[16/06/2010] News

Obama controcorrente nella marea nera: «Faremo pagare la Bp»

LIVORNO. Le parti del discorso alla nazione di Barack Obama che sono probabilmente piaciute di più ai sempre più arrabbiati americani sono probabilmente la secca frase: «Faremo pagare la Bp» e l'accusa di «incoscienza» rivolta alla multinazionale petrolifera che da otto settimane sta avvelenando il Golfo del Messico dimostrando una incredibile incompetenza e una goffaggine nel comunicare interventi risolutivi che si rivelano maldestri tentativi che gli americani considerano ormai una vera e propria presa in giro.

Forse il presidente aveva ancora negli occhi la scritta sul muro che ha visto durante la sua visita di due giorni nei luoghi toccati dalla marea nera: "Obama you are useless" (Obama sei inutile) quando ha assicurato: «Combatteremo questo sversamento con tutto ciò che abbiamo per tutto il tempo necessario» prima di volare a Washington per il suo discorso che probabilmente è riuscito a recuperare qualche punto di consenso ma secondo un sondaggio dell'Associated Press-GfK il 52% degli statunitensi disapprova la sua gestione della crisi, più o meno la stessa percentuale che era stata contro la gestione disastrosa delle conseguenze dell'uragano Katrina da parte di George W. Bush.

Eppure, il gradimento complessivo di Obama non è precipitato: resta intorno al 50%. Inoltre, l'opinione pubblica Usa da la colpa più alla Bp che al presidente: l'atteggiamento della multinazionale viene disapprovato dall'83% degli americani.

Il discorso alla Nazione del presidente è stato anche una puntigliosa ricostruzione delle iniziative prese «fin dall'inizio» dalla sua amministrazione e gran parte dell'intervento deve essere stata una vera e propria sofferenza per gli eco-scettici repubblicani (e democratici) visto che Obama ha parlato della necessità di approvare al più presto la legge sul cambiamento climatico e l'energia, definendola una delle principali priorità della sua presidenza.

Le critiche all'atteggiamento ostruzionistico dei senatori è stata chiara: «L'unica risposta che non accetto è quella di chi dice che la sfida è troppo grande e difficile. La stessa cosa si disse sulla nostra capacità di produrre aeroplani e carri armati durante la seconda guerra mondiale. La stessa cosa sulla nostra capacità di andare e tornare sani e salvi sulla Luna», poi ha citato Kennedy chiedendo ai senatori ed ai politici Usa di «Oltre i limiti meschini del pensiero convenzionale».

Obama è sicuramente piaciuto agli ambientalisti quando ha detto: «La tragedia che coinvolge la nostra costa ci ricorda nella maniera più dolorosa e più potente che il tempo per abbracciare un futuro ad energia pulita è adesso. Io dico che non possiamo permetterci di non cambiare il modo di produrre e utilizzare l'energia, perché i costi a lungo termine per la nostra economia, la nostra sicurezza nazionale, e il nostro ambiente sono di gran lunga superiori».

Ma, anche se ha definito tutto questo una missione nazionale, non ha prospettato soluzioni immediate, ha annunciato solo di aver chiesto all'ex governatore del Mississippi, Ray Mabus, di sviluppare un "long-term gulf coast restoration plan" che dovrà essere interamente finanziato «appena possibile» dalla BP di concerto con gli Stati, le comunità locali, i pescatori, gli ambientalisti e i residenti. Obama lo ha definito un «piano di battaglia» che dovrebbe costare alla Bp miliardi di dollari.

Il nuovo piano di risanamento del Golfo potrebbe andare oltre il semplice recupero e degli effetti del greggio su un'area unica e brulicante di biodiversità sulla quale si sono già abbattuti nel 2.005 gli uragani Katrina e Rita: «Dobbiamo prendere un impegno per la costa del golfo che vada oltre la risposta alla crisi del momento». Quello che è certo è che la Bp non potrà controllare il Fondo di compensazione per il recupero del Golfo, ma Obama non ha detto se a farlo sarà direttamente il governo federale.

Sul tavolo di Obama c'era probabilmente l'ultimo rapporto di un gruppo di scienziati che rivela che il petrolio fuoriuscito dal vulcano aperto dalla Bp è molto di più di quanto si pensasse: almeno 2 milioni e 520mila galloni al giorno, sufficienti a riempire 22 stanza grandi come l'ufficio ovale della Casa Bianca dal quale Obama ha parlato alla Nazione. Quindi, nel Golfo del Messico potrebbero essere finiti fino ad ora più di 116 milioni di galloni di greggio, molto di più di quanto diceva la Bp.

La BP fino ad ora è riuscita solo a "catturare" una parte della fuoriuscita ma Obama l'ha avvertita che entro poche settimane dovrà essere in grado di fermare almeno il 90% dello sversamento e che al più tardi entro l'estate la fuoriuscita dovrà essere arrestata del tutto. La Bp fino ad ora non ha risposto direttamente al discorso di Obama, ma ha assicurato che «L'obiettivo è quello di arrestare il greggio e di ripulire il petrolio e mitigare l'impatto sulla popolazione e l'ambiente della Gulf Coast il più rapidamente possibile». Oggi il presidente Usa incontra i dirigenti della BP alla Casa Bianca in quello che viene già presentato come lo showdown che dovrebbe mettere la multinazionale con le spalle al muro davanti a quello che Obama ha definito in diretta «Il più grave disastro ambientale della nazione».

A Washington, il giorno prima del discorso di Obama, erano finiti sulla graticola dell'House energy and commerce committee i pezzi grossi di ExxonMobil, Chevron, ConocoPhillips, Shell e BPAmerica, accusati di non essere preparati ad affrontare disastri in acque profonde come quello della Deepwater Horizon e di attuare gli stessi trucchetti e le stesse scorciatoie che hanno portato all'ecocidio del Golfo del Messico.

Ma i 57 giorni passati dal disastro della Deepwater Horizon, con milioni di galloni che continuano a zampillare dal fondo dell'oceano, stanno sollevando più di un dubbio sulla leadership di Obama e sulla capacità di intervento della sua amministrazione. Il Presidente Usa rischia di fare la fine dei pellicani della Louisiana, di rimanere invischiato in una situazione di complicità e corruttela creata e tollerata dai suoi predecessori repubblicani (che infatti continuano a protestare contro le ingerenze del Big Government negli affari delle povere Big Oil), anche per questo ha annunciato la nomina dell'ex ispettore generale del Dipartimento della giustizia, Michael Bromwich, a capo di un rinnovato Minerals management service (Mms), l'agenzia federale che regolamenta e controlla l'industria petrolifera e che sarà «Il cane da guardia dell'industria petrolifera, non il suo partner», poi ha annunciato prossime riforme delle normative che stabiliranno severe misure di sicurezza per le trivellazioni e più robusti "spill response plans".

Obama ha anche assicurato che non riposerà fino a che la Bp non sarà ritenuta responsabile di tutti i danni che ha causato (valutati tra i 20 e i 60 miliardi di dollari) e fino a quando la regione del Golfo del Messico non ritornerà alla normalità, ma stavolta non ha detto che vuole vedere il Golfo tornare «In una forma migliore di quanto non fosse prima», tutti gli americani sanno che questo non sarà possibile perché vedono alla televisione l'agonia delle paludi imbrattate di petrolio e di uccelli, delfini e tartarughe che soffocano nella marea nera.

Non a caso Obama ha paragonato quello che sta succedendo nel Golfo ad una lunga epidemia, con effetti diversi da quelli di una singola e devastante catastrofe come un terremoto o un uragano, ed ha avvertito gli americani che le conseguenze del disastro petrolifero potrebbero durare per mesi ed anche per anni.

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