[10/09/2010] News

L’industria dell’uranio australiana preoccupata per il nuovo governo appoggiato dai Verdi

LIVORNO. L'industria mineraria australiana dell'uranio è fortemente preoccupata per il nuovo governo di minoranza laburista, soprattutto perché si reggerà sull'indispensabile appoggio dei Verdi e di due indipendenti che non sembrano avere molta simpatia per le miniere di uranio.

L'Australia ha le più grandi riserve di uranio "accessibili" del mondo e le multinazionali del settore speravano in una vittoria dei conservatori o in un governo laburista "solido" per posizionarsi ancora meglio sul mercato dell'energia nucleare, guardando soprattutto a cinesi ed indiani. Ma per colossi dell'uranio come la Paladin e Energy resources of Australia (Era) le elezioni del 21 agosto e le tribolate trattative successive sono state un vero e proprio colpo, accusato anche in borsa. L'unico ed indispensabile deputato verde e la decina di senatori dei Green Australia sono diventati il loro incubo.

«L'industria sta guardando da vicino quello che potrebbe succedere con un nuovo accordo con i Verdi» ha detto  il portavoce dell'Australian uranium association, Simon Clarke - Ci aspettiamo il mantenimento del precedente status quo, ma pensiamo anche certamente che sia possibile che una delle passioni politiche dei Greens, cioè l'opposizione alle miniere di uranio, sia uno dei punti presi in considerazione nell'accordo con i laburisti». E infatti è proprio così.

L'Australian uranium association (Aua) è una potente lobby che ha condizionato molto le politiche laburiste nel settore e guidato per mano quelle dei liberali, e ne fanno parte Era, una controllata della gigantesca multinazionale Rio Tinto, e la Bhp Billiton che hanno in piedi piani per 20 miliardi di dollari per ampliare l'Olympic Dam una miniera di uranio e rame in Australia, la quarta riserva di uranio conosciuta più grande del mondo, e che vorrebbero quadruplicare la sua produzione fino a 19.000 tonnellate all'anno.

L'industria dell'uranio spera ora che i Verdi non premano sull'acceleratore e che comunque una santa alleanza mineraria lib-lab alla fine riesca a respingere un loro attacco alle miniere. Ma qualcuno ricorda che i laburisti fino al 2007 si opponevano alle miniere di uranio, per poi cambiare idea quando si trattò di vendere uranio alla Russia.

L'industria mineraria chiede anche al nuovo governo della premier Julia Gillard rassicurazioni sulla conferma del suo progetto d'imposta del 30% su ferro e carbone e chiede che non venga esteso all'uranio. Un boccone praticamente indigeribile per i Verdi, l'unico partito che è cresciuto nelle ultime elezioni, che in campagna elettorale hanno proposto di estendere la Mineral Resources Rent Tax  alle miniere di uranio, ma il ministro laburista delle risorse, Martin Ferguson, aveva respinto la proposta e dato garanzie scritte all'Aua che questo non si verificherà.

Nel suo accordo con i verdi firmato il primo settembre la Gillard si impegna a lavorare duramente sulla questione del cambiamento climatico, una cosa che con le miniere di carbone e di uranio ha strettissima attinenza, e a mettere in piedi una commissione di esperti che fornisca consulenza al governo formata da persone «Che riconoscono che per ridurre l'inquinamento da carbonio entro il 2020 sarà necessario un carbon price». Questo gruppo di lavoro dovrebbe essere istituito entro la fine di settembre ed avere già un piano di lavoro.

L'impegno preso dai laburisti con i Greens  è quello di una riunione settimanale con il primo ministro per discutere «E negoziare qualsiasi normativa prevista». In più, il Labor ha promesso di tenere in considerazione le proposte del partito verde come potenziali leggi. Tra questa ci sono le misure  anti-nucleari che vanno dalla chiusura di tutte le miniere di uranio e allo stop al nuovo reattore di ricerca Opal, fino all'obbligo per le imprese minerarie di stoccare e mettere in sicurezza le scorie delle miniere di uranio per almeno 10.000 anni.

L'Australian uranium association chiede che tutto questo non si traduca nell'abbandono del sostegno laburista all'esportazione di uranio e assicura di essere in possesso di rigorosi standard ambientali e di sicurezza che consentirebbero di aprire nuove miniere. Altrimenti l'Australia, con le sue enormi riserve, perderebbe ogni credibilità internazionale interrompendo le forniture di uranio. Secondo la World Nuclear News, l'agenzia di stampa delle multinazionali del nucleare, l'esportazione di uranio vale attualmente 1 miliardo di dollari australiani (910 milioni dollari) all'anno e l'Aua spiega che questo consente agli altri Paesi di non emettere in atmosfera 400 milioni di tonnellate di CO2 all'anno. «Il più grande contributo australiano alla mitigazione dei cambiamenti climatici». Insomma, i Greens dovrebbero essere contenti: il nucleare e le miniere di uranio fanno bene all'ambiente... Sarà difficile convincerli con questi "argomenti".

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