[16/09/2010] News

L’Onu boccerà il progetto Cdm della centrale a carbone Indiana a “basso consumo”?

LIVORNO. L'United Nations executive board per il Clean development mechanism (Cdm), che vigila sul secondo carbon market più grande del mondo, sarebbe pronto a bocciare la richiesta di crediti negoziabili fatta da una centrale a carbone dell'India.

Secondo il Cdm Watch, un gruppo ambientalista che vigila sulle frodi nel mercato delle quote di emissioni, sotto la mannaia dell'ufficio Cdm dell'Onu finirebbe la centrale dell'Adani Power Ltd (Apl) a Tirora, nello stato del Maharashtra, nell'India centrale, che dovrebbe entrare in attività nel 2011 e che «Non ha bisogno dei crediti in quanto le politiche energetiche dell'India forniscono  sufficienti incentivi».

La centrale di Titora era stata presentata come a basso consumo energetico perché produrrebbe circa il 15% cento di emissioni in meno rispetto alle tecnologia convenzionali utilizzate in India, un documento in questo senso, con la richiesta dei contributi, era stato presentato alla Uniteed Nations framework convention on climate change (Unfccc)  che supervisiona il programma Cdm previsto dal Protocollo di Kyoto.

La Maharashtra Adani Power Limited (Apml) è la società consociata dell'Adani Power Limited. Che realizzerà la centrale a carbone "ad alta efficienza" di Tirora utilizzando la "coal-fired super-critical technology" che dovrebbe abbattere le emissioni di gas serra e produrre 1320 MW (2 x 660 MW), con un'efficienza valutata al 41,39%, molto più alta della media delle centrali a carbone indiane che è del 30,05%. L'elettricità prodotta verrà distribuita in rete livello locale, regionale e nazionale di rete.

I giornalisti indiani hanno cercato di contattare ad Ahmedabad, dove ha sede l' Adani Power, il vicepresidente dell'impresa energetica, Vineet Jain, ma si è rifiutato di fornire qualsiasi chiarimento sulle difficoltà incontrate dal progetto, sia per e-mail che per telefono. L'imbarazzo sembra palpabile, visto che quella dell'Apl è l'ultima delle disavventure che puzzano di frode all'Onu ed al mercato internazionale dei progetti  Cdm asiatici, ma sarebbe meglio dire del Cdm di Cina e India, i due Paesi emergenti che fanno il bello e il cattivo tempo sul carbon market.

Cdm Watch, una rete di Ong internazionali nata nel 2009,  sottolinea che «Anche se il Clean development mechanism ha mobilitato migliaia di progetti nel corso degli ultimi anni, il Cdm ha innescato gravi preoccupazioni riguardo all'integrità ambientale dei suoi progetti e sul suo contributo reale allo sviluppo sostenibile». Il network ambientalista che vigila sui progetti  Cdm dice che «L'obiettivo finale è quello di aiutare ad assicurare che l'attuale Cdm, nonché un meccanismo post- riforma 2012, dia risultati efficaci per la riduzioni delle emissioni che siano reali,  misurabili, permanenti, verificati in modo indipendente e che contribuiscono allo sviluppo sostenibile nei Paesi che ospitano i Cdm».

Gli ambientalisti accusano il Cdm executive board dell'Onu di non aver agito finora nonostante  numerose attività e metodologie dei progetti Cdm presentati non soddisfino i criteri di integrità ambientale e sviluppo sostenibile. Questo era senz'altro vero nel 2009, quando il Board Cdm concesse 6 milioni di crediti ai progetti Cdm che in maggioranza riguardavano due progetti per la distruzione di gas Hfc-23, un settore in mano ai cinesi, ma i progetti si sono rivelati un aggiramento delle regole e addirittura un incentivo a produrre Hfc-23 per poi distruggerlo a pagamento.

Il Cdm si sta rivelando un meccanismo molto, forse troppo, complesso e troppo basato su rapporti diretti con le industrie (e i governi) che escludono le comunità locali interessate da progetti Cdm. Ma spesso ci si imbatte in multinazionali e imprese statali che sono politicamente molto più potenti delle comunità locali oppure le tengono buone con il ricatto occupazionale. E' il caso dell'Adani Group, un'impresa che ha interessi in vari settori: dal commodity trading alle raffinerie di petrolio, dalle infrastrutture ai servizi. Il tutto sotto il cappello dell'Adani Enterprises, una  potenza economica che esporta circa 70 diversi prodotti indiani in 60 Paesi in tutto il mondo.

Un rapporto che mette in luce le esperienze delle aziende che hanno avuto un ruolo guida in questo settore e fornisce un punto di riferimento per le imprese che si trovano a  valutare per la prima volta gli impatti dei cambiamenti climatici nella loro pianificazione.

In un'area dove la politica del governo è ancora in divenire, questo rapporto individua anche le modalità migliori con cui le leve politiche pubbliche possono essere utilizzate per sostenere l'azione del settore privato per l'adattamento ai cambiamenti limatici, per garantire una sincronia delle azioni su tutti i settori dell'economia, le imprese private e quelle  del settore pubblico.

Il tema dell'adattamento climatico è ormai chiaro. Spetta a tutti noi, le imprese e governo insieme, agire ora per garantire che la nostra economia sia messa nelle migliori condizioni per prosperare in futuro - qualunque sia il tempo.

Torna all'archivio