[02/07/2010] News toscana

Firenze e la Toscana tra "passanti", "bretelle" e nuove/vecchie politiche di mobilità

FIRENZE. «Vagheggiava un'arteria snella, la quale, provenendo da est, avrebbe accompagnato il tracciato ferroviario e avrebbe compiuto il giro dei quartieri intraferroviari (circonvallazione di andamento parallelo alla circonvallazione progettata dal Poggi), a tratti caricandosi di elementi di direzionalità. Essa avrebbe piegato ad angolo ottuso verso Rifredi e Novoli e, giunto nella pianura all'apice del quadrante nordoccidentale, avrebbe sorretto il centro direzionale», che altro non era che l'area di Castello: così Gianfranco di Pietro, nel suo testo "Un progetto per Firenze - la nuova città nella piana di Castello" (1990), descrive l'idea di mobilità fiorentina che per molti anni costituì parte determinante della visione urbanistica di Edoardo Detti, primo firmatario - come autore e assessore all'Urbanistica - del Prg del capoluogo toscano del 1962.

Detti, infatti, fu tra i primi a proporre - non a livello di ipotesi come era già avvenuto prima ancora della Seconda guerra, ma di pianificazione effettiva - per la città di Firenze, quel progetto per un'arteria viaria est-ovest che costituì poi il prodromo dell'odierna ipotesi di "Passante urbano", rilanciata con forza dal sindaco Renzi già prima della presentazione del documento di Piano strutturale attualmente in discussione per l'approvazione, ma in realtà riportata in auge già negli anni '80 (col nome altisonante e ingannatore di "Ecovia") e comunque presente nello stesso Ps del capoluogo toscano adottato nel 2007.

Il punto è che, anche se l'opera del Detti è ricordata in quasi ogni dibattito relativo allo sviluppo di Firenze come meritoria, comunque si tratta di strategie urbanistiche - quelle inerenti alle grandi infrastrutture per la mobilità su gomma da realizzarsi in contesti urbani o periurbani - che se hanno mai avuto un senso lo hanno avuto in un'altra epoca, quella in cui era necessario creare autostrade in un paese in cui erano assenti (l'A1 è stata inaugurata nel 1964, ma il tratto Bologna-Firenze era già operativo nel 1960) o magari, per quanto riguarda i centri urbani, il coprire corsi d'acqua con strade asfaltate, come infatti è stato fatto a Firenze per alcuni torrenti - come l'Africo - e come si voleva fare per altri come il Mugnone.

Strategie, in poche parole, che erano sensate negli anni in cui il principale obiettivo era e doveva essere la crescita economica e l'intra-connessione viaria di un paese che viveva in quegli anni il suo primo "boom", crescita a cui corrispondeva (e a cui dava contributo determinante) la naturale espansione delle città in un territorio ancora largamente libero, e con le spinte date dai processi di abbandono delle campagne in direzione dei centri urbani e da un tasso demografico ancora in attivo.

Ma poi i tempi sono cambiati, e progressivamente (specialmente, per la Toscana, dopo gli anni '80 e i primi '90, in cui furono portate a compimento opere  come la Fi-Pi-Li o la variante Lucca-Viareggio) si è diffusa sia nella popolazione sia negli amministratori la consapevolezza della necessità di orientare la politica infrastrutturale in direzione di opere finalizzate al perseguimento della sostenibilità, con la conseguente diminuizione del ricorso alle opere per la gomma e un progressivo indirizzarsi in direzione di una mobilità sostenibile.

Un percorso che, come dimostra il modo in cui si è voluta forzare la mano con l'autostrada Tirrenica (che poteva semplicemente essere "ricavata" dall'adeguamento dell'Aurelia come proposto dalle associazioni ambientaliste e di tutela paesaggistica, invece di essere realizzata ex-novo) negli anni della giunta Martini, e come dimostrano sia il progetto per il "Passante stradale" fiorentino portato avanti dal comune di Firenze sia quello per la "bretella" Prato-Signa che la nuova giunta regionale ha confermato, ha ancora molte tappe da percorrere, per giungere all'obiettivo di una mobilità sostenibile.

Certo, il punto non è che sia "scandaloso" realizzare infrastrutture per il trasporto su gomma in sé per sé: alcuni contesti (vogliamo citare, ad esempio, i numerosi paesi della Toscana centrale in cui la realizzazione di una tangenziale ha già deviato - è il caso di Monteroni d'Arbia nel senese - o potrà deviare, come è probabile avverrà all'Impruneta - Fi - i flussi di traffico che attraversavano o attraversano il centro abitato) richiedono effettivamente strutture di deviazione dei flussi, mentre in altri casi (pensiamo a Firenzuola nel Mugello, anche se la vicenda relativa alla locale "bretella" di collegamento con l'A1 è più dubbia rispetto ai due casi citati) realtà urbane di non poco conto in termini demografici e logistici possono effettivamente ricevere più vantaggi che criticità in conseguenza della realizzazione di un collegamento para-autostradale con le grandi arterie già presenti nell'area.

E, per ritornare ai due case-studies citati (il "Passante" fiorentino, la bretella Prato-Signa) è innegabile che in entrambi i casi si avrebbero anche dei vantaggi in termini di logistica dei trasporti, poiché entrambe le opere costituirebbero alternative lungo due direttrici molto trafficate e sature.

Il punto è, invece, che se si vuole puntare alla sostenibilità nei fatti e non a parole è necessario mirare al perseguimento di un'economia ecologica. E ciò significa che la (più che necessaria, anche se comunque il principio del "meglio tanti piccoli interventi che singole grandi opere" resta come orizzonte determinante) politica delle grandi opere - con tutte le sue criticità, ma anche con le sue potenzialità in termini economici, occupazionali e di governo del territorio - deve necessariamente orientarsi (e con forza) in direzione di quelle infrastrutture finalizzate a diminuire, e non ad incrementare, la pressione sui sistemi ambientali e sulle società umane.

E' in conseguenza di questo principio che si capisce come il punto non sia "no alle strade, si alle ferrovie e alle tramvie", ma "si ad ogni opera che permetta un più deciso perseguimento della sostenibilità, e no alle opere che vanno in direzione contraria", come sono entrambe quelle citate e in particolare il passante fiorentino che all'atto pratico (vedi link in fondo alla pagina) si qualifica come una sostanziale variante cittadina dell'A1, prima ancora che come un'opera destinata a fluidificare la mobilità fiorentina.

Ora, qualcuno ritiene che creare una strada ad almeno 4 corsie (che peraltro è anche una variante dell'A1, e che nei progetti sarebbe solo parzialmente sotterranea) in mezzo - o ai margini - di Firenze sia un'opera compatibile con le più volte espresse intenzioni, da parte di Renzi, di fare di Firenze la «capitale della sostenibilità»? E qualcuno ritiene davvero che sia sensato dare ai cittadini della Piana, pochi mesi dopo l'approvazione del Masterplan del Parco da parte della Regione, un raccordo autostradale di 9,8 km come prima opera pubblica visibile all'interno del perimetro del Parco?

La speranza insomma è che, nella politica toscana dei prossimi anni, la mobilità sostenibile diventi davvero la stella Polare dell'azione di governo regionale e locale in modo molto maggiore di quanto sia stato fatto finora, perché hai voglia a proporre 5-6-7 nuove tramvie, hai voglia a progettare metropolitane di hinterland e collegamenti ferroviari regionali ad alta velocità, se poi all'angolo opposto della "coperta corta" delle risorse economiche, politiche, logistiche restano, a tirare come cavalli da soma infuriati, le proposte per nuove direttrici di scorrimento, nuovi viadotti, nuovi tunnel (e nuovo consumo di suolo, e nuovi mastodontici impatti sui sistemi sociali e ambientali) destinati non al trasporto sostenibile ma a quello su gomma.

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