[05/08/2010] News

Le Isole ai Paesi ricchi: «Ci affogherete nell’oceano con le scappatoie del Protocollo di Kyoto»

LIVORNO. Dai Climate change talks a Bonn  filtrano poche notizie di un dibattito che sembra insabbiato sui soliti temi e difficoltà di accordo. A movimentare la penultima assise "ufficiale" dell'Unfcc prima del summit di Cancun ci ha pensato l'Alliance of Small Island States (Aosis), il gruppo di 43 piccole nazioni insulari, che ha imposto nell'agenda un tema che i Paesi sviluppati cercano di far ignorare: senza una drastica riduzione a breve termine delle emissioni dei Paesi ricchi sarà impossibile limitare l'aumento del riscaldamento globale entro i due gradi.

Al Binger, il delegato di Grenada che ha parlato in rappresentanza dell'Aosis, ha spiegato che «Attualmente, l'insieme delle promesse sulle emissioni dei Paesi sviluppati rappresentano una riduzione del 12-18% entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990. Ma l'atmosfera vedrà in realtà una riduzione dall'1 al 7% entro il 2020 se I Paesi ricchi sfruttano le "imperfezioni" nel Protocollo di Kyoto. Questo potrebbe spazzare via l'obiettivo del Trattato di un taglio del 5% concordato  per il 2008-2012» .

Si tratta di "buchi" e "scappatoie" contenuti negli accounting rules del Protocollo che riguardano la copertura dei suoli e la forestazione, tanto che diverse associazioni ambientaliste sostengono che Kyoto concede ai Paesi industrializzati troppa flessibilità.

C'è poi la questione dei surplus dei sovereign emissions rights accumulati nel quadro del Protocollo di Kyoto, noti anche come assigned amount units (Aau), che possono essere utilizzati anche dopo la fine del periodo di impegno previsto dal Protocollo

Secondo il Protocollo di Kyoto gli Stati, che sono comodamente al di sotto dei loro obiettivi di emissioni di gas serra possono vendere le Aau in eccesso ai Paesi che non riescono a raggiungere i loro obiettivi. E' il caso dei Paesi dell'ex Unione Sovietica e dell'Europa Orientale che hanno ancora a disposizione quote per miliardi di dollari dopo il crollo della loro industria pesante innescato dalla fine del socialismo reale.

Binger ha spiegato alla Reuters: «Se non troviamo un consenso su un'insieme di regole potremmo finire per fare della contabilità creativa e le emissioni continueranno ad aumentare». Per evitare gli effetti peggiori del cambiamento climatico, e per non annegare nell'oceano che sale, i piccoli Stati insulari chiedono che i Paesi sviluppati taglino le emissioni di gas serra del 45% entro 2020.

Il rappresentante per il clima dell'Unione europea, Artur Runge-Metzger ha detto che entro questa settimana saranno prese in considerazione 4 opzioni per cambiare i regolamenti sulle foreste, ma ha sottolineato che prima vanno definiti gli obiettivi di emissione: «Quello che è importante è che si decida il metodo di contabilizzazione prima di fissare il target. Allora sapremo quale è l'influenza di una o dell'altra accounting measures sul vostro obiettivo».

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