[11/10/2010] News

Cambiamento climatico, gli Usa alla Cina: «Vi comportate come se l'accordo di Copenhagen non esistesse»

LIVORNO. Secondo la segretaria esecutiva dell'Unfccc, Christiana Figueres, i Climate change talks di Tianjin hanno dato nonostante tutto dei risultati positivi, visto che alla fine è uscito fuori un testo che contiene dei progetti di decisione per la Conferenza di Cancun che si terrà dal 29 novembre al 10 dicembre in Messico.

Per la Figueres «Questa settimana ci ha avvicinato ad una serie di strutture decisionali che potrebbero essere accettate al summit di Cancun. Hanno discusso di argomenti che potranno essere affrontati a Cancun e di quelli che saranno portati dopo l'incontro di Cancun. Hanno anche discusso di elementi operativi importanti, quali il finanziamento, il rafforzamento tecnologico e delle capacità, così come del futuro del Protocollo di Kyoto.

Durante questa settimana i negoziatori internazionali non sono pervenuti ad un accordo per sapere come allocare i 30 miliardi di dollari del "fondo quick start" per sostenere i Paesi in via di sviluppo, ma lo raggiungeremo a Cancun. Invece, i partecipanti si sono messi d'accordo quanto alla creazione di un nuovo fondo per il finanziamento a lungo termine, al fine di far fronte alle sfide del cambiamento climatico. I dettagli saranno discussi a Cancun».

Il capo-negoziatore cinese, Su Wei, ha dichiarato all'agenzia ufficiale Xinhua: «Si può dire che i risultati ottenuti a Tianjin rispondano alle nostre attese iniziali. Grazie a questi colloqui, sono stati identificati numerosi problemi e la comprensione è migliorata, il che permetterà di mettere in atto la fondazione dei prossimi negoziati».

Jurgen Lefevere, della direzione generale per l'azione climatica dell'Ue, non è altrettanto ottimista: «Esistono opinioni confusi su alcuni problemi, come per la trasparenza, e i risultati mancano di coordinamento».

Jonathan Pershing, l'inviato speciale Usa a Tianjing ha confermato che con la Cina «Non abbiamo accora trovato dei terreni d'intesa. Sono però o impressionato per gli sforzi cinesi nella riduzione delle loro emissioni. La Cina ha investito enormemente e si è impegnata seriamente nei programmi di rinnovamento delle sue infrastrutture e delle energie rinnovabili».

Il capo dei negoziatori climatici Usa, Todd Stern (nella foto), l'inviato speciale del presidente Barack Obama, non è andato a Tianjin ma da un convegno tenutosi alla Law School dell'università del Michigan ha sparato a palle incatenate sul governo di Pechino: «La Cina ha ignorato gli impegni assunti nel quadro dell'accordo sul riscaldamento globale raggiunto l'anno scorso dopo una riunione faccia a faccia tra il presidente Barz ck Obama e il premier cinese Wen Jiabao. I funzionari cinesi hanno agito come se l'accordo non sia mai avvenuto».

Insomma Stern accusa l'altro più grande inquinatore del pianeta, la Cina, di aver buttato nel cestino di Tianjing l'Accordo di Copenhagen non vincolante che mira a limitare le emissioni responsabili del riscaldamento globale: «Infatti, hanno sostenuto, nonostante il testo nero su bianco dell'accordo di Copenaghen concordato con il loro ed altri leader, che la Cina non è d'accordo per attuare le azioni presentate. A loro avviso, ci si è limitati ad elencare tali azioni a titolo informativo, una sorta di "Fyi" (For your information, ndr) globale, senza alcun impegno politico per la sua attuazione».

Risponde Huang Huikang, un altro pezzo grosso della delegazione climatica cinese: «Il nostro intento non è quello di bloccare le discussioni. Vogliamo solo che la discussione di gruppo continui nel modo giusto. La questione chiave è la mancanza di progressi sostanziali da parte dei Paesi sviluppati».

La posizione degli Usa è criticata anche da Alden Meyer dell'Union of concerned scientists: «Non so quali siano i motivi per i quali l'amministrazione Obama dica che la Cina non si impegna seriamente. Hanno concordato di procedere tale impegno. Non sono disposti a farlo in maniera giuridicamente vincolante. Alcuni Stati hanno inoltre accettato di negoziare un monitoraggio indipendente per verificare gli impegni assunti. La Cina rifiuta storicamente tali misure. L'accordo sulla carta non ha senso se non attualmente non ci hanno delle linee guida».

Todd Stern ha comunque annunciato che gli Usa a Cancun terranno una posizione ferma e che senza progressi riguardo alle procedure per verificare i tagli delle emissioni, gli Stati Uniti potrebbero mettere il veto anche alle decisioni richieste a gran voce dai Paesi in via di sviluppo, come las salvaguardia delle foreste pluviali o i finanziamenti per l'adattamento ai cambiamenti climatici. «Gli Stati Uniti tengono in piedi il loro impegno di Copenaghen di ridurre le emissioni da global warming di circa il 17% entro il 2020» ha detto Stern.

Ma non ha aggiunto che Obama non sa come raggiungere questo obiettivo e dopo che il Congresso dominato (almeno fino a novembre) dai democratici non ha approvato un tetto obbligatorio alle emissioni di gas serra.

Meyer svela una cosa scomoda: «La Cina non è molto impressionato da quello che gli Stati Uniti stanno facendo», infatti i cinesi metteranno sul tavolo di Cancun impegni volontari di riduzione dei gas serra entro il 2020 che sono molto più alte del misero e problematico 17% obamiano e senza nessun parlamento che metta i bastoni fra le ruote. Ma Stern non ci sta: «Non si può costruire un sistema basato sul criterio che la Cina dovrebbe essere trattata come il Ciad, quando la Cina è attualmente il più grande emettitore del mondo. È un dato di realtà politica, non si potrebbe ottenere alcun sostegno degli Stati Uniti, in particolare dal Congresso, per un accordo sul clima che richieda a noi di agire ma non alla Cina e agli altri mercati emergenti. Il progresso verso l'adozione di un trattato pere limitare i cambiamenti climatici dipenderà dal fatto che i Paesi si attengano agli obiettivi delineati dall'accordo di Copenaghen». Tradotto in soldoni: a Cancun andrà bene se sarà uno stallo, se andrà male uno scontro che metterà in dubbio anche i pochi progressi fatti.

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