[18/06/2010] News

Impronta ecologica troppo grande per un pianeta troppo piccolo

ROMA. Per tutta la settimana scorsa il bel paese di Colle di Val d'Elsa, con il suo polo universitario distaccato dell'Università di Siena, è stato teatro di un ampio e vivace Footprint forum, organizzato dal Global footprint network, la struttura internazionale voluta da Mathis Wackernagel (uno dei due elaboratori e promotori, con William Rees, del metodo di calcolo dell'impronta ecologica).

Lo scopo del Global footprint network è quello di promuovere un'economia sostenibile lavorando sull'Impronta ecologica, uno strumento che consente di fornire una misura della sostenibilità. Insieme ai suoi numerosi partner in tutto il mondo, il network coordina la ricerca, sviluppa gli standard metodologici e fornisce a coloro che devono prendere delle decisioni puntuali resoconti sulle risorse naturali per aiutare l'economia umana ad operare all'interno dei limiti ecologici della Terra (vedasi www.footprintnetwork.org).

Il Footprint Forum ha visto la partecipazione di oltre 200 tra studiosi, esperti governativi e di organizzazioni non governative, di agenzie di sviluppo, rappresentanti della società civile, rappresentanti del mondo delle imprese ecc. provenienti da diverse parti del mondo (dall'Ecuador al Giappone, dal Brasile al Canada).

Si è trattato, senza dubbio, di un'interessantissima messa a punto del concetto e del metodo dell'impronta ecologica, in un momento così difficile per il mondo intero, a causa della crisi del sistema economico e finanziario dominante che cerca ancora di nascondere la gravissima crisi ecologica che subisce l'intero sistema delle nostre società e che, sembra paradossalmente rappresentata dall'immane disastro dovuto al continuo sversamento di petrolio dalla piattaforma Deepwater Horizon nel golfo del Messico, alla quale nessuna moderna tecnologia riesce a mettere la parola fine.

L'industria dei combustibili fossili, con fatturati da capogiro che, per ogni singola grande multinazionale del settore, raggiungono cifre equivalenti a quelli dei PIL di diversi paesi poveri messi insieme e sulla quale da sempre hanno luogo ingenti investimenti tecnologici, non è in grado di bloccare lo sversamento continuo di un foro nel fondale marino a 1.600 metri di profondità.

Il Footprint Forum è stato organizzato in una serie di tavole rotonde altamente interattive sui temi centrali del nostro immediato futuro, riguardanti la necessità di avviare urgentemente percorsi di sostenibilità delle nostre società, in un periodo di grave ed evidente crisi delle capacità rigenerative e ricettive dei sistemi naturali del pianeta. L'obiettivo del Forum è stato proprio quello di cercare di identificare e comprendere le barriere che impediscono di imboccare le strade verso la sostenibilità, la comprensione dei gap ancora esistenti nelle conoscenze sin qui acquisite, l'identificazione di strategie concrete che possono avviare, da subito, percorsi virtuosi verso la sostenibilità delle relazioni tra i nostri sistemi sociali e quelli naturali, la condivisione di idee e pratiche che possano supportare l'innovazione dei governi, il rafforzamento delle imprese che agiscono concretamente in questa direzione , l'avanzamento dello sviluppo umano, equo e condiviso.

Una conferenza parallela di tipo accademico ha cercato di fare il punto, con contributi di numerosi specialisti, sugli ultimi avanzamenti relativi alla conoscenza, al miglioramento e alla standardizzazione dei metodi di calcolo dell'impronta ecologica. In questa sede si sono confrontati diversi metodi di analisi che danno conto del nostro peso sui sistemi naturali, dai Life Cycle Assessment (analisi dei cicli di vita dei prodotti), ai calcoli dell'emergia (un indicatore della qualità dell'energia che è stato concepito ed elaborato soprattutto dal grande ecologo Howard Odum, scomparso nel 2002, e costituisce la misura dell'energia utilizzata nel passato e necessaria a produrre un prodotto o un servizio), ai calcoli dell'impronta di carbonio e dell'impronta idrica ecc. Si è inoltre discusso delle implicazioni nella distinzione tra stock e flussi, si è ragionato sulle impronte del commercio e del turismo, del costruire comunità dell'impronta ecologica, nell'analizzare in dettaglio le impronte di alcune aree geografiche o di alcuni prodotti, nell'approfondire le analisi sulla biocapacità, ecc.

Un evento aperto al pubblico, presso il Teatro di Colle Val d'Elsa, ha provato a fare il punto sul fondamentale tema di "Ripensare lo sviluppo", con il coinvolgimento del pubblico e delle scuole, in un incontro con diversi personaggi provenienti da varie parti del mondo, vivamente interessati a trovare soluzioni concrete per invertire l'attuale tendenza, chiaramente insostenibile, dei nostri modelli dominanti di sviluppo. Un prodotto significativo del Forum è stata proprio una specifica Mediterranean Footprint Initiative che si collegherà alla Mediterranean Initiative del WWF, con il supporto del Plan Bleu del Programma Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP) e dell'Ufficio UNESCO di Venezia e di altri attori che collaboreranno nelle proposte operative ai paesi di tutta l'area mediterranea relativi alla riduzione, ove necessario, della nostra impronta ecologica e all'avvio di percorsi di sostenibilità e, quindi, di eco-economia. Tutto il Forum ha avuto proprio l'obiettivo di costituire un forte impeto verso la trasformazione delle nostre società, cogliendo le tante opportunità e sfide che nascono in una situazione di crisi.

L'analisi del Global Footprint Network parte dalla evidente consapevolezza che abbiamo un solo Pianeta. La sua capacità di sostenere un'immensa diversità di specie, fra cui quella umana, è grande, ma, purtroppo, non può andare oltre certi limiti. Quando la domanda antropica supera la disponibilità di risorse - quando si oltrepassano, cioè, i limiti ecologici che sono alla base delle nostre interazioni con i sistemi naturali - si compromette la salute dei sistemi viventi della Terra. E alla fine, questa perdita arriva inevitabilmente a minacciare lo stesso benessere umano, cosa che sta chiaramente avendo luogo in tantissime parti del globo e la documentazione scientifica in merito ormai abbonda ed è chiarissima.

Come abbiamo già ricordato diverse volte su queste pagine, l'impronta ecologica misura la domanda dell'umanità sulla biosfera in termini di superficie di terra e mare produttiva dal punto di vista biologico, la domanda cioè necessaria alla produzione delle risorse che le persone utilizzano e all'assorbimento dei materiali di rifiuto che generano (anche se fortemente limitato al solo aspetto della produzione di biossido di carbonio). Nel 2005, secondo i dati dell'ultimo rapporto biennale "Living Planet Report 2008" (il prossimo uscirà nell'ottobre 2010), curato dal WWF, dal Global Footprint Network, dalla Zoological Society di Londra e dal Water Footprint Network, l'impronta ecologica globale ammontava a 17,5 miliardi di ettari globali (hag) o 2,7 hag pro capite (un ettaro globale è un ettaro che indica la capacità media mondiale di produrre risorse e assorbire materiali di scarto, cioè il biossido di carbonio). Dal lato dell'offerta, l'area produttiva totale, la cosidetta biocapacità, ammontava a 13,6 miliardi di hag, cioè di 2,1 hag pro capite.

L'Impronta di un paese è costituita dalla somma di tutti i terreni agricoli, i pascoli, le foreste e gli stock ittici necessari a produrre il cibo, le fibre e il legname che il paese consuma, ad assorbire i materiali di scarto che emette nel momento in cui utilizza l'energia (cioè il biossido di carbonio) e a fornire lo spazio sufficiente per le infrastrutture che realizza. Poiché le persone consumano risorse e servizi ecologici provenienti da tutto il mondo, le loro impronte sono costituite dalla somma di queste aree, indipendentemente da dove esse si trovino sul Pianeta.

La domanda dell'umanità sulle risorse viventi del Pianeta, la sua impronta ecologica, ora supera la capacità rigenerativa del Pianeta di circa il 30%. Questo superamento globale dei limiti ecologici aumenta progressivamente e, di conseguenza, gli ecosistemi si stanno esaurendo e i materiali di rifiuto (gli scarti, l' inquinamento solido, liquido e gassoso prodotto dai nostri metabolismi sociali) si stanno accumulando nell'aria, nella terra e nell'acqua. I conseguenti effetti della deforestazione, della desertificazione, della carenza idrica, della diminuzione di biodiversità e dei cambiamenti climatici stanno mettendo sempre più a rischio il benessere e l'economia di tutte le nazioni.
Anche da Colle Val d'Elsa è partito un messaggio molto chiaro: abbiamo gli strumenti, la conoscenza e la tecnologia necessari ad avviare, da subito, percorsi concreti di sostenibilità. Dobbiamo essere noi tutti gli attori di questo cambiamento.

 

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