[30/08/2010] News toscana

Eolico in Val di Cornia: mi scappa la programmazione

LIVORNO. L'amico Bruschi (vedi link) di Legambiente Val di Cornia interviene sul problema dell'eolico spiegando che il suo appoggio al comitato contro l'eolico è giustificato da una mancata "programmazione energetica" nella Val di Cornia.

Io avevo posto il problema di avere un terreno condiviso, per poter parlare seriamente ed proposto di ritrovarci sulla legislazione esistente in Italia ed in Toscana.

Può essere questo un terreno comune ?

Bruschi non lo dice, ed insiste a chiedere ai Comuni della Val di Cornia un "piano" che stabilisca dove costruire gli impianti fotovoltaici e dove costruire quelli eolici.

A parte che gli EE.LL non hanno né i dati tecnici necessari, né una specifica preparazione e competenza, il fatto principale è che la legislazione italiana non è questa.

Le recenti "Linee guida"  dicono:

1.2. Le sole Regioni e le Province autonome possono porre limitazioni e divieti in atti di tipo programmatorio o pianificatorio per l'installazione di specifiche tipologie di impianti alimentati a fonti rinnovabili ed esclusivamente nell'ambito e con le modalità di cui al paragrafo 17.

Se ce ne fosse bisogno ancora:

10.1. ...... la costruzione, l'esercizio e la modifica di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili sono soggetti ad autorizzazione unica rilasciata dalla Regione o dalla Provincia delegata.

La procedura di autorizzazione è, per i grandi impianti, la VIA che è una procedura severa, aperta a tutti i soggetti interessati, trasparente e tecnicamente complessa. Tanto che, in Toscana, ha provocato la bocciatura di più del 60% dei progetti.

Bruschi invece pensa ad un intervento dei Comuni con il Regolamento Urbanistico che individui le localizzazioni degli impianti. Per questo continuo a dire che è un'idea soviettista, anche se in portatore sano.

Ma soprattutto è una idea che nasce da una diversa ed inesistente legislazione.

Anzi la vigente legislazione dice esattamente il contrario per quanto attiene l'autorizzazione unica:

13.4. Le Regioni o le Province delegate non possono subordinare la ricevibilità, la procedibilità dell'istanza o la conclusione del procedimento alla presentazione di previe convenzioni ovvero atti di assenso o gradimento da parte dei comuni il cui territorio è interessato dal progetto

Oggi solo le Regioni (con procedure serie e motivate e comunque tenendo conto della necessità di raggiungere gli obbiettivi complessivi)  possono individuare le aree in cui porre limitazioni agli impianti rinnovabili.

Io, per il nulla che conto, sono perfettamente d'accordo con questo quadro legislativo, anche perché i Comuni e le Provincie, quando sono intervenuti sugli impianti di mini-eolico, hanno combinato un disastro, spappolando il territorio regionale in una babele di norme, diverse e contraddittorie.

Giusto quindi che la Regione tuteli i luoghi più sensibili e più fragili, ma non ha la facoltà opposta di indicare dove impiantare le fonti rinnovabili: questa è una scelta dei soggetti privati e la Regione, dopo la VIA, ha la facoltà di dire di sì o di no.

Basta un po' di logica per capire che se lo "Stato" determinasse a priori le localizzazioni degli impianti, non avrebbe nessun senso aprire poi, per l'autorizzazione, una procedura di VIA.

Qui sta l'errore marchiano del gruppo di intellettuali che hanno firmato quel manifesto contro l'eolico apparso un paio di mesi fa: sputare sulla VIA vuol dire abbassare le tutele del territorio.

Le energie rinnovabili, caro Bruschi, non sono (solo o principalmente) un fatto da Regolamenti Urbanistici, sono l'opzione strategica più importante che hanno oggi gli Stati per dare un futuro all'umanità.

Insomma o si va ad una riconversione energetica profonda o non si garantisce futuro.

Legambiente dice bene.

I Comuni ovviamente debbono dire la loro, ed infatti nelle procedure di VIA sono ben presenti ed ascoltati, ma non hanno la possibilità di pre-ordinare l'uso del territorio per le energie rinnovabili perché non hanno le facoltà legislative e le responsabilità nazionali delle Regioni.

Dove hanno vinto le liste civiche, come a Monterotondo M.mo, la prima decisione che hanno assunto è stata quella di proibire l'eolico su tutto il territorio comunale, sia quello di potenza che il mini-eolico. Un Paese serio può tollerare atti di secessione unilaterali dagli interessi strategici?

Non credo legittimo che normative locali annullino le leggi nazionali o regionali ed è per questo che ritengo i movimenti "civici" di impronta leghista anche quando non lo sanno neppure loro.

L'idea che Regione, Comuni e Provincie siano i tre porcellini della favola, intercambiabili ed indistinti,  è costituzionalmente sbagliata, già che di Costituzione si parla molto.

Se non si rivaluta il ruolo legislativo e decisionale della Regione poi arriva un Bertolaso o un qualche ministero, come già vorrebbe fare per il nucleare, decide lui e si becca pure l'applauso dei cittadini.

Il pericolo, Grassi (vedi link), sta nella impotenza burocratica, nelle guerre di competenze, nei rinvii e nella sordità dello "Stato". Per questo dico che le Linee Guida sono benvenute, perché ristabiliscono procedure semplici e verificabili di decisione.

Il federalismo ha davvero bisogno di fondarsi su un ritrovato equilibrio tra Enti Locali e Regioni; non può rimanere tutto come ora.  Facciamo i progressisti, perdio. E comunque ripeto la domanda: ci troviamo sulla piano comune della legislazione vigente, caro Bruschi, o continuiamo a disegnare sull'acqua?

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