[15/09/2010] News

Il World energy congress apre alle rinnovabili ma chiede finanziamenti pubblici per la "transizione"

LIVORNO. A Montréal, in Canada, è in pieno svolgimento il World energy congress (Wec), il summit delle grandi multinazionali e imprese statali dell'energia organizzato ogni tre anni dalla loro associazione: il World Energy Council. Si tratta del primo multi-energy forum internazionale che ospita una grande esposizione del settore energetico e assicura di essere «Un'occasione per i partecipanti per apprendere meglio le questioni e le soluzioni energetiche da un punto di vista globale». Il congresso di Montréal, che termina domani, vuole rappresentare una svolta storica nei congressi Wec, per questo il capoluogo del Quebec ospita anche il  Financial Times - Wec Energy Leaders Summit, che si tiene per la prima volta in una città diversa da Londra, e il Youth Program è completamente integrato alle iniziative del Wec.  

A Montréal sono presenti circa 5.000 top world leader nel campo dell'energia, in rappresentanza di industrie, governi e organizzazioni internazionali, ma anche di media, università ed associazioni dell'industria energetica. Il Wec si è anche adoperato perché al congresso siano adeguatamente rappresentati i Paesi in via di sviluppo.

Ma il Wec del Quebec potrebbe dare l'annuncio di una svolta in vista della Conferenza delle parti della Climate change convention dell'Onu a Cancun:  «il World Energy Council si impegna più che mai a promuovere una crescita responsabile, che unisca sviluppo economico, protezione dell'ambiente e riduzione delle ineguaglianze planetarie. Il momento scelto, settembre 2010, é cruciale: 9 mesi dopo la Cop 15 di Copenhagen e solo qualche mese dopo il Summit del G8 in Canada. L'industria dell'energia cerca quindi attivamente delle soluzioni per "agire adesso sugli impegni planetari". In effetti, il contesto internazionale esigerà una collaborazione accresciuta e senza precedenti tra l'industria e I governi, che dovranno raddoppiare gli sforzi per integrarsi con le economie emergenti così come con la diversità e la complessità delle sfide poste dai bisogni dell'umanità.

Dopo i saluti delle autorità canadesi, il Wec è stato aperto da Khalid Al-Falih, presidente della Saudi Aramco che ha spiegato che «L'industria dell'energia deve diversificarsi, contare meno sulle fonti classiche, come i combustibili fossili, e favorire le fonti di "rimpiazzamento", come l'energia eolica, l'energia solare e l'energia nucleare. Una tale transizione si estenderà nel tempo e, in attesa, occorre trovare delle fonti supplementari per soddisfare la domanda di energia che cresce sotto l'effetto dell'accelerazione dell'industrializzazione delle economie emergenti e dell'aumento della popolazione mondiale».

Però le cosiddette energie di "transizione" che emergono dal dibattito e dai comunicati del Wec sono preoccupanti: oltre al nucleare ci sono infatti anche le sabbie bituminose (in particolare quelle canadesi) e gli idrocarburi dell'Artico, cioè le due fonti di nuove energie fossili che sono dal punto di vista ambientale ancora più devastanti di quelle "classiche". Il Wec però per la prima volta sottolinea che è necessario «Un mix appropriato di energia», che integri quelle "classiche" con le rinnovabili, anche se afferma che le energie fossili restano indispensabili durante la transizione. Al-Falih  ha detto che «Carbone, petrolio e gas naturale dovrebbero rappresentare circa i quattro quinti dell'energia consumata nel corso dei prossimi decenni. Parallelamente, saranno messe a punto delle tecnologie per rendere il petrolio più rispettoso dell'ambiente e più efficace».

Ma le onde della marea nera del Golfo del Messico sono arrivate anche alla Wec canadese e  Al-Falih si è speso per assicurare che «Il dossier dell'industria in materia di sicurezza è migliore di quel che le immagini di questi ultimi mesi potrebbero far credere all'opinione pubblica. Oggi, l'industria ha capacità accresciute e dispone di attrezzature più sofisticate e la catena di approvvigionamento del petrolio è più solida che mai».

Peter Voser, il direttore dalla Royal Dutch Shell, ha detto invece che «Il gas naturale rappresenta una rivoluzione nella sicurezza energetica, particolarmente nel settore della produzione di elettricità. Il gas naturale è il mezzo più rapido, meno caro e più facile per ridurre le emissioni di carbonio negli anni a venire».

Sembra che il disastro del Golfo e l'avvicinarsi di Cancun abbiano consigliato alle Big Oil una ritirata strategica di pochi centimetri, per asserragliarsi in una comoda trincea da dove concedere un passo in più al mercato delle rinnovabili, nel quale del resto si stanno impegnando come "succedaneo" dei loro colossali affari e magari come gradito elemento di nuovi guadagni e di operazioni di greenwashing planetarie. 

A riportare tutti con i piedi sulla terra e a far scendere le Big Oil dal piedistallo di virtuosità che si erano appena costruite ci ha pensato Sead Vilogorac, il capo del settore energia della Commissione economica per l'Europa dell'Onu, che ha ricordato alle multinazionali dell'energia che «Le sovvenzioni per I prezzi del petrolio greggio in certi Paesi falsano l'equilibrio tra l'offerta di energia e le tariffe. Le sovvenzioni sono anche responsabili di importanti emissioni di CO2. I produttori di energia hanno bisogno di mercati di capitali solidi e di una struttura regolamentatrice coerente in materia di investimenti, il che oggi non avviene sempre. Spero che le imprese e i governi pervengano ad un consenso sul modi di andare avanti in questo settore».

La realtà è però che le multinazionali energetiche hanno sempre più bisogno dell'intervento pubblico per garantirsi i loro guadagni. Uno che di commistione tra industrie energetiche e Stato se ne intende, il presidente del Wec ed ex amministratore delegato di Electricité de France (Edf), Pierre Gadonneix, ha spiegato all'agenzia Afp che «Di fronte alle sfide della lotte contro il riscaldamento climatico, il settore energetico ha bisogno di politiche pubbliche stabili e visibili per orientare i suoi investimenti. Il mondo dell'energia prende coscienza che tutti i grandi impegni per lo sviluppo sostenibile, degli impegni complessi che implicano investimenti a lungo termine, non possono essere messi in opera dal solo mercato».

Insomma, il libero mercato serve quando c'è da trivellare e da fare affari con chiunque, anche con i peggiori regimi del pianeta, ma per investire in un futuro più pulito le imprese più ricche del pianeta vogliono essere foraggiate dal pubblico. Gadonneix lo spiega senza pudore alcuno cosa sia questo strano liberismo energetico che ha tenuto in piedi con molto denaro pubblico la rivoluzione iperliberista e neoconservatrice: «Un buon equilibrio tra le politiche pubbliche, la regolamentazione, le tasse, le sovvenzioni, e gli investimenti privati». Peccato che nel Golfo del Messico (e altrove) prima, durante e dopo il disastro, le lobby petrolifere abbiano rifiutato controlli e regolamentazioni e tasse, corrotto le agenzie che dovevano controllarle e assoldato i politici per non far passare al Congresso le politiche "virtuose"... e che poi abbiano chiesto solo finanziamenti e facilitazioni ambientali.

Ma il presidente del Wec spiega che «Al fine di permettere gli investimenti nelle infrastrutture di cui il mondo dell'energia ha bisogno per rispondere alle trasformazioni causate dal prosciugamento delle fonti di petrolio e dalla richiesta di energia pulita fatta dall'opinione pubblica mondiale, gli industriali hanno bisogno di una visibilità a lungo termine per assicurarsi una redditività dei loro investimenti. Parteggio per delle politiche pubbliche che siano stabili e visibili. Attualmente, esiste uno scarto tra le legislazioni n messe in campo in diversi Paesi per combattere il global warming e gli impegni presi alla Conferenza di Copenhagen, in  dicembre, di limitare a 2 gradi l'aumento medio della temperatura del pianeta. La prossima Conferenza dell'Onu sul clima che si terrà nella stazione balneare messicana di Cancun dal 29 novembre al 10 dicembre, deve permettere di lavorare all'uniformazione di queste misure. L'impegno di Cancun è quello di vedere come fare perché tutti questi contributi permettano su scala mondiale di avere un'azione che permetta di limitare il riscaldamento climatico a 2 gradi».

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