[21/07/2010] News toscana

Piombino futura Bagnoli?

GROSSETO. Per domani i lavoratori della Lucchini di Piombino hanno organizzato una manifestazione e avranno al loro fianco la commissione speciale per l'emergenza occupazionale del Consiglio regionale. Per parlare della vertenza Lucchini-Severstal a Piombino si terrà anche una prossima seduta del Consiglio regionale della Toscana, chiesto dai capigruppo di maggioranza, Vittorio Bugli (Pd), Marta Gazzarri (IdV), Monica Sgherri (Sinistra, Federazione della Sinistra-Verdi) e Pieraldo Ciucchi (Sdi) ed accolto dalla maggioranza stessa.

Le vicende e il destino del secondo polo siderurgico del paese sono, infatti, al centro dell'attenzione in questi giorni anche per l'attesa riunione del prossimo 29 luglio, quando l'attuale azionista di maggioranza, la finanziaria dello stesso Alexei Mordashov, che ha acquisito ad un euro il 50, 8% delle quote di Severstal che ha anche accumulato un debito di 770 milioni, dovrà presentare un piano per garantire mantenimento e consolidamento dell'azienda in Italia. Una data doppiamente importante perché vi sarà anche un incontro con le parti sociali presso il ministero del Lavoro, dove si decideranno le sorti dei circa 4 mila lavoratori, tra diretti e indiretti, che rischiano il posto.

Ma la vendita della maggioranza delle quote ad altra società controllata da Alexey Mordashov, che ha portato l'oligarca russo ad assumere la posizione di azionista di controllo della ex Lucchini con pieni poteri relativamente alla sua gestione e alle sue strategie, non è stata letta come un segnale tranquillizzante per il futuro dell'attività industriale quanto piuttosto una operazione per dare maggiore sicurezza agli azionisti. Secondo i termini dell'accordo Severstal mantiene il diritto a riacquistare la quota da Mordashov per un euro.

Del resto è da tempo che Severstal non fa mistero dell'intenzione di disfarsi dello stabilimento siderurgico. Ma non è chiaro quali potrebbero essere gli investitori interessati alla sua acquisizione a parte alcune voci di un interesse da parte cinese circolate già nei mesi scorsi ma che alla luce dell'andamento del settore siderurgico non fanno certo ben sperare. Europa, Stati Uniti e Canada -secondo gli ultimi dati di Worldsteel - sono sotto i livelli di attività di almeno il 15% rispetto all'andamento precrisi; e, nonostante in Asia e Medio Oriente le industrie del settore siano riuscite a recuperare e superare i picchi relativi all'anno 2007, il tasso di utilizzo delle acciaierie a giugno è calato a livello globale e si attesta all'80% delle sue capacità. E anche la Cina non è fuori da questo trend.

Tempi duri come l'acciaio che potrebbero mettere a rischio il futuro di tutto il settore che- almeno nel prossimo futuro- a Piombino sembrerebbe far perno, viste le prospettive di smantellamento che riguarderanno a settembre il polo bresciano, che trasferirà nella sede toscana l'approvvigionamento di materie prime, gli uffici finanziari e il settore dell'ingegneria strategica.
Piombino che attende da anni la bonifica del sito industriale e che nonostante l'urgenza con cui il tema si pone è rimasta invece impigliata nelle stesse pastoie di tutti gli altri interventi di bonifica previsti nei siti d'interesse nazionale (Sin).

Piombino che ha rischiato di dover accogliere i fanghi della colmata di Bagnoli per un accordo assurdo che avrebbe tolto al porto di Napoli i materiali che avrebbe voluto utilizzare per il suo ampliamento e li avrebbe destinati allo scalo toscano, lasciando a terra- sul suolo piombinese- migliaia di metri cubi di materiali altrettanto riutilizzabili, ma che ancora lì giacciono nonostante l'accordo non sia poi più andato avanti.
Piombino che, anziché i fanghi, potrebbe a questo punto avere un analogo destino da condividere con la stessa Bagnoli: la sua dismissione.

Bagnoli era infatti un'area siderurgica legata a quella toscana e a quella nazionale dalla presenza delle acciaierie Ilva (che nel sito napoletano furono poi affiancate da Eternit); dismessa negli anni novanta (quando a Piombino approdò la Lucchini) dopo quasi vent'anni di crisi e in cui dal 2007 sono stati aperti i cantieri per la trasformazione in chiave urbanistica dei circa 330 ettari in cui si sviluppava.

Bagnoli su cui il bilancio di quanto è stato fatto rispetto a quanto previsto non è certo lusinghiero secondo quanto riporta il rapporto 2009 della Corte dei Conti.

«Per la bonifica ed il recupero dell'area sono stati spesi ad oggi - scriveva il magistrato istruttore Renzo Liberati - complessivamente 77 milioni e 243mila euro, circa il 30% di una disponibilità totale pari a 259 milioni e 358mila euro; ciò nonostante i lavori di bonifica dei suoli non sono stati completati, la balneabilità delle spiagge non è stata ancora ripristinata perché i fondali marini ed i litorali non sono ancora stati completamente bonificati a causa della colmata, fonte di continuo inquinamento, che non è stata rimossa».

Secondo la magistratura contabile lo scorso anno erano a disposizione per il risanamento ancora 182 milioni di euro congelati e non spesi perché non c'era chiarezza su cosa fare ma soprattutto su come farlo: «È di tutta evidenza l'enormità del ritardo - si legge ancora nella relazione del tribunale contabile - con il quale si è giunto a dare un segnale concreto per il recupero dell'area di Bagnoli, decisa fin dal giugno 1994 dall'amministrazione regionale con il programma di realizzarla entro il 2004, a 11 anni dalla dismissione dell'Ilva e delle altre industrie datata primo settembre 1991; 6 anni dall'inizio dei lavori di bonifica affidati nel 1996 alla Bagnoli Spa».
Un destino che non vorremmo rappresentasse il futuro per Piombino.

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