[11/10/2010] News

Il Sudafrica vuole 6 centrali nucleari. Le faranno sudcoreani, cinesi e francesi

LIVORNO. Il Sudafrica ha rinunciato al preoccupante sogno del mini-nucleare diffuso, ma ha rilanciato un ridotto programma di costruzione di centrali nucleari. Cina, Francia e Corea del sud parteciperanno alla costruzione di 6 centrali atomiche al posto delle 12 inizialmente previste e che dovevano essere realizzate da Areva. Il tutto dovrebbe costare almeno 1.300 miliardi di rand (190 miliardi di dollari). La direttrice del dipartimento energia del governo sudafricano,  Nelisiwe Magubane, ha detto alla South African Broadcasting Corporation (Sabc) che «Il progetto si inscrive nel quadro di un nuovo piano energetico che utilizzerà tecnologie differenti». Secondo la Sabc l'accordo dovrebbe porre finalmente  fine ai continui blackout in Sudafrica e anche secondo il giornale di Johannesburg "Business Day" si tratta di un progetto ambizioso  «che permetterà di ridurre di circa la metà la dipendenza dal carbone nella produzione di elettricità in Sudafrica, accrescendo l'utilizzo dell'energia nucleare».

I diversi piani energetici del Sudafrica includono la prosecuzione del programma di connessione alla rete elettrica per portare, ogni anno e fino al 2013, i servizi di base a 150.000 famiglie, in aggiunta agli oltre 3,5 milioni di case elettrificata dal 1994, ma è  il nucleare  l'aspetto che ha più colpito i  media sudafricani, mentre resta in ombra la promessa del governo di un aumento significativo delle energie rinnovabili nel mix energetico del Sudafrica.

L'impresa elettrica statale, la Eskom, si è lanciata nel nucleare negli anni '80, per sostenere l'avventura atomica militare/civile del regime razzista bianco con la costruzione di due reattori ad acqua pressurizzata che attualmente forniscono il 6% dell'elettricità del Paese. Nel gennaio 2008 la Eskom si è rivolta al gigante francese Areva e all'americana Westinghouse per acquistare 12 reattori e portare così la produzione di energia nucleare fino al 25% del consumo sudafricano di elettricità. Il tutto con un budget disponibile di appena 12 miliardi di dollari che, insieme alla crisi economica, ha fatto scoppiare la cosa come una gigantesca bolla di sapone.  Eskom nel dicembre 2008 si tirò indietro «A causa della grandezza degli investimenti». Dopo due anni il governo dell'African National council ci riprova con il piano strategico presentato dal ministro dell'energia e di minerali Dipuo Peters che dovrebbe portare il Sudafrica fuori dalla schiavitù dei combustibili fossili, in particolare da quella dell'inquinante carbone.

«A questo proposito, stiamo completando tutti i lavori preparatori» scrive Peters nella sua prefazione al piano che comprendeva un sotto-programma per migliorare la governance e la regolamentazione del settore nucleare e un "media engagement program" per «Inculcare le sfide di tutto il settore energetico». Il governo annuncia anche un'imminente consultazione pubblica sul nucleare, ma la Peters mette già le mani avanti: «Non c'è dubbio che il nucleare giocherà un ruolo chiave nella produzione di energia di base nei prossimi anni (...). Questo dovrebbe portarci a progettare impianti di ultima generazione nucleari base-load nel periodo successivo al 2020. Includeremo nei nostri piani una serie di accordi bilaterali con l'industria nucleare e la creazione di nuove relazioni strategiche»

La Peters aveva probabilmente già in mente l'accordo nucleare con la Corea del sud che l'8 ottobre ha firmato a Seul con il ministro degli esteri sudcoreano Sing Kak-soo (nella foto con il ministro sudafricano) che stabilisce le linee del commercio nucleare tra i due Paesi, che promuove la ricerca e lo sviluppo del nucleare e lo scambio di personale. Un accordo simile è annunciato come imminente anche tra Sudafrica e Cina. Ma anche i francesi di Areva, che speravano di realizzare tutti i 12 reattori previsti nel 2008, sembrerebbero ancora della partita.

Comunque non tutti i particolari dell'accordo con i sudcoreani sono stati resi noti. Moltissimi sudafricani non sono contenti dell'ennesima svolta nuclearista del governo dell'Anc e il portavoce del ministero dell'energia non ha voluto nemmeno rilasciare dichiarazioni sulla natura della "nuclear transaction" citata nel piano e che deve essere approvata dal Parlamento, anche se nessuna data è stata fissata per il dibattito, mentre il governo fa allegramente accordi con asiatici e francesi.

La cosa non piace per nulla alla Coalition against nuclear energy  South Africa(Cane) che dice che ci sono ancora molte domande senza risposta riguardanti l'uso dell'energia nucleare come soluzione alla crisi energetica in Sudafrica. Questo network di associazioni comunitarie, Ong, scienziati, professionisti, sindacalisti, ambientalisti e semplici cittadini è preoccupato per le «Spese inutili e fortemente sovvenzionate, la sicurezza nucleare e il problema irrisolto a lungo termine dello stoccaggio del combustibile esaurito».

La portavoce di Cane,  Christine Garbett, spiega su Engineering News: «Un mix di energie rinnovabili e di idroelettrico è uguale al nucleare per fornire il carico energetico di base del Paese, ma ha il vantaggio di creare circa sette volte di più posti di lavoro sostenibili e con tutti i vantaggi di un'economia a basse emissioni di carbonio. Queste fonti energetiche alternative, come il solare a concentrazione, sono ancora costose rispetto ai costi stimati dal governo per la costruzione di centrali nucleari, però hanno omesso di includere nelle spese complessive di produzione di energia nucleare aspetti come le sovvenzioni statali, le discariche delle scorie nucleari, l'insurance liability e le esternalità che comprendono i rischi per la salute e le compensazioni per i lavoratori».

Anche per Dominique Gilbert, portavoce del Pelindaba Working Group, Gilbert spiega che «Non c'è prova che l'aumento di energia nucleare sia economicamente redditizio ma invece avrà implicazioni per la salute. "La soluzione alla crisi energetica in Sud Africa è l'energia decentrata, con le regioni che sono in grado di installare i propri impianti rinnovabili in grado di fornire energie che siano appropriate per i loro territori e le loro condizioni. Questo non creerà solo posti di lavoro locali, ma permetterà anche di produrre energia in eccesso da immettere in rete».

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