[31/05/2010] News toscana

San Gimignano: il curioso caso dell’impianto fotovoltaico piantato in terra, ma che non è “a terra”

FIRENZE. «Nel marzo 2009, dopo ripetuti colloqui con i tecnici comunali, abbiamo presentato la Dia per un impianto fotovoltaico (Kw 7,56). Dopo 20 giorni, dopo aver ritirato la documentazione timbrata dal Comune, abbiamo comunicato la data di inizio lavori. Tutto è stato calmo fino al 13 luglio 2009, quando è stato effettivamente montato il pannello. A questo punto è scoppiato il finimondo: diffida lavori, ordine demolizione, ricorso al Tar».

Inizia così la lettera che una famiglia di S.Gimignano (Si) ha inviato alle redazioni dei media locali spiegando come, a causa di questioni sia strettamente burocratiche sia legate alle norme contenute nel Regolamento urbanistico e in quello edilizio, l'impianto installato (tecnologia "fotovoltaico a inseguimento" - vedi foto) è stato giudicato irregolare, con conseguente ordinanza di rimozione. Il successivo ricorso al Tar ha dato ragione al Comune, e la famiglia - che si è successivamente appellata al Consiglio di Stato, il quale ora dovrà pronunciarsi sulla vicenda - si trova così con un investimento non indifferente («abbiamo un mutuo da 60.000 euro sulle spalle, chi ce lo paga?») che attualmente non offre le prospettive di ammortamento sperate.

Contattata telefonicamente, la famiglia Senesi approfondisce così il suo punto di vista: «si tratta - spiegano - di un terreno agricolo, situato accanto agli impianti sportivi del Comune, dove peraltro esiste, oltre alle tensostrutture temporanee dei campi da tennis, anche un campeggio dove vengono spesso parcheggiati diversi camper, col relativo impatto. Comunque, quando andammo in Comune per le autorizzazioni, ci spiegarono che in terreni quale quello in questione, classificato nel Piano strutturale come "area agricola dei sistemi collinari a maglia fitta" (si tratta di aree periferiche dei centri urbani, dove la caratteristica principale è la frammentazione delle proprietà fondiarie e la promiscuità tra le diverse colture presenti, es. olivo+vite come nel caso in questione, nda), è possibile esclusivamente l'installazione di pannelli a terra. E il pannello a inseguimento che abbiamo montato, anche se è ben piantato in terra, non è considerato così dal punto di vista burocratico, secondo il Comune.

Ci troviamo quindi con una forte esposizione dal punto di vista economico, essendo già 7 mesi che paghiamo la rata del mutuo. Era nostra intenzione usufruire del bando provinciale per il fotovoltaico, ma adesso è tutto bloccato: avevamo anche chiesto al Comune se cambiando la tipologia di coltivazione nei 10 metri lineari di terreno in cui è situato l'impianto (cioè passando alla "maglia media" come definita dalle norme) si poteva superare l'impasse, ma ci è stato spiegato che anche l'evoluzione normativa che in questo senso si è avuta con l'approvazione definitiva del Regolamento urbanistico non consente comunque di sbloccare il nostro caso».

«Abbiamo quindi - concludono - fatto ricorso al Tar (sentenza 25 marzo 2010, depositata il 14 maggio, nda), che però ha detto che il Comune può fermare la Dia, se necessario, e che comunque il nostro ricorso doveva giungere in seguito alla diffida iniziale, e non invece dopo l'ordinanza di rimozione come abbiamo fatto. Ora le carte sono in mano al Consiglio di Stato, cui ci siamo appellati».

Una questione complessa e delicata, insomma, e sulla quale il vicesindaco di San Gimignano e assessore all'Urbanistica Simone Burgassi, che abbiamo contattato per approfondire la posizione dell'Amministrazione al di là dei cenni che alla vicenda sono stati dedicati da parte dei media locali, ritiene che abbia anzitutto influito il fatto che la diatriba è avvenuta in una fase di passaggio politico (le elezioni della nuova giunta si sono tenute nel giugno 2009, a vicenda già iniziata) e in una fase di passaggio amministrativo, poiché il Regolamento urbanistico è stato adottato 3 giorni dopo il ricorso presentato dalla famiglia (l'8 marzo 2009) e approvato definitivamente il 22 dicembre.

Al di là di questa premessa, comunque, secondo Burgassi «i problemi di merito sono due: anzitutto c'è un problema di rispondenza alle norme indicate dal Regolamento urbanistico e dal Piano strutturale, norme che individuano le aree agricole a maglia fitta come invarianti di Piano, a fini di tutela paesaggistica, e che quindi impediscono l'installazione di qualsiasi impianto tecnologico, non solo del solare».

«Oltre alla questione del R.u. - prosegue Burgassi - c'è quella del Regolamento edilizio, che permette solo l'installazione di pannelli a terra o sui tetti. Il problema è che quello in questione è sì un impianto installato nel terreno, ma secondo il R.e. del comune di San Gimignano si tratta tecnicamente di un impianto "non integrato", cioè non assimilabile ai pannelli a terra propriamente intesi in quanto l'impatto è maggiore. E la questione è complessa, perché secondo il gestore per la rivendita di energia (cioè il Gse) gli impianti a inseguimento sono da considerarsi integrati, ma così non è per il nostro R.e., che peraltro è stato approvato, diversamente da quello urbanistico, già da tre anni.

Mi sembra evidente, quindi, che il problema relativo al R.u. è legato anche al fatto che - come detto - la vicenda è nata in un momento di riscrittura delle regole e quindi di confusione normativa, mentre per quanto attiene al R.e. il problema sussiste proprio nella norma. Inoltre, anche se l'area non è vincolata, comunque c'è un problema paesaggistico perché parliamo di uno dei "punti di osservazione" più tipici per la vista del paese: sicuramente sia da parte dell'amministrazione, sia da parte della famiglia che ha fatto ricorso, sarebbe stato necessario un confronto più approfondito, magari in direzione di un accordo che riducesse la portata visiva dell'intervento adottando se possibile delle "schermature" vegetali.

Peraltro, comunque, il Tar ha dato ragione al Comune, sostenendo che al momento della presentazione della Dia delle regole c'erano, ed erano chiare. Poi, se devo essere sincero, devo dire che come Comune avremmo preferito forse "non averla", questa ragione: da una parte c'è una famiglia in comprensibile difficoltà, dall'altra c'è anche l'immagine di una Amministrazione che non ha certo preconcetti contro le rinnovabili, e che ora rischia invece di essere additata nel dibattito pubblico in modo sbagliato. E invece, sempre per il fotovoltaico, stiamo muovendoci per facilitarne l'installazione sugli annessi agricoli e sui tetti, in concomitanza peraltro con la rimozione dell'amianto, e stiamo agendo per installarlo su scuole e cimiteri, oltre a portare avanti progetti per il minieolico.

In ogni caso, mi sembra che si tratti in ultima analisi di una questione prima tecnica che politica, nel senso che ciò che è mancato in questi mesi è stato un accordo che come detto riducesse la portata dell'intervento: al di là di quanto sostiene la famiglia sull'impatto degli impianti sportivi comunali adiacenti al terreno (su cui non concordo con l'equiparazione effettuata, poiché le tensostrutture sono temporanee, il campeggio è di dimensioni limitate, e comunque si parla di strutture di interesse pubblico, cosa diversa dall'interesse - pur legittimo, e da tutelare - del privato), ripeto che era stato fatto un tentativo finalizzato a dare una schermatura all'impianto. Ma non si è trovata soluzione, anche perché il Regolamento urbanistico approvato a dicembre permette ora l'installazione di pannelli fotovoltaici anche nelle aree a maglia fitta, ma solo dove il terreno è già incolto al momento dell'apertura della pratica: è invece impossibile togliere le coltivazioni già presenti. E poi resta il problema del Regolamento edilizio, cioè il fatto che il pannello deve essere "a terra" anche dal punto di vista burocratico».

«Insomma - è la conclusione - il problema è difficilmente risolvibile, se non trovando una soluzione di compromesso in cui i pannelli si smontano e si rimettono poco più in là, ma a terra. Credo che questo sia l'unica strada praticabile. In un certo senso, il vero problema è il fatto che il progresso tecnologico è molto più veloce dell'adeguamento ad esso compiuto da parte della politica sia nazionale, sia regionale, sia locale: parliamo di tecnologie che solo qualche anno fa avevano una diffusione marginale, e non c'è quindi da stupirsi che una burocrazia non aggiornatissima davanti a questo progresso non riesca a dare quella facilitazione che invece a livello politico si vuole dare. E ripeto che il problema è sia per una famiglia, che si trova in difficoltà, e anche per una amministrazione che viene vista come intenzionata a mettere il bastone tra le ruote alle rinnovabili, quando invece l'intenzione è opposta: comunque, aspettiamo la sentenza del Consiglio di Stato».

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