[05/11/2010] News

Dopo il buon accordo di Nagoya è necessario lavorare sodo per mobilitare risorse

ROMA. Come sappiamo, con un significativo colpo di coda finale, le delegazioni governative riunite a Nagoya per la 10° Conferenza della Parti (COP10) della Convenzione per la Diversità Biologica (CBD vedasi sito www.cbd.int) hanno finalmente approvato il piano strategico 2010 - 2020 mirato a porre le basi per frenare la perdita della biodiversità a livello planetario.

Questo accordo ha senza dubbio sottolineato il bisogno, ormai avvertito da tanti ambienti politici ed economici, di dare finalmente visibilità alla biodiversità come elemento fondamentale della nostra economia e del "ben-essere" delle nostre società.

Possiamo affermare che i governi in questa occasione, così importante per l'anno internazionale della biodiversità voluto dalle Nazioni Unite, hanno riaffermato il messaggio che la protezione della vitalità dei sistemi naturali del nostro meraviglioso pianeta è fondamentale nelle politiche internazionali e hanno dimostrato che lavorando insieme si può fornire un contributo significativo per salvare la vita sulla Terra .

I delegati che hanno partecipato alla 10° Conferenza delle Parti , riuniti dal 18 ottobre a Nagoya, sono riusciti anche e finalmente a superare lo scoglio del regolamento ABS (Access and Benefit Sharing Protocol) sull'accesso e la condivisione dei benefici derivati dalle risorse genetiche che era in una condizione di stallo da ben 18 anni da quando la Convenzione è stata ratificata.

Il Protocollo di Nagoya/ABS è certamente un risultato storico di questa COP e consentirà che l'immenso valore delle risorse genetiche venga finalmente condiviso fra popoli e nazioni.

Nel piano strategico 2010 - 2020 i governi  hanno preso la decisione, chiesta a gran voce e più volte dal WWF anche in occasione del lancio dell'ultimo "Living Planet Report 2010" (del quale ci siamo già occupati nella pagine di questa rubrica), ma anche da tante altre organizzazioni e istituzioni rilevanti, come la Banca Mondiale, di garantire che il valore della biodiversità venga integrata nelle contabilità nazionali dei vari paesi. Si tratta di un elemento strategico e nuovo nell'approccio alla difesa della natura, un segnale politico molto importante che metterà inevitabilmente in moto un nuovo approccio all'economia ed alla finanza globale.

I governi hanno condiviso l'obiettivo di arrestare il sovrasfruttamento delle risorse marine e di proteggere il 10% delle aree marine costiere e delle aree "high seas".  Si tratta di una cifra inferiore della metà rispetto a quanto la comunità scientifica ha richiesto per assicurare la conservazione di questi fondamentali biomi ma si tratta, in ogni caso, di un riconoscimento significativo e certamente realistico di quanto si potrà ottenere nell'arco di questo decennio.

Si individua anche l'obiettivo di proteggere il 17% degli habitat terrestri che è un incremento modesto dell'attuale 10% ma pur sempre uno slancio in avanti perchè riguarda tutto il pianeta e deve essere realizzato nell' arco di tempo del prossimo decennio. Il WWF e le altre organizzazioni ambientali avevano richiesto percentuali tra il 20 ed il 25%.

I governi hanno anche indicato l'obiettivo di bloccare e modificare, entro il 2020, i sussidi perversi (le sovvenzioni, pagate da tutti i contribuenti che i vari paesi, soprattutto industrializzati o in via di industrializzazione che vengono forniti nei comparti infrastrutturale, idrico, energetico, agricolo, forestale, ittico, dannosi per la biodiversità). Mentre il Giappone si è impegnato mettendo a disposizione fondi significativi, il resto dei paesi sviluppati non è stato in grado di mettere sul piatto altrettante risorse immediatamente disponibili.

Tuttavia i governi hanno condiviso l'obiettivo di identificare i finanziamenti necessari al Piano strategico entro il 2012, cioè finanziamenti ‘freschi' vitali e fondamentali per mettere mano immediatamente alla perdita di biodiversità nel mondo.  

Mentre non si può negare che sono stati fatti significativi progressi su molti fronti è evidente che è necessario ancora lavorare sodo per mobilitare risorse necessarie ad aiutare i paesi in via di sviluppo nel raggiungere i loro obiettivi di freno alla perdita della biodiversità.

Alcuni paesi tra i più ricchi sono giunti a Nagoya a mani vuote, incapaci o poco disponibili a mettere in gioco le proprie risorse capaci di rendere possibile per i paesi in via di sviluppo il raggiungimento di obiettivi impegnativi. Comunque le varie delegazioni governative hanno lasciato Nagoya con una nuova strada condivisa mirata a salvare la vita sul pianeta ed ora diventa fondamentale far sì che queste premesse si traducano rapidamente in azioni concrete".

Anche l'Italia deve operare rapidamente per individuare le risorse necessarie a contribuire agli obiettivi che sono indicati nel piano globale e in quello nazionale precisato dalla Strategia nazionale per la biodiversità proposta dal Governo e approvata dalla Conferenza Stato-Regioni, proprio una settimana prima di Nagoya. Il WWF ha già provveduto a chiedere al Governo di mostrare il proprio impegno sia a livello globale che a livello nazionale intervenendo sulla Manovra del 2011 (collocando un accantonamento in Tabella A della Legge di Stabilità 2011, tabella in cui vengono previsti impegni di spesa corrente finalizzati ad iniziative speciali o nel decreto legge previsto per fine anno) con un adeguato  impegno economico che consenta di avviare la realizzazione della Strategia nazionale della biodiversità, approvata appunto lo scorso 7 ottobre, dopo 16 anni dalla ratifica da parte del nostro Paese della Convenzione internazionale della biodiversità (avvenuta nel 1994).

Mentre il tasso di perdita della biodiversità continua imperterrito nella sua azione la ricerca scopre una significativa ricchezza di specie in tanti luoghi del mondo. Proprio durante la Conferenza delle Parti il WWF ha diffuso l'ultimo report sulle specie scoperte nell'area amazzonica dal titolo "Amazon Alive !" che mette in luce la straordinaria ricchezza di specie di quest'area ed evidenzia le minacce che ancora incombono (il rapporto si può scaricare dal sito del WWF www.panda.org) .

Il rapporto conferma la straordinaria ricchezza di specie presenti in Amazzonia e fornisce un quadro riassuntivo sulle 1.200 specie nuove scoperte e descritte negli ultimi 10 anni di ricerche, tra il 1999 e il 2009. Si tratta di un ritmo notevole, una nuova specie ogni tre giorni (e ci riferiamo solo ad animali vertebrati - mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci e di piante tralasciando le numerosissime specie scoperte di invertebrati - basti pensare che soltanto di ragni sono state individuate, in questi dieci anni, ben 503 nuove specie ed il rapporto dedica a queste specie alcune pagine). Questo dato conferma che l'Amazzonia è uno dei luoghi della Terra dove si riscontra la maggiore diversità biologica e dunque si tratta di un patrimonio inestimabile dei cui servizi globali tutti noi inconsapevolmente beneficiamo. Nonostante la maggior parte della regione sia ancora al riparo da disturbi significativi le minacce stanno aumentando velocemente. Durante gli ultimi 50 anni l'uomo ha causato la distruzione di almeno il 17% della foresta pluviale amazzonica, un'area più vasta del Venezuela e pari a due volte la Spagna. Una delle principali cause di questa trasformazione è rappresentata dalla rapida espansione dei mercati regionali e globali della carne, della soia e dei biocombustibili, che fanno aumentare la domanda di terreni da destinare a questi fini. Si stima che l'80 % delle aree deforestate dell'Amazzonia siano destinate a pascoli per il bestiame. Inoltre, i modelli di sviluppo non sostenibili ancora perseguiti, la rapida crescita economica regionale e il crescente fabbisogno energetico stanno esercitando un forte impatto sull'intera regione amazzonica.

L'Amazzonia è una risorsa ‘vitale' che va preservata proprio nell'interesse delle popolazioni locali: solo in Brasile sono oltre 30 milioni le persone che dipendono dalle risorse e dai servizi offerti dagli ecosistemi di quest'area. Una gestione responsabile dell'Amazzonia è dunque un fattore cruciale, in quanto garantirebbe servizi ambientali alla popolazione, anche al di là dei confini dell'Amazzonia e non ultimo per via del ruolo che questa area svolge nell'ambito della battaglia contro i cambiamenti climatici globali.

E' quindi molto importante garantire lo sviluppo delle strategie di conservazione a livello regionale,  promuovendo la gestione sostenibile delle risorse naturali e uno sviluppo molto attento e ben pianificato delle eventuali infrastrutture, tenendo in considerazione, gli impatti sociali e ambientali. Il rapporto è servito a lanciare un appello ai delegati dei 193 paesi presenti a Nagoya ai quali è stata fatta una richiesta: inserire l'Amazzonia nella mappa mondiale dei luoghi prioritari per la conservazione e costruire un forte sostegno pubblico attorno alle iniziative di conservazione su grande scala in Amazzonia. Per le nazioni amazzoniche, una parte della soluzione per la protezione delle specie e degli habitat amazzonici è attualmente oggetto di valutazione da parte dei governi che si sono incontrati proprio durante il Summit di Nagoya: un approccio transnazionale finalizzato a creare, nella regione amazzonica, un sistema di aree protette completo ed efficacemente gestito. 

Scorrendo il rapporto del WWF si spalanca un vero caleidoscopio di forme e colori: 637 nuove specie di piante, 257 di pesci, 216 di anfibi, 55 di rettili, 16 di uccelli  e 39 di mammiferi, tra cui 6 nuove scimmie compresa la Mico acariensis scoperta nel 2000. Ve ne sono alcune veramente straordinarie come la nuova specie di anaconda (la prima nuova specie di anaconda identificata dal 1936, che si aggiunge alle altre tre gia' note alla scienza) nella provincia boliviana dell'Amazzonia, un serpente lungo 4 metri, il delfino rosa boliviano del Rio delle Amazzoni, nuova specie scoperta grazie alle ricerche genetiche, sull'orlo dell'estinzione, una nuova specie di pesce gatto cieco dal colore rosso brillante che vive nelle acque sotterranee. Ma i veri dominatori dell'area amazzonica sono gli invertebrati (principalmente i ragni), che da soli rappresentano il 90% degli animali presenti, con una ricchezza che giunge a registrare fino a 50.000 specie diverse in appena 2,5 km quadrati di foresta tropicale.

Il rapporto elenca il numero di specie descritte in ciascun paese dove il record di scoperte è diviso tra Brasile, Perù e Ecuador. Viene anche illustrato il ruolo determinante dell'Amazzonia nell'ambito della regolazione del clima globale: le sue foreste immagazzinano, infatti, un'enorme quantità di carbonio e in caso di gestione inadeguata c'è un enorme rischio potenziale di alterazione del clima a livello globale. L'Amazzonia contiene dai 90 ai 140 miliardi di tonnellate di carbonio, ed il rilascio anche solo di una porzione di questo quantitativo accelererebbe in modo significativo il processo di riscaldamento globale. Attualmente la riconversione dei terreni e la deforestazione in Amazzonia comportano un rilascio che arriva a 0,5 miliardi di tonnellate di carbonio l'anno, senza includere le emissioni causate dagli incendi forestali. Grande importanza riveste anche lo scambio energetico generato dalla evapotraspirazione dalla superficie delle foglie, dato che l'area ospita la più estesa, densa e ininterrotta copertura di vegetazione presente sulla Terra. L'energia coinvolta in questo processo contribuisce alla regolazione del clima globale pompando acqua nell'atmosfera e fornendo energia al regime dei venti a livello globale. L'effetto di raffreddamento dato da questo particolare  "sistema di condizionamento d'aria globale" è cruciale per il sostegno della vita sulla Terra.

Attraverso la Living Amazon Initiative, il WWF sta lavorando a un approccio complessivo finalizzato alla collaborazione con i governi, la società civile e il settore privato, per promuovere il processo di trasformazione necessario per dare vita a uno scenario alternativo che possa preservare più efficacemente la biodiversità dell'Amazzonia. L'obiettivo è una visione condivisa della conservazione e dello sviluppo che risulti ambientalmente, economicamente e socialmente sostenibile, l' adeguata valutazione degli ecosistemi naturali in base ai beni ambientali che forniscono, la pianificazione della destinazione d'uso e dei diritti di proprietà della terra e delle risorse, l'implementazione delle migliori pratiche di gestione per l'agricoltura e l'allevamento e l'ottimizzazione della pianificazione delle infrastrutture energetiche e dei trasporti per ridurre al minimo gli impatti ambientali e l'impoverimento della diversità culturale.

L'attuazione concreta del piano strategico per la biodiversità approvato dai governi a Nagoya passa per iniziative ed azioni come questa.

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