[31/05/2010] News

Sulla marea nera del Golfo è in arrivo una stagione degli uragani estremamente attiva

LIVORNO. Anche l'ultima trovata della Bp (in collaborazione con la ExxonMobil), Il "Top Kill", ha fatto fiasco e la multinazionale petrolifera ha annunciato l'ennesimo nuovo metodo per tappare il vulcano petrolifero che sta avvelenando il Golfo del Messico. Bisogna far presto perché la National oceanic and atmospheric administration Usa (Noaa) ha annunciato una stagione degli uragani «active to extremely active» le cui avvisaglie si sono già viste con la tempesta tropicale Agatha, la prima della stagione ciclonica (1 giugno - 30 novembre), che ha fatto più di cento morti e decine di migliaia di sinistrati in Guatemala ed El Salvador.

Per l'ingordigia e l'imperizia umana che crede di risolvere tutto con qualche miracolo tecnologico ed ora con l'arrivo degli uragani che renderanno impossibile quello che è già difficilissimo, un altro fallimento dei tentativi della Bp di tappare la voragine petrolifera a 1.500 metri di profondità potrebbe davvero trasformarsi dall'attuale ecocidio in quella che Carol Browner, consigliere di Obama per le problematiche ambientali, ha definito «Probabilmente la peggiore catastrofe ecologica che hanno dovuto affrontare gli Stati Uniti. E' senza alcun dubbio la peggiore marea nera». Secondo i tecnici dell'amministrazione Obama,  dal 22 aprile finiscono ogni giorno nel Golfo del Messico dai 2 ai 3 milioni di litri di greggio.

E' toccato al direttore della Bp, Bob Dudley, presentarsi davanti alle telecamere della Cnn per dire : «Siamo delusi per il fallimento del tentativo di controllare la fuga. Non siamo stati in grado  di controllare la fuoriuscita dal pozzo. Il flusso era troppo grande. Non siamo stati capaci di invertire la pressione».

La Bp è ormai in piena crisi di nervi: fallito il pompaggio ad alta pressione di fango e cemento, sta pensando di riprovarci con un tubo ed una valvola che portino il petrolio in superficie per caricarlo su una nave, una cosa molto simile ad una tecnica già fallita qualche giorno fa, e che Obama ha subito criticato: «Questo dispositivo non è senza rischi e non è mai stato sperimentato prima a questa profondità».

Ma alla Bp non resta altro che provarci, sperando che i cristalli di ghiaccio e il gas non facciano saltare anche questo "coperchio":  «Se riuscissimo a contenere il flusso del pozzo tra adesso ed agosto ed ad estrarlo dall'oceano, sarebbe un esito positivo. Dopo, se riuscissimo ad arrestare totalmente la perdita grazie ad un pozzo secondario, questa sarebbe ugualmente una buona notizia» ha detto Dudley.

Uragani permettendo e con un orizzonte temporale che si allontana sempre di più: agosto, per tappare del tutto una voragine che sta sputando sulle coste del Golfo del Messico un inferno nero.

Intanto la gente comincia ad arrabbiarsi davvero con la BP a New Orleans circa 500 persone hanno manifestato contro la multinazionale chiedendo che tappi la falla nel Golfo e che ripulisca tutto il disastro che ha provocato, ma soprattutto per chiedere il ritiro di tutte le  concessioni offshore e che il governo prenda  direttamente in mano la situazione. Ad ogni fallimento della Bp aumentano le critiche verso Obama (magari portate dagli amiconi repubblicani delle Big Oil) e il presidente sta veramente perdendo la pazienza: «E' frustrante e straziante, e non torneremo indietro fino a quando la perdita non sarà contenuta. il governo non ha una tecnologia superiore a quella di Bp in materia di contenimento in acque profonde».  Eppure la Bp e il Mineral Service Management (Mms), l'agenzia che doveva controllare le piattaforme offshore delle multinazionali, avevano detto che queste tecnologie esistevano e che le trivellazioni a quelle profondità erano sicure anche in caso di incidenti. Il 27 maggio un sempre più imbarazzato Obama aveva avocato al governo la supervisione di tutte le decisioni della Bp da mettere sotto il controllo di un comitato scientifico presieduto dal segretario per l'energia, il premio Nobel per la fisica Steven Chu.

Quello che pensano sempre più americani è che Obama si sia fidato troppo delle promesse truffaldine della Bp, che ha barato per settimane anche sulla reale entità dello sversamento. In molti si chiedono anche perché Obama abbia aspettato un mese per licenziare Elizabeth Birnbaum, la direttrice di quel Mms che invece di essere controllore si è rivelato un inefficiente complice delle Big Oil.

Il governo Usa dà l'impressione di brancolare in un buio che Obama non riesce a diradare, continuando a sbattere in un solidissimo muro di gomma fatto di complicità ed opacità con quelle multinazionali che tengono i cordoni della borsa delle campagne elettorali dei repubblicani ed anche di molti democratici.

Il segretario agli interni Ken Salazar aveva promesso che sarebbe stato col fiato sul collo della Bp perché facesse progressi rapidi, altrimenti sarebbero cadute altre teste. Ma, malgrado la rabbia crescente della gente, che al 51% non è d'accordo su come l'amministrazione Usa ha gestito la crisi, il governo si attiene all'Oil Pollution Act del 1990 che prevede che l'inquinatore sia il pagatore e il responsabile ultimo delle operazioni di pulizia. «Gli interessi della BP sono allineati all'interesse generale. Vogliono ridurre i danni il più possibile» aveva detto Obama, riconoscendo poi di aver sopravvalutato la disponibilità delle compagnie petrolifere «A lavorare insieme nel caso del peggiore scenario».

Lo scenario peggiore è arrivato, è qui ed ora, sul fondo oscuro e freddo del Golfo del Messico, nelle ali degli uccelli inzuppate di greggio e nel grasso dei delfini e capodogli avvelenati dalle sostanze chimiche disperdenti, in attesa degli uragani e delle bizze di una Madre Terra che non ci interessa fino a che non la feriamo maldestramente in una delle sue vene profonde con la nostra ingordigia tecnologica mascherata da onnipotenza.

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