[28/09/2010] News

Se la finanza si mangia anche i gasdotti: Endesa vende a Goldman Sachs

LIVORNO. Se qualcuno ha ancora dubbi sulla finanziarizzazione dell'economia, può rileggersi con calma la notizia che riportano oggi i maggiori quotidiani italiani, sull'operazione che sta portando avanti Enel,  cedendo l'80% della controllata Endesa gas a due fondi gestiti da Goldman Sachs. Con un investimento di 800 milioni di euro dunque la finanza si mangia qualcosa di molto concreto e di molto materiale:  3800 chilometri di rete di distribuzione, 600 chilometri di trasporto e 355mila punti di consegna, tutte infrastrutture da cui transita un consumo pari a 7500 Gwh.

Il Sole 24 Ore ci ricorda gli effetti immediati di questa cessione e anche il percorso che ha portato Enel a disfarsi di questa rete. Gli 800 milioni incassati infatti avranno un impatto positivo sia sull'indebitamento del gruppo, sia sul risultato consolidato ante imposte e rientrano in un più ampio piano di dismissioni deciso dall'Enel: la rete ad alta tensione spagnola è già stata ceduta all'authority iberica, mentre tra pochi mesi dovrebbe essere la volta della centrale a lignite di Maritza in Bulgaria, sulla quale forse vale spendere due parole, visto che appena un paio di mesi fa l'Enel aveva inaugurato l'impianto rimesso a nuovo. In questo impianto Enel ha investito oltre 700 milioni di euro, 160 dei quali sono stati dedicati alla riduzione dell'impatto ambientale. Ricordando che comunque si tratta  sempre di un'altamente inquinante centrale a carbone, sono stati aggiunti due nuovi desolforatori (FDGs) in grado di abbattere le emissioni di SO2 di oltre il 94 per cento; è stato costruito un nuovo sistema di gestione delle acque che permette di ridurre i consumi di oltre il 50 per cento, e sono stati installati gli unici due impianti di depurazione delle acque operativi in tutta l'area di Stara Zagora; infine, i nuovi sistemi di filtratura montati nel nuovo impianto permettono di abbattere le polveri del 99,8 per cento.

Al di là  delle singole operazioni, assistiamo comunque a interventi che hanno come unico obiettivo quello di ridurre l'indebitamento finanziario del gruppo, che a sua volta è uno dei parametri principe per la valutazione di un soggetto da parte delle agenzie di rating. Ecco dunque come il cane dell'economia si morde la coda e si ritrova costantemente sotto scacco da parte della finanza: per i suoi debiti (finanziari) l'Enel è a rischio declassamento da parte delle agenzie di rating e quindi vende i suoi gioielli (sarebbe effettivamente scorretto parlare di svendita, visto che gli analisti hanno giudicato molto conveniente per Enel l'operazione, anche se attenzione, gli analisti altro non sono che rappresentanti di enti finanziari)  ... ad altri fondi di investimento.

Quindi chi valuta, chi giudica e chi compra in realtà risponde ai medesimi input, e invece chi vende si trova sempre più spesso a investire non perché crede nella convenienza di certe operazioni (ad esempio il miglioramento dell'efficienza di una centrale come quella di Maritza), ma soltanto perché sa che una volta eseguito il restyling la centrale potrà essere venduta a molto di più. Esattamente quello che accade con la rendita immobiliare, il fine è soltanto quello di costruire castelli di carta fino a quando il castello non crollerà su stesso, come avvenuto con la crisi del 2008, che così poco ha insegnato ed economisti e politici.

Con una preoccupazione in più: il sogno nucleare di Enel. Enel probabilmente sa bene che l'atomo non è conveniente neppure economicamente, ma dal punto di vista finanziario il rinascimento nucleare italiano vuol dire moltissimo, anche se poi le centrali fossero lasciate a metà, o magari terminate o gestite  da altre proprietà facenti capo a qualche fondo di investimento di cui  difficilmente si potrebbe risalire al vero proprietario. Con buona pace della trasparenza e delle responsabilità. E quindi della sicurezza.

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