalizzazioni asiatiche - tutt'altro - ma dove sono garantite quelle leve che rendono possibile il trasferimento di  una piccola/media impresa italiana in un'area che ha infrastrutture perfette e qualità manifatturiera di primissimo livello.

Se il primo fattore è dato da un sistema paese che consente alla Confederazione di offrire tempi burocratici brevissimi, tassi fiscali supercompetitivi, infrastrutture di qualità ed ambiente sicuro, il secondo è altrettanto determinante: manodopera altamente qualificata, motivata, ben retribuita e quindi efficace ed efficiente. E questo aspetto per la piccola impresa si coniuga in ambito più vicino analogamente a quanto possono realizzare i grandi brand in altre parti del mondo: prodotto di qualità garantito da un profilo manifatturiero molto buono.

La Svizzera non si ferma però a questi aspetti: il Masterplan Cleantech Svizzera recentemente presentato, elaborato congiuntamente dal Dipartimento federale dell'economia (DFE) e dal Dipartimento federale dell'ambiente, dei trasporti, dell'energia e della comunicazione (DATEC) avanza proposte concrete tese ad incrementare la competitività della piazza industriale svizzera mediante innovazioni nel settore cleantech. Esso contiene 28 provvedimenti a livello federale. Altre 22 raccomandazioni sono rivolte ai Cantoni, all'economia e agli ambienti scientifici. I provvedimenti, suddivisi in cinque campi di attività, interessano l'intera catena di creazione di valore, dalla ricerca fino al mercato, passando attraverso la regolamentazione e la formazione.

Masterplan Cleantech costituisce una parte della nota di discussione «economia verde» approvata dal Consiglio federale a metà ottobre. Con essa, egli intende ridurre il consumo di risorse della Svizzera e, nel contempo, rafforzare l'industria nazionale soprattutto nel settore cleantech. Oltre al cleantech, un altro caposaldo dell'economia verde è costituito dall'accento che il Consiglio federale pone sull'ecologia anche in campo fiscale al fine di rafforzare gli incentivi per un utilizzo parsimonioso delle risorse e promuovere la messa a disposizione di informazioni sullo sfruttamento ambientale nell'ambito del consumo e della produzione.

Insomma, un quadro orientato all'intercettamento della richiesta di delocalizzazione, ma anche un'attenzione agli impatti ambientali e sociali dello sviluppo. Dunque, tornando a Confindustria, non basta indicare l'obiettivo della crescita, perché non è buono in sè. Bisogna anche capire cosa deve crescere e cosa no attraverso l'analisi del contesto. In Svizzera lo si è capito. 

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