[25/06/2010] News

Uomini e parchi (II) - La svolta della legge quadro

(continua da ieri, vedi link a fondo pagina)
PISA. L'approvazione della legge quadro aprì naturalmente una nuova partita nazionale che risentì tuttavia quasi da subito di questo retro pensiero e cioè che il protagonista principale restava lo stato non in quanto regista ‘nazionale' per quella che allora veniva definito ruolo di ‘indirizzo e coordinamento', ma soprattutto perchè titolare dei parchi nazionali i quali come avremmo visto presto non potevano rappresentare da soli quella dimensione nazionale di un sistema che tale non è riuscito mai a diventare, men che meno oggi. Ciò fu particolarmente evidente in riferimento alle aree marine che tutt'ora ci si ostina a considerare competenza esclusiva dello stato nel senso più burocratico del termine nonostante la legislazione vigente anche sul piano comunitario.

Perso lo slancio iniziale che pur non esente da incertezze ed errori palesi, aveva permesso finalmente anche al nostro paese di ben figurare nel confronto con l'europa, la situazione e andata sempre più chiaramente e vistosamente peggiorando. Come per altre situazioni si è cercato solo di tagliare le risorse e per poterlo fare meglio il ruolo dei parchi si è rapidamente impoverito, è diventato più evanescente e marginale al pari di altri soggetti come le autorità di bacino, più soggetto anche nelle scelte più ordinarie e scontate ad una burocrazia ministeriale d'altri tempi.

E' calata insomma per troppi versi la tela su un soggetto che un ventennio fa fece la sua comparsa sulla scena suscitando legittime aspettative per quel nuovo tipo di governo del territorio che era rimasto troppo a lungo incardinato esclusivamente su norme urbanistiche vecchie o su una tutela del paesaggio che però restava appannaggio esclusivo e separato delle sopraintendenze e quindi sottratto ad una pianificazione ambientale ‘sovraordinata' affidata appunto per la prima volta alle istituzioni elettive. Istituzioni che avevano così incontrato e coinvolto positivamente anche quel variegato mondo ambientalistico tanto diffidente quando non ostile verso un sistema che fino a quel momento aveva giocato il ruolo di controparte.

A conferma di questa allarmante situazione basta richiamare le idee -si fa per dire- che circolano più meno disinvoltamente passando dalla abrogazione dei parchi regionali, all'ulteriore riduzione di autonomia degli enti parco nazionali per quanto riguarda la spesa ma anche la vigilanza, la composizione, la nomina dei direttori, senza contare poi le fisime sull'apporto dei privati nonostante i clamorosi fallimenti per quanto riguarda i musei pur sempre meno complicati dei parchi. E infine le ultime sortite e ipotesi che prevedono addirittura la estromissione delle stesse regioni dalla gestione delle aree protette marine. Il rifiuto ostinato e immotivato di affrontare questo delicatissima situazione in un confronto serio nazionale in cui non sia possibile cavarsela come sulla biodiversità con passarelle riservate a poco credibili dichiarazioni di buona volontà, conferma purtroppo l'inaffidabilità della gestione attuale di un ministero privo di idee e di volontà.

Ciò detto non basta certo uscire dai troppi silenzi anche istituzionali su un aspetto non soltanto non separato da quella situazione più generale che rischia di diventare sempre di più una insopportabile melassa foriera di nuove complicazioni, ma per molti versi determinante proprio per quelle politiche ambientali che nonostante i tanti richiami alla green economy restano spesso un oggetto misterioso.

E qui probabilmente non basta solo impedire che cali davvero la tela del silenzio sui parchi.
Serve credo un ripensamento, una riflessione che sappia come ai tempi di Giacomini cogliere la portata dei cambiamenti e rendere così più chiaro il ruolo dei parchi di cui c'è oggi più e non meno bisogno.

E lo si può fare proprio partendo dalla legge quadro che ebbe il merito di immettere -diciamo così- tematiche fondamentali e per molti versi nuove quali la protezione della natura, del paesaggio, della biodiversità, del suolo, delle coste in un circuito istituzionale fino a ieri riservato esclusivamente o quasi ad un regime scientifico e tecnico. Le politiche nazionali, regionali e degli enti locali avrebbero dovuto da ora in avanti tenendo conto che ogni altro momento del governo del territorio doveva conformarsi a queste nuove e inedite finalità che ‘prevalevano' su tutte le altre anche di carattere economico. Questa scelta pur chiara e tale da suscitare persino sorpresa oltre che non poche diffidenze di cui avemmo presto conferma, fu in qualche misura circondata da reti di protezione che ne attenuassero l'impatto politico -istituzionale.

Il piano socio-economico che doveva affiancare quello ambientale, il sostegno ai comuni inclusi anche solo parzialmente nei confini del parco per il recupero dei centro storici etc volti a favorire anche forme di turismo meno invasivi e altro ancora, delineavano un parco volto naturalmente ad un ruolo fortemente innovativo ma non separato e tanto meno sovrapposto alle comunità locali e alle sue istituzioni rappresentate nelle Comunità del parco.ù

Questo ‘modello' è risultato nel complesso valido soprattutto per la scelta di far giocare alle grandi questioni ambientali e non separatamente, un ruolo assolutamente inedito.
(continua.2)

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