[04/11/2010] News

Deposito permanente obbligatorio (chiesto da Ue) e copertura statale dei costi mettono in ginocchio il rinascimento nucleare

LIVORNO. Una bella doccia (fredda) di concretezza è piovuta oggi a risvegliare i sogni atomici del governo italiano e si tratta di due belle mazzate che minano proprio la tanto decantata convenienza e sostenibilità economica dell'avventura nucleare italiana. Ieri, a Bruxelles, si è compiuto un primo importantissimo passo avanti verso una definizione dei veri costi del nucleare, che includono quindi tutti gli oneri che solitamente vengono rimossi: ovvero il dopo: per quanto siano ‘pochi' i rifiuti prodotti dalle centrali nucleari, anche le più avanzate, essi sono qualitativamente ricchissimi e hanno bisogno di una gestione accurata visto che la carica radioattiva permane fino a centinaia di migliaia di anni.

La proposta Ue prevede che entro il 2015 tutti gli stati membri notifichino alla Commissione i rispettivi programmi nazionali, calendarizzati, per la costruzione di depositi definitivi per lo stoccaggio dei residui nucleari.

Una richiesta non da poco se si pensa che l'unico deposito permanente in costruzione nel mondo è quello legato alla nuova centrale di Olkiluoto in Finlandia, con continui rinvii e continui aggiornamenti dei costi. Altro particolare importante è che la popolazione dovrà essere informata e associata al processo decisionale e se si pensa che il governa svedese ha dato il via libera in questi giorni alla costruzione di un deposito nucleare che da ben 15 anni è oggetto di un processo partecipativo, si capisce bene quanta preparazione e quanti costi stanno dietro ad ogni avventura atomica.

Le licenze di costruzione saranno date da Autorità indipendenti con il compito di verificare il rispetto delle norme di sicurezza fissate dall'Aiea (Agenzia internazionale dell' energia atomica), che diventeranno giuridicamente vincolanti, mentre non sarà più consentita «l'opzione a basso costo e a bassi standard di sicurezza», cioè l'export delle scorie verso i paesi terzi. «Tutte dovranno essere stoccate nel territorio comunitario e tutti i paesi Ue dovranno assumersene la responsabilità» ha insistito Oettinger.

Aspetto tremendamente indispensabile quanto difficile da attuare: visto il turismo radioattivo a cui siamo stati abituati in questi anni, con vagoni o cargo nucleari che dalle 143 centrali distribuite in 14 paesi (per una produzione stimata di 50mila metri cubi di scorie radioattive, il 15% altamente radioattive) finivano per essere inghiottite dal buio inverno russo o in qualche assolata discarica africana.

Difficile stimare i costi di questo principio che in realtà è elementare: se inquino, pago. Secondo alcune stime molto ottimiste non ammonterebbero a più del 3-4% del costo di produzione dell'energia elettrica, ma anche qui si tratta in realtà di un solo anello della lunga catena della gestione dell'eredità nucleare, che passa prima dallo smantellamento degli impianti, dal decommissioning e quindi dal trasporto e dalla gestione e manutenzione del deposito nucleare, che ricordiamo dovrà resistere a disastri naturali e antropici (leggi guerre) per centinaia di migliaia di anni.

A proposito di costi. La seconda mazzata è in  realtà una pugnalata alle spalle, ancor più letale se ad infliggerla è un nuclearista della prima ora come Alberto Clò, consigliere dell'Eni, già ministro dell'Industria nel governo Dini, tra i pochi a opporsi al referendum del 1987 e a tentare, invano, nel 1995 di riaprire il dossier nucleare. Ebbene nessuna ideologia e nessuna illuminazione mistica (a differenza di quanto accaduto a qualche ex ambientalista), semplicemente nell'intervista rilasciata al Corriere della Sera Clò si schiera contro la demagogia con cui si profetizza l'apertura dei cantieri nel 2013 e la riduzione dei prezzi elettrici del 20%-30%.

«Troppe irresponsabilità, bugie, ignoranze. E siccome le prospettate 8-10 centrali nucleari costano, bene che vada, 40-50 miliardi, temo non si vada da nessuna parte - spiega Clò - Queste centrali durano sino a 60 anni cui se ne aggiungono altri nel labirinto autorizzativo e nella realizzazione delle centrali. Investimenti a così lungo termine esigono un forte consenso politico per non trovarsi a cancellare domani, con oneri immani, quello che si decide oggi».

E poi la mazzata finale. Chi pagherà l'atomo italiano? Secondo Enel con Edf e A2A con E.on possono fare da soli. «Ma fatti e richieste dicono altro - spiega Clò - Il decreto legislativo dello scorso febbraio stabilisce la copertura assicurativa e finanziaria dello Stato in caso di ritardi non imputabili all'operatore. Prima la limitava a decisioni politiche. L'innovazione può essere molto gravosa per le finanze pubbliche ove si pensi che, nel mondo, i tempi di costruzione sono stati fin qui doppi del previsto. E' stata inoltre garantita la priorità nel dispacciamento come per le fonti rinnovabili. Vi è poi una non esplicitata richiesta di garanzia sui prezzi di cessione dell' elettricità a livelli, temo, superiori a quelli correnti, per rendere finanziabili i progetti. (...) Se il rischio è a carico dello Stato e dei consumatori, la remunerazione del capitale non dovrebbe allontanarsi troppo dal costo del capitale senza rischio. Altrimenti si creano nuove e indebite rendite».

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