[10/08/2010] News

La Cina che scivola nel fango

LIVORNO. La foto pubblicata dall'Agenzia ufficiale cinese Xinua del primo ministro  Wen Jiabao  che affronta  guardingo e impacciato il fango del Gansu è uno strappo all'immagine paterna e imperturbabile del potere cinese, ma probabilmente vuole segnalare con una presunta debolezza la condivisione del Partito delle sofferenze e delle difficoltà del popolo.

A differenza dell'oligarchia russa che respinge da sé la responsabilità degli incendi, il nuovo corso della dittatura cinese sembra essere quella della necessaria condivisione dei problemi ambientali che la velocissima crescita ha creato e la segnalazione fisica che i cambiamenti climatici che stanno mutando il volto immutabile del Celeste Impero andranno affrontati tutti insieme, potere e popolo, a partire dalla dolorosa chiusura entro i prossimi due mesi di 2087 industrie obsolete e inquinanti di 18 diversi settori industriali, tra i quali impianti siderurgici, carboniferi, di produzione di leghe ferrose, di alluminio ed elettrolisi, cartiere, cementifici e vetrerie, ma anche impianti di produzione di etanolo, rame e fibre chimiche. Un gigante come la Liuzhu Iron and Steel dovrà ridurre la sua produzione siderurgica di 2 milioni di tonnellate e 762 cementifici o si metteranno in regola o verranno chiusi. Nessuna impresa inquinante riceverà più finanziamenti pubblici.

Davanti alle centinaia di morti causati dalle inondazioni, dalle frane e dalla siccità il partito-padre dice al popolo-figlio: sosteniamoci insieme in piedi, facendo sacrifici dolorosi, o scivoleremo tutti insieme lungo la strada infangata della nostra velocissima crescita e del global warming che ci sta precipitando addosso senza risparmiarci niente.  

D'altronde quello che arriva dal remoto Gasu sommerso dalle slavine di fango è il bollettino di guerra di un Paese orgoglioso della sua forza che si scopre fragile proprio come i suoi "deboli", disordinati e litigiosi vicini indiani e pakistani: ieri si contavano 137 morti oggi già oltre 700, ma probabilmente molte altre persone sono sotto le macerie o sepolte sotto fiumi di fango e gli ospedali traboccano di feriti, gli sfollati si contano a migliaia e gli aerei e gli elicotteri militari fanno la spola dal capoluogo Lanzhu, per trasportare i feriti gravi in ospedali meglio equipaggiati. Il governo e le cellule del partito comunista sono intervenuti distribuendo migliaia di sacchi a pelo, tende, coperte e trovando letti e alloggi ai sinistrati.

Il potere cinese non ritrae gli occhi dalla catastrofe perché sa che quello potrebbe essere l'orlo dell'abisso nel quale può sprofondare la nuova potenza cinese e il suo sogno di benessere. I disastri ambientali e l'inquinamento sembrano l'unico vero nemico interno e internazionale di un regime che promette armonia e benessere. Per questo Wen Jiabao ha sfidato con la sua camicia candida il fango di Zhuqu per dire che «Attualmente, prima di tutto é importante ampliare la zona di ricerca e di soccorso e trattare immediatamente e in maniera scientifica ll bacino di ritenzione creato dalle frane nel fiume, così come ripulire il fango e ripristinare l'approvvigionamento idrico». Il fatto che Chuqu sia un dipartimento della provincia autonoma tibetana di Gannan da ulteriore risalto alla presenza di Wen come simbolica dimostrazione di unità del Paese e di preoccupazione del potere degli han cinesi anche per le disgrazie delle minoranza, anche di quelle un po' troppo ribelli.

Il premier cinese ha anche convocato in piena notte il governo locale di Zhuqu sottolineando che sarà necessario mettere in atto diverse iniziative per assicurarsi una pronta re installazione della popolazione colpita dalle colate di fango: «La ricerca geologica deve essere approfondita al fine di determinare eventuali zone di pericolo, in maniera che gli abitanti possano essere evacuati in tempo da queste regioni».

La diga e il lago creatisi sul fiume Bailong sembra il rischio più pressante provocato dalle frane e dalle colate di frango causate dalle piogge torrenziali che stanno seminando di devastazione e morte mezza Asia. Si tratta di una vera e propria bomba pronta ad esplodere travolgendo quel che resta dei villaggi e i soccorritori. Inoltre se il bacino non verrà messo in sicurezza e drenato non si sa cosa potrebbe succedere con la "normale" stagione delle inondazioni che deve ancora arrivare.

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