[13/08/2009] News toscana

Cinema e multiplex, Fasulo (Kino dessè): no ai film d’essai nei multisala, e agire nelle scuole

FIRENZE. Quanto sostenuto sul rapporto tra cinema tradizionali e multisale (vedi link in fondo alla pagina) può essere affrontato secondo gli stessi parametri anche in altri campi del governo dell'economia: ad esempio, considerazioni analoghe possono essere fatte per il rapporto tra piccola e grande distribuzione, così come per quello tra agricoltura biologica e agroindustria, o in generale a tutti quei casi in cui sussiste l'alternativa tra un'attività economica a forte contenuto di informazione e fondamentale per il mantenimento del tessuto sociale e culturale, come il cinema, e un'altra ispirata al puro consumo e/o al puro intrattenimento, senza contenuto di informazione e, sia pure utile, comunque dannosa per il tessuto socio-culturale, come le multisale.

Quanto detto vale anche per le conseguenze, oltre che sulla sostenibilità sociale, anche su quella ambientale, alla luce delle problematiche che una eccessiva deregulation (sia nel campo della cultura, sia del commercio, sia dell'agricoltura) apre in direzione della maggiore difficoltà di programmazione e gestione di un territorio o di una realtà sociale. Per il cinema in senso stretto ciò si traduce, solo per avanzare alcuni esempi, in problemi legati alla viabilità, ai parcheggi, alle generali difficoltà di attuare una strategia di governo urbanistico sostenibile e duratura, con particolare attenzione alla tutela della vivibilità dei centri urbani e quindi ad una minore incentivazione del percorso di spostamento verso le periferie e fuori dai centri, con tutte le conseguenze annesse alla diminuizione di quella che su greenreport del 14 luglio Massimo Morisi ha definito come una «pulsione extra- o peri-urbana, motore di quello sprawl che rappresenta il segno primario delle dinamiche territoriali "spontanee" che il Piano di indirizzo territoriale intende arginare e riorientare».

Per un approfondimento "dal basso" sulla questione, abbiamo contattato Serafino Fasulo, gestore dell'unica realtà d'essai della città di Livorno. Nella città labronica, tra esercizi trasformati in parcheggi e altri in appartamenti, sono attualmente aperti in tutto tre cinema e una mini-multisala da 3 schermi situata in un centro commerciale: tutto questo in una realtà che conta circa 150.000 abitanti nei soli confini comunali.

Secondo Fasulo, «la questione dell'apertura delle multisale fa parte di un meccanismo più ampio: aprono i centri commerciali ("le città dell'acquistare") e parallelamente avviene la chiusura dei piccoli. Ecco quindi lo spostamento della popolazione verso le periferie, con i centri che diventano casbah pieni solo di negozi "tutto a un euro" e/o in franchising.

I cinema mono-sala, specie d'essai, sono zone franche di resistenza che fanno un lavoro sostenuto anche dalla passione, ma che chiudono essenzialmente per un problema distributivo: i cinema d'essai ricevono contributi pubblici, perchè mostrano film di qualità che a volte non fanno introiti sufficienti, ma in quei casi in cui un film d'essai guadagna, ecco che va al multiplex, e questo non dovrebbe essere permesso».

Per uscire da questa impasse, prosegue Fasulo, «occorre capire che il problema è legato alla politica globale, non localistica: è in attuazione una politica di disgregazione di ogni forma di aggregazione o di pensiero partecipato. Se ne può uscire facendo come altrove, ad esempio in Francia, proteggendo le produzioni di qualità e distribuendole solo alle sale, impedendo quindi che i multiplex proiettino cinema d'essai.

Se per esempio quei 5 film d'essai che ogni anno, in media, fanno incassi significativi fossero lasciati al solo circuito d'essai, ecco che almeno quei cinema sopravvivrebbero, perché hanno bilanci piccoli e non sono certo gestiti da chi spera di arricchirsi, che altrimenti avrebbe fatto un altro lavoro. Basterebbe questo per proteggerli».

«L'ultimo caposaldo che reputo costruttivo» - conclude - «è un intervento nella scuola, per l'educazione ai linguaggi artistici: non solo musica, ma anche teatro e immagine in movimento, che è il linguaggio precipuo del nostro tempo. Un film è un modellino che va saputo montare e smontare, e se lo spettatore ha questa capacità è più protetto dai messaggi subliminali e dalle cattive produzione in generale. E perchè queste azioni di supporto non vengono fatte? Forse perché non deve assolutamente essere formata una classe di cittadini che pensano e approfondiscono...».

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