[09/06/2010] News

Asia centrale: la guerra per le risorse delle enclave e dei confini

LIVORNO. Gli scontri avvenuti la settimana scorsa in due villaggi alla frontiera di una enclave dell'Uzbekistan in Kirghizistan hanno evidenziato il rischio di un nuovo conflitto per le risorse naturali nell'ex Asia centrale sovietica, nella contesa, fertile e "ricca" valle di Fergana, che si insinua tra il Kirghizistan, l'Uzbekistan  e il Tagikistan, spappolandosi in confini e frammenti ereditati dall'Urss. Nella valle di Fergana vivono 11 milioni di abitanti, che ne fanno l'area più densamente popolata dell'Asia centrale, non sempre dediti a traffici legali: la droga e il contrabbando sono attività fiorenti, e dopo lo spappolamento dell'Urss la valle e le enclave hanno conosciuto conflitti intermittenti legati soprattutto al possesso dell'acqua e all'utilizzo della terra.

Gli ultimi scontri sono stati tra i kirghisi del villaggio di Sogment  e quelli di Hushyar, un villaggio dell'enclave uzbeka di  Sokh. Secondo i kighizi gli uzbeki avrebbero fatto un posto di blocco stradale per non farli entrare nella loro enclave e, dopo aver fermato 10 auto, le avrebbero danneggiate e poi hanno picchiato duramente i conducenti.

Le Organizzazioni non governative che lavorano nella zona dicono che il problema principale all'origine degli scontri sono i pascoli e che la questione sta diventando molto pericolosa, visto che dopo il crollo dell'Unione Sovietica la frontiera tra Uzbeekistan e Kirghizistan non è stata definita e delimitata, così i conflitti per terre e risorse che ognuno rivendica come proprie aumentano e si fanno sempre più duri, insieme alla crescita della popolazione ed all'instabilità politica che caratterizza l'area.

«La situazione è molto tesa - ha detto all'agenzia stampa dell'Onu Irin Nazgul Aldasheva, la responsabile di For International Tolerance  per la provincia meridionale Kirghiza di Batken - Il 27 maggio, dei responsabili kirghizi hanno chiuso il posto di frontiera dell'enclave a Kaytpas e gli abitanti di Hushyar non hanno potuto portare al pascolo i loro animali che i kirghizi dicono che fanno parte del Kirghizistan e che gli abitanti del villaggio di Hushyar dicono che fanno parte dell'enclave Uzbeka».

Il primo giugno tra le 500 e le 1.000 persone, soprattutto maschi, si sono riunite ai due lati della frontiera dell'enclave pronti allo scontro. Solo l'intervento delle autorità doganali, dei governi e dei capi delle amministrazioni locali è riuscito ad ottenere una tregua. Il 2 giugno il posto di frontiera è stato riaperto.

Secondo la Aldashevan «I pascoli contesi fanno parte del territory kirghizo. Tuttavia, dato che gli uzbeki non hanno trovato un accordo con il Kirghizistan su questa questione, gli abitanti uzbeki locali non possono far più pascolare il loro bestiame in questi pascoli. Malgrado tutto, hanno chiesto di potervi accedere liberamente, ma in maniera piuttosto aggressiva».

Il governo uzbeko, alle prese con il post-rivoluzione, non si è ancora espresso sulla questione, ma  Mansurjan Mamajanov, uno dei capi dell'enclave de Sokh, ha detto a Radio Free Europe/Radio Liberty che «Il problema dei pascoli è importante per gli abitanti di Hushyar. Bisogna che i responsabili del Gosregitr (il catasto) appartenenti alle due parti si incontrino e analizzino il problema. I responsabili di Hushyar dicono che, secondo le mappe del catasto, quei pascoli si trovano sul loro territorio».

Ma i pascoli sembrano davvero nascondere la reale questione di un conflitto latente e pronto ad esplodere accanto al cuore energetico dell'Asia e ai pericolosi confini con l'Afghanistan (dove vivono folte comunità kirghize ed uzbeke): la controversia sulle frontiere post-sovietiche e post-coloniali.

Marat Kazakpayev, un esperto che vive a Bishkek, la capitale del Kirghizistan, spiega all'Irin che «E' poco probabile che l'incidente accaduto recentemente nell'enclave di Sokh degeneri. I conflitti alla frontiera dell'Uzbekistan e del Kirghizistan sono sempre esistiti e questo non è niente di eclatante. Gli scontri avverranno fintanto che il problema della demarcazione e della delimitazione della frontiera non sarà risolto».

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