[18/08/2009] News

Il nostro punto di vista sul lavoro e sulla conoscenza

FIRENZE. Di questi tempi in cui sembra che gli italiani abbiano perso il ben dell'intelletto può apparire bizzarro continuare ad affrontare i temi del lavoro e riprenderli anche in chiave di federalismo solidale, fosse solo per non lasciare alla Lega bossiana il monopolio di questioni, gabbie salariali escluse, che alla luce della crisi globale del sistema finanziario e produttivo capitalista acquistano nuova rilevanza.

Servirebbe un nuovo patto per il lavoro a valenza regionale che definisse principi e regole di riferimento a cui ispirarsi, promuovendo un dibattito capace di coinvolgere quanti intendessero concorrere a questo processo di rinvigorimento del nostro modello di democrazia fondato sul Lavoro.
Di questo ipotetico patto, fondamentale è il "punto di vista".

Ogni fase della storia ha avuto la sua modernità, caratterizzata da elementi che ne qualificavano la natura e il modo d'essere. La nostra lo è, almeno nei paesi sviluppati, dalla tendenza concreta al superamento della millenaria scissione tra lavoro intellettuale e lavoro manuale. Lo sviluppo scientifico e tecnico, l'istruzione di massa hanno radicalmente cambiato l'universo del lavoro.

Oggi ha futuro solo il lavoro che sa.

Non si può continuare a tenere distinti "conoscenza" e "lavoro" che si pone anche come cultura e come conoscenza tecnica, da considerare non come attributi insieme ad altri ma come l'essenza stessa del lavoro, e che ne determinano il valore reale, anche di mercato.

Le attività ad alta intensità di conoscenza sono dinamiche anche nella crisi e percentualmente rappresentano la maggioranza: dai servizi come TLC, informatica, intermediazione finanziaria, ricerca e sviluppo, alle attività dedicate al tempo libero; dai servizi alle persone alle attività di consulenza, ai servizi preposti a soddisfare diritti costituzionalmente garantiti (istruzione, sanità, giustizia, ecc.). Anche all'interno delle categorie operaie è cresciuta la quota di lavoro che richiede elaborazione simbolica e conoscenze sempre più ampie.

Oggi la caratteristica fondamentale del lavoro non è data dalla forma in cui viene erogato: subordinato o autonomo, imprenditoriale o atipico, ma dalla "qualità della prestazione", cioè dal livello di "conoscenza" e di "capacità" in essa contenuto, che spesso ne determina il corrispettivo. Si sono create le condizioni materiali perché il lavoro conquisti la sua autonomia, manifesti la sua essenza liberatoria come realizzazione della persona umana.
E' questo il senso di una nuova centralità del lavoro, dei lavori, come valore sociale nell'ambito della sostenibilità dello sviluppo.

Può apparire démodé considerare il lavoro, e non l'impresa e il mercato globale, come l'elemento che definisce e qualifica la modernità in quest'inizio di millennio. Ma oggi la cultura dell'impresa, intesa sia come cardine della società e dei suoi valori sia come motore dello sviluppo, della creazione di ricchezza e di benessere, è in crisi proprio perché ha svilito il lavoro.

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