[17/08/2010] News

I "double standards" per il nucleare vietnamita dividono Cina ed Usa (e l‘Asean)

LIVORNO. Secondo quanto scrive The Hindu, gli analisti strategici cinesi hanno messo in cima alle loro preoccupazioni il prossimo accordo nucleare tra Usa e Vietnam, con il quale gli ex nemici ed invasori americani darebbero al governo comunista di Hanoi combustibile e tecnologia nucleare e il loro sostegno politico perché il Vietnam abbia il diritto di arricchire il suo combustibile. Insomma, all'ex nemico che è costato una sanguinosa sconfitta agli Usa, verrebbe garantito quel che è vietato ai nuovi "Stati canaglia". La bozza di accordo discussa ad aprile prevede che imprese statunitensi come General Electric e Bechtel possano vendere senza restrizioni reattori nucleari e di altre apparecchiature atomiche al Vietnam.

Zhai Dequan, segretario generale aggiunto della China arms control and disarmament association, ha detto a The Hindu: «Qualsiasi mossa per consentire al Vietnam, o ai vicini della Cina, di arricchire il loro uranio sarebbe proprio un "double standards" da parte degli Usa e minerebbe gli sforzi degli Usa per rafforzare la regime di non proliferazione. Se l'accordo nucleare Usa-Vietnam fosse una copia dell'accordo degli Usa con gli Emirati Arabi Uniti, non ci sarebbero storie. Ma se si trattasse di arricchimento del combustibile esaurito, ci sarebbe materia di cui preoccuparsi. In teoria questo non è anormale per Paese membro del Tnp (Nuclear non-proliferation treaty, ndr), che può fare un uso pacifico dell'energia nucleare, ciò che conta é l'arricchimento del combustibile esaurito. Tuttavia se un altro Paese dell'Asean, il Myanmar, facesse lo stesso, ci sarebbero accuse e pressioni. Questo si chiama "doppio standard"».

Il portavoce del Dipartimento di Stato Usa, Philip Crowley, ha risposto che la decisione degli Usa di impegnarsi nei piani per l'energia nucleare in Vietnam «Non riguarda la Cina». Però, i "double standards" sono stati stranamente (ma non tanto) tirati in ballo alla commissione esteri del Congresso Usa dalla repubblicana Illeana Ros-Lehtiner che ha accusato Obama di aver preso col Vietnam una «hard line position» rispetto ai 3 accordi con gli Emirati arabi, che hanno promesso di non sviluppare in proprio l'arricchimento dell'uranio o il ritrattamento di combustibile esaurito, in cambio del diritto di importare tecnologie commerciali e componenti dell'energia nucleare dagli Usa. Va anche detto che finora l'accordo non ha fruttato molto alle imprese nucleari statunitensi, che (insieme ai francesi) lo scorso dicembre si sono viste soffiare dai sudcoreani un contratto nucleare da 20 miliardi di dollari per la costruzione di quattro reattori da 1.400 MW.

Il Wall Street Journal riferisce che il Dipartimento di Stato ammette implicitamente i "double standards", visto che considera molto diversi i rischi della proliferazione nucleare in Medio Oriente e in Asia: «Crediamo che l'accordo con gli Emirati Arabi Uniti sia un modello per la regione. Queste preoccupazioni non riguardano e non sono specificamente applicabili in Asia. Avremo impostazioni diverse regione per regione e Paese per Paese», ha detto un funzionario del governo al giornale.

I negoziati tra Vietnam ed Usa sarebbero in fase avanzata e Pechino teme che Washington voglia utilizzare Hanoi (accusata negli anni della guerra di essere la testa di ponte dell'espansione comunista in Asia) per contrastare la sua egemonia politica ed economica sul sud-est asiatico. In realtà per i suoi nuovi reattori il Vietnam non ha bisogno della tecnologia di arricchimento dell'uranio: all'inizio di quest'anno ha firmato un accordo con la Russia per acquistare alcuni reattori nucleari e i russi in genere fornisco le barre di combustibile per loro reattori di esportazione e ritirano anche il combustibile esaurito dai loro clienti. Lo stesso vale per il Giappone, impegnatissimo nel programma nucleare di Hanoi, che sta formando ingegneri nucleari vietnamiti e si è impegnato a fornire tutto il combustibile e la tecnologia necessari.

I cinesi temono (probabilmente a ragione) che dietro ci sia ben altro. La scorsa settimana il Wall Street Journal ha pubblicato un rapporto che ha suscitato grandi preoccupazioni in Cina e che fa un quadro fosco delle tensioni territoriali tra Pechino e i suoi vicini, in particolare per le isole del Mar Cinese Meridionale. A luglio, durante il Forum regionale dell'Association of south-east asian nations (Asean) tenutosi proprio ad Hanoi, i cinesi si sono infuriati quando il Segretario di Stato Hillary Clinton ha chiesto una risoluzione delle controversie senza coercizione, e soprattutto quando ha detto che l'intera questione riguarda l'interesse nazionale degli Stati Uniti. Il ministro degli esteri di Pechino, Yang Jiechi, ha definito le parole della Clinton «Un attacco alla Cina» e ha ricordato ai Paesi del sudest asiatico che la Cina è un grande Paese, il che implica che loro sono piccoli. Fan Jishe, un ricercatore dell'Istituto di studi americani dell'Accademia di scienze sociali della Cina, ha spiegato in un'intervista al giornale ufficiale China Daily che dietro l'accordo con i compagni vietnamiti e le accuse della Clinton c'è la voglia degli Usa di «Internazionalizzare il problema del Mar Cinese Meridionale, nonché di estendere la loro presenza nella regione». Inoltre la Cina percepisce l'accordo con Hanoi esattamente come quello Usa-India per il nucleare civile: «Fa parte di una grande strategia di contenimento. L'accordo con gli Usa per rafforzare la cooperazione con il Vietnam è per contenere la Cina. A Washington le considerazioni geo-strategiche hanno prevalso sulla non proliferazione nucleare». Per la verità i cinesi non hanno le carte in regola: hanno appena annunciato che costruiranno due reattori nucleari a Chashma, in Pakistan, un Paese che come l'India non s aderisce al Tnp. Naturalmente i cinesi giurano che questo non viola o indebolisce il regime di non proliferazione nucleare, perché i reattori pakistani sarebbero sotto il controllo e le salvaguardie dell'International atomic energy agency (Iaea) proprio la stessa cosa che gli americani dicono per il nucleare vietnamita.

Questo tirare da una parte e dall'altra il nucleare e il Tnp come fossero trippa preoccupa non poco i Paesi dell'Asean. Il Jakarta Post scrive che «La competizione tra Usa e Cina nella regione del sud-est asiatico è diventata più evidente di recentemente da quando le grandi potenze si stanno mettendo alla prova: dai conflitti territoriali nel Mar Cinese Meridionale all'area del Greater Mekong e nel dare una mano ai membri dell'Asean a sviluppare piani nucleari». I dirigenti dell'Asean temono che la rivalità tra le due potenze possa dividere i suoi membri e riportarli a schierarsi o con Pechino o con Washington, secondo le antiche e mai dimenticate lealtà. Questo porterebbe ad acuirsi conflitti territoriali latenti, e il premier di Singapore Lee Hsien ha avvertito tutti che «Non esiste un futuro per soluzioni militari in ciascuno di questi conflitti», mentre il suo ministri degli esteri, George Yeoh, ha ribadito: «La chiave è l'unità dell'Asean. Se non saremo uniti, allora tutti noi rischiamo la balcanizzazione. Non dobbiamo entrare nei nostri affari interni, questo ci divide». Come esempio di non ingerenza reciproca Yeoh fa il meno felice: l'interazione tra Cina e India nella dittatura sanguinaria del Myanmar: «Se il Myanmar non fosse stato un membro dell'Asean poi India e Cina, sarebbero intervenute in "auto-difesa". Questo sfascerebbe il Myanmar in diverse parti». Yeoh ha esortato i paesi dell'Asean ad aprirsi e ad essere più accoglienti verso tutte le grandi potenze, e ha citato un motto del presidente indonesiano Susilo Bambang Yudhoyono: «Migliaia di amici, zero nemici» e riferendosi a Cina ed Usa ha aggiunto: «Hanno la loro rivalità, ma dovremo essere amichevoli, neutrali e aperti con loro».

Il problema (e gli Usa lo sanno bene) è che diversi Paesi dell'Asean pensano che Pechino veda sempre di più la loro area marittima come un lago cinese. Quello che si vede è un rimescolamento di carte che scardina vecchie appartenenze politiche e aree di influenza: Cambogia, Vietnam, Indonesia, Thailandia e Filippine stanno intessendo nuovi legami con gli Usa per controbilanciare la rapida ascesa della potenza cinese. Yudhoyono vorrà anche mille amici, ma non ha certo rifiutato l'offerta del Segretario americano alla difesa Robert Gates per un reimpegno Usa con le Kopassus, le famigerate unità speciali dell'esercito indonesiano, una mossa che rischia di aumentare ulteriormente le tensioni regionali. Il governo statunitense ha accettato anche per aiutare a gestire e sviluppare il bacino del Mekong, per il quale Washington aveva perso ogni interesse dopo la sua sconfitta nella guerra del Vietnam, un altro segno che l'amministrazione Obama è impegnata in una strategia aggressiva per contrastare l'influenza cinese in tutta l'Asia.

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