[10/08/2009] News

Climate talks di Bonn, de Boer: «Impegni finanziari espliciti dai paesi ricchi, o si rischia il nulla di fatto»

FIRENZE. «Abbiamo meno di dieci anni per fermare l'aumento delle emissioni di gas serra se vogliamo evitare conseguenze catastrofiche per la gente e per il pianeta: si tratta, semplicemente, della sfida collettiva più grande cui ci troviamo di fronte come famiglia di esseri umani»: parole del segretario delle Nazioni unite, Ban Ki moon, pronunciate ieri nella natìa Corea del sud ad un incontro tra le agenzie dell'Onu. La conferenza delle parti di Copenhagen del prossimo dicembre potrebbe portare ad un accordo per il dopo-Kyoto «approvato da tutte le nazioni e che sarà equo, equilibrato e comprensibile».

Nel frattempo, proseguono gli incontri preparatori: inizia oggi a Bonn, e proseguirà fino al 14agosto, la sessione congiunta tra il "Ad Hoc Working Group on Further Commitments for Annex I Parties under the Kyoto Protocol" (AWG-KP) e il "Ad Hoc Working Group on Long-term Cooperative Action under the Convention (AWG-LCA). Sono, questi, entrambi gruppi di lavoro istituiti per redigere documenti di indirizzo, discuterli e attuare accordi preliminari per le conferenze delle parti: il primo gruppo, creato nel 2005 a Montreal, si occupa specificatamente degli impegni di riduzione delle emissioni da parte dei paesi industrializzati, e dei relativi accordi per l'emission trading, mentre il gruppo AWG-LCA (creato a Bali nel 2007) si occupa dell'ambito più generale relativo alla cooperazione a lungo termine tra le parti nell'ambito del percorso di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici.

Si tratta, come annota il sito dell'Unfcc, di un «incontro di natura informale», finalizzato a «fare progressi su numerose questioni» indicate dai programmi dei due gruppi di lavoro: al di là del linguaggio burocratico, il succo del meeting è sostanzialmente quello di uno step nel percorso preparatorio per Copenhagen, e anzi si può dire che l'incontro è finalizzato sostanzialmente alla... preparazione del prossimo incontro, che si terrà a Bangkok (Thailandia) dal 26 settembre al 9 ottobre prossimi. Ad esso seguirà poi un ulteriore meeting a Barcellona (2-6 novembre), e infine si arriverà (7-18 dicembre) alla conferenza sul dopo-Kyoto.

Secondo quanto riportato sul sito della conferenza di Copenhagen, in apertura dell'incontro di Bonn il segretario esecutivo del'Unfccc, Yvo de Boer, ha posto come condizione necessaria per un accordo significativo un forte impegno da parte dei paesi ricchi, la cui assenza «potrebbe vanificare gli obiettivi di Copenhagen». De Boer, che da tempo sostiene questa posizione, ha poi aggiunto che «la cosa ad oggi più preoccupante è la minima o inesistente chiarezza sul modo in cui risorse finanziarie saranno mobilitate verso i paesi in via di sviluppo per essere coinvolti» nell'accordo.

Ed è abbastanza ovvio che nella dialettica tra paesi ricchi e paesi in via di sviluppo sugli accordi da raggiungere debba prevalere un impegno maggiore e più vincolante da parte dei primi, e questo non solo per questioni di equità ma anche per far sì che anche i pvs possano effettivamente aderire agli accordi, assumendo impegni di riduzione delle emissioni (o meglio, di riduzione del loro tasso di aumento, in questa fase storica) più moderati a breve termine, e propedeutici ad accordi più significativi per il futuro. Ciò che è dubbio è anzitutto quale sia questa soglia tra il "breve" e il "lungo" termine, cioè in quale anno o in quale decennio anche quelli che oggi sono considerati paesi "in via di sviluppo" diventeranno sufficientemente "sviluppati" da poter impegnarsi in accordi significativi per una reale riduzione delle emissioni. Inoltre, anche se sussistono vere e proprie "liste" ufficiali che classificano i paesi in varie categorie di sviluppo, viene da chiedersi se davvero paesi come India, Cina, Brasile vadano ancora considerati "paesi in via di sviluppo", e quindi se davvero debbano godere di "bonus" per la riduzione delle emissioni rispetto agli impegni che saranno presi: e la risposta, per ora, non può che essere affermativa, ma presto arriverà il momento dei dubbi, anche a questo riguardo.

Ma sono, queste, solo ipotesi relative ad un futuro non dietro l'angolo, e che passano anche attraverso la speranza di un cambiamento climatico progressivo e a lungo termine (e come sappiamo potrebbe anche non essere così, e a quel punto le carte sul tavolo cambierebbero non poco, anche nella dialettica tra paesi ricchi e non): è invece d'attualità il fatto che, come dice de Boer, o i paesi ricchi si presenteranno a Copenhagen con proposte ambiziose per la riduzione delle emissioni e che comprendano anche cospicui impegni finanziari per sostenere adattamento e mitigazione del Gw nel resto del mondo, oppure la conferenza che deve attuare gli accordi per il dopo-Kyoto rischia di ridursi solo ad un... incontro propedeutico per la conferenza successiva, come lo è il meeting di Bonn attualmente in corso: e il problema è che - ad ora - non è prevista nessuna "conferenza successiva", perché Copenhagen è ritenuta da molti l'ultima occasione per attuare un accordo che porti poi (negli anni venturi) a tangibili conseguenze benefiche sul clima, prima che le conseguenze del surriscaldamento globale possano degenerare.

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