[06/10/2010] News

Portare i Paesi sviluppati davanti alla Corte di giustizia dell'Aja per crimini climatici?

LIVORNO. In occasione del summit dell'Unfccc di Tianjin, la Foundation for international environmental law and development (Field) ha presentato un documento di lavoro (Climate litigation International climate change litigation and the negotiation process) sui contenziosi climatici che si basa sulla possibilità che i Paesi in via di sviluppo più vulnerabili possano utilizzare il diritto internazionale per rompere l'attuale situazione di stallo nei negoziati intergovernativi sui cambiamenti climatici, portando i Paesi industrializzati in tribunale.

Field ha analizza l'attuale situazione giuridica e ha riassunto le sue conclusioni in un documento di lavoro più lungo, poi lo ha reso disponibile online come open wiki document per consentire ad accademici e operatori giuridici di commentarlo, criticarlo o rafforzarne gli argomenti.

L'autore del documento, l'avvocato Christoph Schwarte, spiega che «Gran parte della letteratura giuridica suggerisce che le principali nazioni inquinanti possano essere ritenute responsabili ai sensi del diritto internazionale per gli effetti nocivi delle loro emissioni di gas serra. Da ciò ne risulta che i Paesi colpiti possono avere un diritto sostanziale per chiedere la cessazione di una certa quantità di emissioni. In casi selezionati hanno anche i mezzi processuali per perseguire un contenzioso interstatale in un forum internazionale giudiziario, come la Corte internazionale di giustizia dell'Aja».

Il Climate litigation International climate change litigation and the negotiation process indica i possibili argomenti giuridici per avviare una tale causa e offre alcune osservazioni sul potenziale impatto derivante dal portare il caso davanti ad una corte internazionale o ad tribunale. Mentre esistono diversi ostacoli sostanziali e processuali nel diritto, in determinate circostanze sarebbero possibili controversie per il diritto pubblico internazionale e potrebbero diventare una moneta di scambio nei negoziati climatici.

Ma lo stesso rapporto riconosce che «E' poco probabile arrivare a giudizi severi. Schwarte spiega che «Oggi può essere messo in atto un caso credibile di controversia tra gli Stati in materia di cambiamento climatico. I governi dei Paesi in via di sviluppo sono comprensibilmente riluttanti a sfidare una delle grandi nazioni donatrici in una corte internazionale o in un tribunale. Ma questo potrebbe cambiare una volta che gli impatti dei cambiamenti climatici diventeranno ancora più visibili e che non sarà ancora trovato un adeguato accordo. Mentre gli organismi giudiziari internazionali non rischiano di emettere sentenze che colpiscono duro, il contenzioso sul cambiamento climatico può contribuire a creare la pressione politica e la guida di parti terze necessarie per rinvigorire i negoziati internazionali, all'interno o all'esterno dell'Unfccc».

La promessa/minaccia di portare i Paesi sviluppati davanti alle corti di giustizia dovrebbe servire a forzare la ripresa del processo interrotto con il sostanziale fallimento del vertice Unfccc di Copenaghen, e a dare una spinta ai progressi limitati dei negoziati sul clima: «Al ritmo del progresso attuale - dice il Field - vedere un nuovo quadro giuridico e una riduzione delle emissioni ambiziosa è improbabile nel breve termine. Come risultato di miliardi di tonnellate in più di anidride carbonica e altri gas serra verranno rilasciati in atmosfera, e molti scienziati avvertono che questo significa che le temperature globali potrebbero aumentare di 4 gradi centigradi entro la fine del secolo».

Il direttore della Field, Joy Hyvärinen, sottolinea che «I progressi dei negoziati internazionali sul cambiamento climatico non sono neanche lontanamente sufficienti a ridurre le emissioni di gas serra ad un livello sicuro. Qualcosa di nuovo è necessario per spingere avanti i negoziati. Forse un caso giudiziario internazionale potrebbe contribuire a dare un nuovo slancio ai negoziati».

 

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