[24/08/2009] News toscana

Aree green e alberature stradali: verso la "partecipazione del verde"

FIRENZE. A Milano i platani, a Grosseto le palme, mentre a Firenze tiene banco la vicenda dei pini di viale Torricelli, che i tecnici dell'amministrazione intendono sostituire e su cui per ora l'amministrazione sembra prendere tempo.

Stiamo parlando di alberi urbani: alberi malati, alberi quasi sani ma cui il clima impazzito sta mutando i cicli biologici, alberi sani che però sono situati nel posto sbagliato a causa di una inadatta pianificazione. E poi ci sono quegli alberi che, più che essere situati nel posto sbagliato, sono stati trattati nel modo sbagliato, come testimonia la condizione dei bagolari di via Forlanini a Firenze che sono stati erroneamente cementificati fino alla base del tronco, ma il discorso può valere per tutti quei molteplici casi in cui ad un esemplare arboreo urbano non viene concesso quel minimo di vivibilità che necessita in un habitat già inadatto di per sé, con trattamenti aerei (es. potature) o con interventi a terra (taglio radici, cementificazione fino al tronco) inadatti o eccessivi.

E' evidente, e abbiamo ripetutamente già sostenuto, come serva un migliore coordinamento tra gli organi incaricati di intervenire sulle strade, in modo che la mano destra del Pubblico (ad esempio una direzione ambiente) sappia cosa fa la mano sinistra (come una qualsiasi direzione mobilità e lavori stradali), cosa che spesso oggi, almeno in vari centri urbani della Toscana, non avviene. Inoltre, e anche qui niente di nuovo, urge una pianificazione del territorio che non si limiti a operare per il presente, ma che guardi al futuro per quanto attiene agli alberi urbani, puntando a sistemazioni urbanistiche e viarie che lascino lo spazio per la crescita agli esemplari arborei, e che ne garantiscano la possibilità di sviluppo aereo e sotterraneo, anche tendendo presente le evoluzioni climatiche poste come più probabili per il futuro, non solo a livello globale ma anche per la nota questione delle "isole di calore" urbane.

E tutto questo va inserito necessariamente in un contesto di sostenibilità sociale, perchè ci sono sicuramente casi in cui è il puro e semplice Nimby a guidare la mano e le teste delle persone che si oppongono a interventi sulle alberature, ma anche casi in cui un taglio delle stesse alberature è effettivamente insostenibile dalla popolazione residente nelle vicinanze.

E nei casi in cui le esigenze della buona pianificazione del verde (e urbanistica in generale) non sono conciliabili con la necessaria sostenibilità sociale dell'intervento? Ecco che, a parere di molti (non ultima l'università di Firenze che sul tema sta portando avanti studi di ampia prospettiva) è necessario agire a monte, evolvendo il rapporto tra cittadini e alberi sotto l'aspetto della partecipazione civica.

Una "partecipazione del verde urbano" - è questa la prospettiva, già adottata in varie realtà europee (Belgio, Finlandia, Bulgaria) e negli Usa - comporta un percorso partecipativo duraturo che coinvolga la popolazione, i tecnici, i politici e tutti gli altri possibili stakeholders e che sia focalizzato su un più profondo e consapevole rapporto con le alberature e con le aree verdi urbane e suburbane.

Nel dettaglio si tratta di iniziative (non puntuali, ma sistematiche e incatenate alle altre azioni per la partecipazione civica attuate dalle varie comunità) atte a incrementare la consapevolezza dei tecnici e della popolazione verso le tematiche della gestione del verde urbano e, contestualmente, ad aumentare il "senso di possesso" da parte della cittadinanza sulle aree verdi: in un certo senso sussiste la possibilità (così come avviene in generale per la partecipazione) di sfruttare il Nimby volgendolo a favore dello sviluppo, tramite l'instaurazione appunto di un "senso di possesso" sugli spazi pubblici, in direzione dei quali potrebbe essere indirizzata la volontà del cittadino di "difendere il proprio giardino": e questo "proprio giardino" diventerebbe, in questa prospettiva, lo spazio pubblico.

Essendo la materia ancora sperimentale, sussiste tuttora un disaccordo tra gli esperti sul modo in cui giungere a questo obiettivo: tra gli altri appare convincente, comunque, il percorso suggerito da Ann Van Herzele del dipartimento di ecologia umana dell'università di Bruxelles (uno dei principali esperti europei in materia), che tramite azioni per la partecipazione del verde sostiene che è possibile giungere all'instaurazione di questo citato senso di possesso da parte dei cittadini sullo spazio pubblico (chiamato sense of ownership) e che ciò è realizzabile tramite percorsi di educazione reciproca e permanente tra cittadini, tecnici e altri stakeholders: nozioni di botanica e di ecologia possono essere estese alla popolazione comune, che contestualmente può edurre i tecnici su quali parti del territorio siano da essi considerate più importanti, e i motivi che sostengono questa posizione.

In generale, si tratta di iniziative partecipative che puntino ad una migliore e più integrata consapevolezza del territorio nei vari aspetti e dai vari punti di vista, che ovviamente può (e deve) avere insita anche una condivisione delle tematiche e degli obiettivi di sostenibilità, e che può anche essere di grande utilità non solo per un migliore e più sostenibile assestamento delle aree verdi urbane e suburbane, ma anche per evolvere il rapporto dei cittadini con le "proprie" alberature stradali, sia nel momento del loro impianto, sia di quello della loro vita (ad esempio per la vigilanza su di essi e quindi per le segnalazioni agli uffici competenti della varie criticità), sia della loro morte.

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