[06/09/2010] News

Ippnw: «Le miniere d’uranio sono un crimine contro l’umanità»

LIVORNO. L'ultimo Consiglio internazionale dell'International physicians for the prevention of nuclear war (Ippnw), tenutosi a Basilea, in Svizzera, ha approvato una mozione che chiede il divieto di estrazione e produzione di yellowcake (ossido di uranio) e che definisce entrambi i processi come «irresponsabili e una grave minaccia per la salute e l'ambiente». La risoluzione definisce le miniere di uranio e la produzione di yellowcake come una «violazione dei diritti umani. Il diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza, all'integrità fisica, l'autodeterminazione, la tutela della dignità umana, il diritto all'acqua pulita, sono solo alcuni dei diritti che sono colpiti dalle miniere di uranio e dai loro processi».

L'Ippnw è una federazione di organizzazioni mediche nazionali di 62 Paesi alla quale partecipano migliaia di dottori e studenti in medicina ed altri lavoratori della sanità che hanno l'obiettivo di liberare il mondo dall'incubo dell'olocausto nucleare. E' stata fondata nel 1980 da medici degli Usa e dell'ex Urss che condividevano l'impegno ad evitare una guerra nucleare tra i due Paesi. Nel 1985 l'Ippnw ha ricevuto il Premio Nobel per la pace ed ha continuato il suo lavoro anche dopo la fine della guerra fredda e il crollo dell'Urss perché nel mondo restano ancora migliaia di armi nucleari e un'industria nucleare dove il confine tra militare e civile è spesso inesistente e proliferano nuove potenze atomiche "minori" che potrebbero scatenare un conflitto di dimensioni "regionali" ma che potrebbe mettere a rischio l'intero pianeta, coinvolgendo un miliardo di persone in una "carestia nucleare".

La risoluzione di Basilea fa seguito alla conferenza sulle miniere di uranio "Sacred Lands, Poisoned People" tenutasi il 26 agosto, alla quale hanno partecipato esperti di nucleare come Linda Gunter ed attivisti locali della regioni minerarie uranifere più importanti in tutto il mondo, molti dei quali in rappresentanza di popoli  indigeni, e che è stata l'occasione per uno scambio di informazione sui danni alla salute e all'ambiente prodotti da queste attività. La conferenza è terminata con una dichiarazione congiunta che chiede la messa al bando delle miniere di uranio. Le associazioni di medici tedeschi e svizzeri affiliate all'Ippnw hanno raccolto i dati presentati a "Sacred Lands, Poisoned People" e poi hanno presentato alla riunione biennale della federazione internazionale una mozione che chiedeva di vietare l'apertura di nuove miniere di uranio.

Le conclusioni della conferenza di Basilea dimostrano che l'estrazione di uranio contamina le acque sotterranee e la radioattività rimane nei cumuli e nei bacini sterili in evaporazione, spargendo nell'ambiente  i suoi elementi radioattivi altamente tossici. «Attaccano gli organi interni e il sistema respiratorio - spiegano i medici dell'Ippnw - Gli studi scientifici presentati dimostrano che le seguenti malattie sono causate da esposizione al gas radon, uranio e agli elementi di decadimento dell'uranio: cancro ai bronchi ed ai polmoni, cancro del midollo osseo, stomaco, fegato, intestino , cistifellea, reni e pelle, leucemia, altre malattie, disordini psicologici e malformazioni alla nascita».

Inoltre l'Ippnw vede nelle attività minerarie uranifere un evidente collegamento con la proliferazione delle armi nucleari ed evidenzia l'immediato effetto positivo della chiusura delle miniere: «la fine della pratica dell'estrazione dell'uranio dovrebbe accelerare l'abbandono dell'energia nucleare e aumentare la pressione per il passaggio alle energie rinnovabili».

Le delegazioni della conferenza "Sacred Lands, Poisoned People" avevano chiesto «Le chiusura di tutte le miniere di uranio, della sua produzione e trasformazione, la fine dell'irresponsabile gestione delle scorie radioattive, dell' energia nucleare e delle armi nucleari». .

White Face, capo della Tetuwan (Lakota) Nation Usa ha detto che «L'estrazione dell'uranio ci ha lasciato  un'eredità tossica per molto tempo dopo che i minatori hanno fatto le valige e se ne sono andati. Il veleno della radioattività è dentro la nostra terra e nell'acqua, danneggia la nostra salute e danneggia la Madre Terra. Noi siamo con tutti gli altri di fronte a questo settore pericoloso e noi diciamo stop: lasciate l'uranio nella terra».

Azara Jalawi, vicepresidente del  coordinamento della società civile di Arlit, una popolazione tuareg del nord del Niger, aveva spiegato la situazione in cui vive la sua gente: «Ci sono due miniere sulla nostra terra e 130 concessioni per l'esplorazione. Quale sarà il nostro futuro? Siamo stati espulsi dal nostro Paese senza alcun risarcimento. Non vogliamo che le compagnie minerarie vengano qui ad avvelenare la nostra terra e a distruggere il nostro modo di vita».

Rebecca Bear-Wingfield, co-presidente dell'Australian nuclear free alliance e leader colturale delle donne di Arabunna e kokatha e Kupa Pita Kungka Tjuta, in Australia ha concluso: «La mia gente ha convissuto con l'estrazione di uranio e la sperimentazione di armi nel nostro Paese. Viviamo con il suo impatto distruttivo sulla salute, vediamo i danni alla nostra terra. Insieme con i nostri amici provenienti da tutto il mondo, dobbiamo dire di no a uranio e radioattività. Lasciarli sotto terra».

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