[02/11/2010] News

L'appello degli economisti per la tobin tax: una scelta di civiltà

ROMA. Sappiamo ormai abbastanza su costi e benefici delle tasse sulle transazioni finanziarie per prendere una decisione ponderata. Le vecchie perplessità sulle difficoltà di implementazione di una tassa del genere sono ormai superate. Una recente rassegna degli studi in materia pubblicata in un working paper del Fondo Monetario Internazionale (Thornton Matheson Taxing Financial Transactions: Issues and Evidence http://timworstall.com/wp‐content/uploads/2010/09/imfrobindocument.pdf) documenta che prelievi simili sono (o sono stati recentemente) in vigore in 23 paesi del mondo, utilizzati principalmente per finanziare il funzionamento delle borse locali. L'entità delle somme raccolte varia sensibilmente ed arriva dallo 0.4 percento del Regno Unito nel 2009 sino al 2.1 percento del Pil nel caso di Hong Kong nel 2008.
Numerose ricerche hanno studiato gli effetti della tassa dal punto di vista teorico. Alcuni critici temono che essa possa ridurre il valore delle attività finanziarie sottostanti, far crescere il costo del denaro e persino aumentare e non ridurre la volatilità dei mercati riducendo volumi e liquidità delle transazioni.

Le simulazioni effettuate evidenziano però che l'impatto di una tassa molto piccola (dall'1 al 5 per 10.000) avrebbe un effetto pressoché nullo sul valore delle attività finanziarie e sul costo del capitale. Inoltre gli effetti perversi sulla liquidità e sulla volatilità generati dalle modifiche dello spread tra denaro e lettera sarebbero tutt'altro che certi e dipenderebbero dalla forma di mercato degli intermediari di borsa.

Quello che sembra evidente è che una tassa del tipo "Tobin" avrebbe una buona probabilità di rallentare il volume via via crescente degli scambi ad alta frequenza in borsa effettuati automaticamente dagli algoritmi dei computer. Solo dal 2006 al 2009 il volume di queste transazioni automatiche è aumentato dal 30 al 60 percento sul totale degli scambi. Ciò sta profondamente modificando la natura dei mercati i cui movimenti a breve sono ormai inspiegabili in base a logiche puramente economiche e, in mancanza di eventi importanti, vengono generalmente interpretati dagli analisti con razionalizzazioni a posteriori (se il mercato scende si abbina l'andamento alla notizia che avrebbe potuto provocare la discesa, se sale alla notizia di segno opposto).

Il motivo principale per il quale si pensa possa essere opportuno applicare questa tassa (sempre più popolare anche presso i leader politici dei paesi ad alto reddito dopo la crisi finanziaria, vedasi l'ultimo intervento di Sarkozy) è quello di ridurre la speculazione sui mercati finanziari, ma un secondo motivo a nostro avviso ancora più cogente è quello che tale tassa consentirebbe di raccogliere somme ingenti per raggiungere gli obiettivi del millennio e finanziare beni pubblici globali.

I principali studi in materia calcolano che, a seconda della base imponibile cui dovrebbe essere applicata, la tassa potrebbe raccogliere fino a 200 miliardi di dollari pur considerando l'ipotesi estrema di riduzioni di volumi di scambi elevate a seguito della sua entrata in vigore. Si calcola che ne bastino circa 30 per assicurare l'istruzione primaria obbligatoria in tutto il mondo.

Se una delle finalità principali della tassa diventa quella della raccolta di risorse per il finanziamento di beni pubblici globali l'efficienza nell'utilizzo delle stesse diventa un criterio discriminante. Gli errori della storia recente ci dicono che gli "aiuti possono uccidere" alimentando parassitismo e corruzione. Ma la storia ci insegna anche che esistono modi straordinariamente efficaci di utilizzare queste risorse come quelli per il finanziamento alla ricerca, acquisto e distribuzione di vaccini o i programmi recentemente applicati da Banca Mondiale ed altre istituzioni internazionali che legano aiuti alimentari e scolarizzazione.

Una prima ipotesi è quella di utilizzare i proventi per ridurre il peso dell'aggiustamento delle finanze
pubbliche sui cittadini.

Una delle destinazioni a nostro avviso più efficaci a livello globale è quella della capitalizzazione delle migliaia di istituzioni di microfinanza che finanziano l'avvio di microattività imprenditoriali di individui "non bancabili" con idee produttive ma mancano di garanzie patrimoniali.

Quasi tutti i programmi di recupero e di scolarizzazione dell'infanzia in aree degradate del pianeta hanno dimostrato che non c'è aumento significativo delle opportunità dei figli senza aumentare la capacità dei genitori di creare reddito ed hanno affiancato programmi di microfinanza a quelli di scolarizzazione.

I proventi della tassa sulle transazioni finanziarie, divisi in migliaia di rivoli, più difficilmente intercettabili dalla corruzione perché individualmente poco appetibili, potrebbero andare a patrimonializzare queste piccole istituzioni finanziarie che operano in territori difficili aumentando significativamente la loro capacità di concedere prestiti e di resistere a perturbazioni che riducono le capacità di restituzione dei beneficiari. In questo senso la tassa migliore potrebbe persino essere persino una "non tassa", ovvero una destinazione forzosa e stabile nel tempo di quelle piccole somme (che restano di proprietà degli operatori dei mercati o delle istituzioni internazionali) all'acquisto di quote di capitale delle istituzioni di microcredito.

Sulla tassa sulle transazioni finanziarie si gioca la misura della nostra civiltà e la possibilità che essa possa essere definita veramente tale. Di fronte ai problemi del pianeta le esitazioni e i dubbi sulla sua entrata in vigore hanno dell'incredibile. Per usare un'immagine di attualità, è come se nel caso dei minatori cileni intrappolati in profondità per il crollo delle gallerie di risalita, le autorità non avessero ancora iniziato a costruire la galleria per consentirgli di tornare in superficie, impantanandosi in una discussione puntigliosa sul fatto se la galleria debba essere più o meno larga, sulle sue effettive possibilità di funzionamento o se la sua realizzazione possa dar luogo ad un'innovazione in grado di essere applicata in contesti simili in altre parti del mondo.

Analogamente, nonostante gli straordinari progressi di aree emergenti del pianeta, continuano ad esserci centinaia di migliaia di persone intrappolate nelle viscere del sistema socioeconomico del pianeta che aspettano un'opportunità di inclusione e una via d'uscita per poter superare le barriere di accesso ad istruzione e credito e contribuire alla creazione di valore economico del pianeta. Come è apparso del tutto evidente nel caso dei minatori cileni non è più il momento di discutere ma quello di agire.

Primi firmatari (in ordine alfabetico)
Leonardo Becchetti - Università di Roma "Tor Vergata"
Luigino Bruni - Università di Milano Bicocca
Lorenzo Sacconi - Università di Trento
Francesco Silva - Università di Milano Bicocca
Stefano Zamagni - Università di Bologna

Torna all'archivio