[09/09/2010] News

E' green marketing, bellezza

LIVORNO. E' lo shopping, bellezza, che fa girare l'economia mondiale. Superata ormai l'era del consumismo, dei bisogni indotti e compagnia cantante, siamo entrati (da un bel pezzo) nel must del comprare per comprare. Una doverosa premessa di fronte ai risultati, anticipati oggi dall'inserto Nova del Sole24Ore,  della ricerca di Sda Bocconi (curata da Davide Reina e Silvia Vianello), che sarà presentata a un workshop sul green marketing a Milano il 7 ottobre. Di positivo c'è - si legge nell'articolo -  che «i concetti green stanno entrando nel Dna delle aziende italiane, non sono più soltanto qualcosa di facciata o perseguito per moda -spiega Reina -. Il  70% delle aziende (su un campione di 171, ndr) dice infatti che usa il green marketing per diventare più competitiva; il 66% vi vede un'opportunità di crescita». Contro un 65% che ancora lo fa per "migliorare l'immagine aziendale"».

Secondo i ricercatori, ma è opinione che già da tempo anche greenreport ha fatto sua,  i prodotti verdi servono a crescere proprio in tempo di crisi: «faccio due esempi - dice Reina - . Philips con le lampade a risparmio energetico ha avuto successo durante la recessione. Nel 2008-2009 il mercato dell'auto italiano è stato piatto, ma le vendite dei modelli a doppio combustibile, metano e benzina, sono aumentate di cinque volte». La crisi «Ha imposto il concetto che il green è efficienza e risparmio. Due valori che ora stanno molto a cuore dei consumatori; certo più dell'ecologia fine a sé stessa» precisa Reina.

Ma il guaio è che «non tutti i settori hanno imparato a sfruttare quest'opportunità. Quello dell'auto, per esempio, ha grosse difficoltà a farlo, a differenza di quello dell'edilizia abitativa e industriale. Per il mercato dell'auto, l'ecologia è ancora una grossa opportunità non sfruttata». Una prova del generale disallineamento tra domanda e offerta: il 44 % delle aziende ritiene che i prodotti green debbano costare di più; ma solo l'11% dei consumatori è d'accordo. Posizioni inconciliabili: se non c'è intesa sul prezzo tra le parti, non c'è vendita e il mercato non può crescere, si legge sempre sul Sole. Ma perché? «Non è solo un problema di comunicazione, ma anche un difetto di analisi continua Reina -. Per parlare di risparmi, con trasparenza e precisione, del tipo questo prodotto ti costa di più, ma in un anno ti fa risparmiare ancora di più in energia elettrica; le aziende dovrebbero fare un'analisi a monte. Confrontare la struttura dei costi di un prodotto green con quelli di un analogo non ecologico. Ma poche lo fanno, perché è dispendioso». Il 96% delle imprese - infatti - «crede che gli investimenti in green marketing porteranno benefici nel medio-lungo periodo, ma non sanno come misurarli». La soluzione per Sda Bocconi - conclude il pezzo - «è investire non solo nel lancio di prodotti verdi, ma anche negli strumenti di analisi e comunicazione dei loro vantaggi».

Ma per capire fino in fondo quello che sta accadendo è doveroso aggiungere qualche informazione sfuggita sia all'autore dell'articolo sia, anche se non abbiamo avuto ancora l'opportunità di leggere tutta la ricerca, dagli autori dello studio. Parlando di prodotti green bisogna per forza parlare di quelli riciclati. E se si osserva il marketing di questi prodotti ci accorgeremo del fatto che essi non godono di praticamente alcuna copertura mediatica o quasi. I motivi sono molti, ma tra questi anche le difficoltà di piazzarli sul mercato e i costi della loro produzione. Bisognerebbe indagare sulle difficoltà specialmente in Italia di reperire materia seconda di qualità e poi appunto dell'immissione nel mercato dei prodotti finiti. Una mano dovevano darla le amministrazioni pubbliche costrette per legge agli acquisti verdi, ma i risultati sono prossimi allo zero. Pochi gli esempi virtuosi anche dell'utilizzo del compost, per non parlare dell'utilizzo (ci sarebbe anche una legge) dei rifiuti inerti per i fondi autostradali. Tutti prodotti green. E ci fermiamo qui per non mettere troppa carne al fuoco.

Risulta comunque evidente anche da questo studio l'importanza di tenere assieme l'intero ciclo di vita dei prodotti e la necessità di effettuare bilanci ambientali così come la comunicazione/informazione (anche) dei media generalisti in tema di rifiuti dovrebbe tener conto del tutto e non della singola parte. Detto in altre parole valutare gli effettivi riciclaggi e l'uso dei riprodotti e non concentrarsi solo sulla raccolta differenziata che è solo una parte di un meccanismo che se non funziona nella sua interezza va clamorosamente a gambe all'aria. Per una svolta davvero green del mercato - ribadendo che in una logica di shopping per fare shopping i risultati di contenimenti sui flussi di energia e di materia saranno sempre minimi - bisognerebbe quindi ribaltare clamorosamente tutti i messaggi pubblicitari che vengono dati oggi. Con il pubblico primo esempio di buone pratiche...

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