[09/11/2010] News

La “Coornata” Life+ per salvare il camoscio appenninico

LAMA DEI PELIGNI (Chieti). Nei giorni scorsi è stato presentato a Lama dei Peligni, nel Parco nazionale della Majella, il progetto Life "Coornata" (Life09 NAT/IT/000183 "Development of coordinated protection measures for Apennine Chamois (Rupicapra pyrenaica ornata) per la tutela del camoscio appenninico. Il progetto, realizzato grazie ai finanziamenti Ue di Life+ (3.142.000a euro di cui 2.262.000 cofinanziati dall'Ue), prevede una serie di attività  per migliorare la qualità della gestione della specie, per comprendere le cause e contrastare le criticità presenti nella popolazione originaria ed incrementare la presenza del camoscio nei siti individuati dall'Action Plan del ministero dell'ambiente. Per la prima volta le attività saranno sviluppate in maniera congiunta e coordinata da tutti i parchi dell'Appennino centrale interessati dalla presenza, anche potenziale, della specie: i parchi nazionali di Abruzzo Lazio e Molise, quello dei Monti Sibillini, quello del Gran Sasso e Monti della Laga, il Parco regionale Sirente Velino ed il Parco nazionale della Majella che è il beneficiario-coordinatore del progetto Life+ che vede come partner anche Legambiente, che si occuperà specificamente della comunicazione, delle attività di educazione ambientale e di diffusione del progetto, con il supporto istituzionale delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche, Molise ed Umbria.

Fino ad ora la tutela del camoscio appenninico  è strettamente legata alle aree protette dell'Appennino centrale, essendo la specie presente esclusivamente all'interno di Parchi nazionali. I programmi di conservazione della biodiversità fin qui attuati hanno consentito a questo importante mammifero di incrementare in maniera sostanziale la propria consistenza numerica dopo anni di declino. Nicola Cimini, direttore del Parco Nazionale della Majella spiega che «Malgrado precedenti progetti di conservazione avessero conseguito l'obiettivo di migliorare lo status della specie nell'ecosistema appenninico, permangono ancora diverse minacce in grado di vanificare la salvaguardia del camoscio appenninico sul lungo periodo e, anche per questo, il progetto Lifer  "Coornata" può essere considerato , per il  profilo e la qualità delle iniziative messe in campo dagli Enti Parco e dagli altri soggetti incaricati della gestione del territorio, in questa come nelle passate occasioni, un riferimento nel panorama nazionale ed internazionale».

Attualmente gli esemplari della sottospecie Rupicapra pyrenaica ornata sono circa 1500. Il camoscio appenninico costituisce una delle entità faunistiche più rare in Italia, tanto da farlo inserire come specie prioritaria nell'Allegato II e IV della Direttiva Habitat 92/43/CEE e in altri regolamenti comunitari. E' classificato come "vulnerabile" nella lista rossa dei mammiferi redatta nel 2008 dall'IUCN e dall'IUCN/SSC Caprinae Specialist Group (Shackleton et al.,1997). Inoltre è "particolarmente protetta" dalla legislazione italiana (legge 157/92). La sottospecie è presente soprattutto nelle praterie di alta quota, oltre i 1700 metri. Il camoscio è abituato a vivere in luoghi impervi, soprattutto pareti rocciose molto ripide, dove vi si ripara per sfuggire agli attacchi dei predatori. Negli anni '70 la residua popolazione di camoscio appenninico presente nel Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise era stimata in 250-300 esemplari, rimanendo più o meno costante fino ai primi anni '90. Dal 1994 si è assistito ad una nuova fase di ricrescita che ha portato al 2005 a raggiungere una consistenza di 650-700 animali. Negli ultimi 3 anni i dati dei conteggi indicano una progressiva diminuzione nel numero degli animali osservati passando da 645 animali contati nel 2005, a 518 nel 2009 oltre a mostrare inoltre una ridotta frazione delle classi giovanili, soprattutto delle femmine. Nello "storico" comprensorio di Val di Rose questa  situazione è aggravata da un problema di sopravvivenza al primo anno di vita dei cuccioli. Una situazione che se non affrontata mette a serio rischio non solo la conservazione della popolazione del Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise sul lungo periodo, ma anche quella di tutta la sottospecie. Secondo la scheda allegata al progetto Life + la «Consistenza attuale del nucleo presente sui Sibillini inferiore al numero critico perché la sua esistenza possa essere garantita a lungo termine. La minaccia fa riferimento all'esperienza sin qui acquisita nelle operazioni per la costituzione delle nuove popolazioni di Majella e Gran Sasso, dove risulta dimostrato come il numero di esemplari da rilasciare per arrivare a costituire una Minimum Viable Population (quel numero critico che una popolazione deve raggiungere perché la sua esistenza possa essere garantita a lungo termine) in grado di portare all'insediamento di una nuova colonia, sia di 30 capi con un rapporto sessi sbilanciato verso le femmine. I positivi risultati ottenuti da precedenti operazioni di rilascio indicano di proseguire nelle operazioni. Per arrivare al numero minimo previsto è quindi necessario procedere nei primi due anni di progetto al rilascio di circa 12 camosci che verranno sia prelevati dai nuclei presenti in natura nel Parco Nazionale della Majella e Parco Nazionale Gran Sasso Laga attraverso le catture previste da azioni specifiche, che dalle Aree Faunistiche».

Un rischio arriva anche dagli animali domestici che possono essere portatori di malattie trasmissibili al camoscio «In grado di influenzare negativamente soprattutto (ma non solo) i nuclei in fase di colonizzazione di nuovi territori. A differenza del bestiame queste malattie, una volta trasmesse alla popolazione di camoscio in natura, risultano molto difficili da gestire. Nel Piano d'azione nazionale per il Camoscio appenninico questa minaccia è ritenuta avere un impatto alto in quanto la presenza estiva del bestiame (pecore, capre, bovini ed equini) allo stato brado nelle aree ove sono presenti gruppi stabili di Camoscio appenninico, può comportare l'immissione nell'areale di agenti patogeni, che possono essere trasmessi per via diretta o indiretta. A ciò si aggiunga la ridotta variabilità genetica presente nella sottospecie che rende gli esemplari estremamente simili tra loro, con la conseguente impossibilità di dare una risposta differenziata nei confronti di queste malattie».

Antonio Nicoletti, responsabile aree protette e biodiversità di Legambiente, sottolinea che «Le azioni di questo Life, primo progetto a comprendere tutto l'areale individuato come idoneo per la specie, si pongono l'obiettivo di contrastare concretamente le minacce che riguardano il camoscio appenninico anche attraverso il coinvolgimento di tutti gli enti gestori e le autorità competenti che ne hanno supportato l'iniziativa, non a caso uno degli strumenti principali previsti dalla strategia coordinata di conservazione,  sarà costituito proprio dall'attivazione del Comitato di Coordinamento Permanente per la Conservazione del Camoscio appenninico che rappresenta il consolidamento operativo della pianificazione coordinata voluta, di recente, dal Ministero dell'Ambiente con l'attivazione del tavolo tecnico per il camoscio».

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