[15/10/2010] News

Proteggere la ricchezza della vita sulla Terra unica assicurazione per il nostro futuro

ROMA. Ogni due anni, dal 1998, il Wwf pubblica il "Living Planet Report" un rapporto che fa il punto sullo stato del pianeta, utilizzando alcuni indicatori specifici (come l'impronta ecologica, l'impronta idrica e l'indice del pianeta vivente), e indica proposte e soluzioni da avviare per cambiare rotta.  Il lancio del rapporto 2010, ha avuto luogo il 13 mattina scorso in una presentazione presso la LUISS (Libera Università di Studi Sociali Guido Carli), realizzata dal WWF in collaborazione con il Center for Ethics and Global Politics diretto da Sebastiano Maffettone, professore di filosofia politica e preside della facoltà di scienze politiche della LUISS e che ha visto un notevole afflusso di pubblico.

Il Living Planet Report 2010(che si può scaricare dal sito del Wwf (www.wwf.it)  analizza lo stato dell'indice del pianeta vivente, un indicatore che fornisce l'andamento di quasi 8.000 popolazioni di più di 2.500 specie di animali vertebrati (quindi mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci) considerato dal 1970 ad oggi e la situazione dell'impronta ecologica che indica la quantità di risorse rinnovabili che utilizziamo nell'arco dell'anno (dai consumi alimentari derivati da agricoltura e pascoli al suolo trasformato per infrastrutture, alle foreste che servono per immagazzinare l'anidride carbonica da noi prodotta).

Il LPR 2010 ci dice che l'indice del pianeta vivente è sceso del 30% dal 1970 ad oggi e di ben il 60% nelle zone tropicali, mentre l'impronta ecologica dimostra che la nostra domanda di risorse naturali è raddoppiata dal 1966, tanto che oggi utilizziamo l'equivalente delle risorse di un pianeta e mezzo per soddisfare i nostri fabbisogni. In pratica i due indicatori ci dimostrano chiaramente che la ricchezza della vita sulla Terra, la biodiversità (ricordiamo a tutti che il 2010 è stato dichiarato dalle Nazioni Unite anno internazionale della biodiversità) continua a declinare e che la nostra pressione sulle risorse continua invece a crescere. Rendiamo quindi i nostri sistemi naturali sempre più deboli e vulnerabili, mentre continuiamo a crescere con la nostra popolazione (si prevedono più di 9 miliardi di esseri umani nel 2050, mentre oggi siamo oltre i 6,8) e nella richiesta di energia, cibo, infrastrutture, suolo da trasformare, ecc.

I 31 paesi della cosiddetta area OCSE (tra cui Italia e Stati Uniti) che includono le economie storicamente più ricche del pianeta, hanno un'impronta ecologica di quasi il 40% rispetto a quella globale. Nei cosiddetti paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cina, paesi di nuova industrializzazione) è presente una popolazione doppia rispetto a quella dei paesi dell'area OCSE e il Living Planet Report dimostra che se non si cambia rotta al modello di sviluppo della crescita continua, la traiettoria seguita dalle impronte dei paesi BRIC presto sorpasserà quella dei paesi OCSE. I paesi che mantengono alti livelli di dipendenza dalle risorse stanno mettendo le loro economie ad alto rischio. I paesi che riusciranno a fornire la migliore qualità della vita ai propri abitanti riducendo la richiesta di risorse energetiche, agricole, ittiche, forestali ecc. diventeranno i veri leader del futuro. Tra i 10 paesi che hanno le maggiori impronte ecologiche vi sono gli Emirati Arabi Uniti, il Qatar, gli Stati Uniti, il Canada, l'Australia ma anche Danimarca, Belgio e Irlanda. La maggiore impronta ecologica deriva dalla pressione esercitata sulle risorse rispetto alla biocapacità nazionale cioè a quanto le singole nazioni sono in grado di soddisfare i propri consumi rispetto alla bioproduttività dei propri sistemi naturali.

Il rapporto, in fondo, ci dimostra quanto sia valida un'osservazione che spesso hanno fatto, da sempre, i "saggi"; distruggere la natura vuol dire segare il ramo sul quale siamo seduti. La ricchezza della vita sul pianeta deve essere quindi considerata un bene prezioso e l'anno internazionale della biodiversità dovrebbe vedere i governi impegnati in questo senso.

Proteggere la ricchezza della vita sulla Terra  costituisce infatti l'assicurazione per il nostro futuro e questo oramai comincia ad essere compreso sempre di più anche dai grandi economisti di fama internazionale. Non può esistere un "ben-essere" delle società umane e non possono esistere economie sane dei nostri sistemi sociali se distruggiamo le basi sulle quali poggia la nostra esistenza e il nostro sviluppo. L'anno internazionale della biodiversità vedrà proprio la prossima settimana l'apertura, in Giappone a Nagoya, della 10° Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Diversità Biologica che dovrà definire un piano strategico che il Wwf richiede ambizioso ed efficace, con chiari target e tempi entro cui raggiungerli, per far sì che entro il 2020 si blocchi realmente il tasso di perdita della biodiversità a livello mondiale, tasso che oggi viene valutato, dagli studiosi fino a 1.000 volte superiore al tasso di estinzione naturale registrato nelle epoche geologiche. Il WWF sta alacremente lavorando in merito ed ha richiesto anche una legge quadro sulla biodiversità. Nel frattempo finalmente è stata approvata la Strategia nazionale sulla biodiversità  in "zona Cesarini" prima di Nagoya alla quale il Wwf ha contribuito significativamente.

E' assurdo che i nostri sistemi naturali (pascoli, boschi, fiumi, laghi ecc.)  vengano considerati da sviluppare attraverso cementificazioni e infrastrutture variegate. Questi ecosistemi costituiscono, invece, la base della nostra vita e, come tali, l'economia e la finanza li devono considerare. In Italia costituiscono la vera ricchezza del Bel Paese.

Il Living Planet Report 2010 riassume anche diverse proposte per cambiare rotta.

Innanzitutto dare un "valore" alla natura. I nostri sistemi economici e di contabilità non considerano i sistemi naturali, tutte le risorse della vita sulla Terra, come una ricchezza dell'intera umanità. Paradossalmente abbiamo pensato di "fare cassa" distruggendo gli ambienti naturali e le specie che con noi condividono la biosfera, ma, purtroppo, ci siamo solo indebitati ed abbiamo accresciuto un deficit con la natura che sta diventando ormai ingestibile e potrebbe provocare gravissime ripercussioni su tutte le società umane a cominciare da quelle più deboli, i poveri della Terra. Le previsioni del Living Planet Report 2010 ci dicono che se continuassimo sulla strada della crescita economica attuale entro il 2030 avremo bisogno delle risorse rinnovabili equivalenti a due pianeti. Ecco perché diventa estremamente importante affiancare una contabilità ecologica alla contabilità economica classica; tutti i decisori politici sul pianeta devono essere consapevoli che il benessere non si raggiunge solo incrementando il PIL dei singoli paesi e quindi quello planetario, ma si raggiunge mantenendo la vitalità della natura e non certo distruggendola. E poi fondamentale investire nel capitale naturale agendo per incrementare le aree naturali della terra che ancora non sono in grado di rappresentare quantità significative e rappresentative degli ecosistemi naturali ed è necessario bloccare assolutamente la deforestazione che sta riducendo drammaticamente la biodiversità planetaria e diminuendo inoltre le capacità di assorbimento dell'anidride carbonica. Un'altra proposta concreta è quella di fermare la frammentazione degli ambienti naturali: lo slogan del futuro è connettere non frammentare. Proprio a Nagoya sarà ancora di più diffuso il rapporto finale del grande lavoro internazionale che si chiama proprio "L'economia degli ecosistemi e della biodiversità" (The Economics of  Ecosystems and Biodiversity) patrocinato dalle Nazioni Unite e che diventerà un inevitabile punto di riferimento per i governi di tutto il mondo per mettere finalmente in conto la natura. Il rapporto del Wwf vuole andare proprio in questa direzione. Abbiamo bisogno di un futuro diverso in cui la natura sia riconosciuta finalmente per quello che è: la base fondamentale della nostra esistenza e della nostra economia. Se l'economia riuscirà a considerare il valore della natura il nostro futuro comincerà finalmente a tingersi di rosa.

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