[15/09/2010] News toscana

I tagli non bastano a un riassetto serio delle istituzioni regionali

LIVORNO. Che la strada dei tagli intrapresa da Rossi fosse tutta in salita lo avevamo capito fin dalla prima uscita. D'altronde lo si era già visto con i tagli pesanti imposti dal governo. Ma nel caso toscano c'era e c'è una differenza sostanziale che non può essere ignorata. Qui i tagli puntano non soltanto a spendere meno anche laddove per la verità sarebbe difficile parlare di sprechi. La riduzione della spesa si accompagna, infatti, all'obiettivo di rendere la struttura amministrativa meno costosa ma anche più efficace ed efficiente.

Finalità di cui non c'è traccia invece nei provvedimenti nazionali sebbene improntati a chiacchere al federalismo ma di fatto volti unicamente a rafforzare il centralismo nella sua versione più burocratica tale da far rimpiangere per più d'un verso persino quella prefettizia del passato, checché dicano tra un ‘ampolla' e l'altra i leghisti a Venezia.

Il punto delicato dell'operazione avviata da Rossi riguarda perciò non solo la riduzione delle risorse anche per i consigli di amministrazione etc, ma l'articolazione regionale in rapporto ai ruoli delle province, dei comuni e di quei soggetti istituzionali non elettivi ma preposti su una base concertativa a gestioni non aziendali o settoriali, ma di programmazione regionale e nazionale.

Ci sono aspetti come i boschi, le aziende agricole per i quali si parla di aziende e gestioni regionali che dovrebbero assorbire anche realtà oggi inserite in quelle gestioni non settoriali ma pianificate ed integrate - penso al parco di San Rossore - che sarebbe assurdo e sbagliato ricondurre a Firenze. Boschi, realtà agricole importantissime sono già inserite o dovranno esserlo in quei piani forestali, agricoli di cui si è tornati a parlare, che fanno già capo a gestioni dei parchi nazionali e regionali o comunque a gestioni collaborative istituzionali e che non debbono traslocare altrove o comunque essere reimmessi in binari settoriali.

Una politica di programmazione regionale sarà tale ed efficace se saprà -come invece finora non è accaduto nella misura necessaria- mettere davvero in rete ciò che oggi non è soltanto separato dai livelli istituzionali ma anche da una settorialità che contraddice a qualsiasi politica integrata. E un parco regionale o nazionale non è un'agenzia riducibile anche ad un commissario ma un ente che deve comunque garantire un minimo indispensabile di rappresentatività delle istituzioni coinvolte. E il presidente come il sindaco non lo si fa a tempo perso.

A questo non facile riassetto gioverà anche e non poco se si riprenderà il discorso interrotto da troppo tempo su leggi come quella sui parchi e sulla stessa legge del 2005 sul governo del territorio che debbono rimettere a punto ruoli, ad esempio delle province ma anche dei piani ad esempio in rapporto al paesaggio. E' il solo modo per evitare anche che questa scelta coraggiosa non scada in una diatriba su qualche poltrona o gettone in più o in meno.

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