[07/08/2009] News

Boscimani, governi, turisti, e petizioni. La dura vita dei popoli tribali

LIVORNO. Il 9 agosto è la giornata mondiale Onu per i popoli indigeni e quest'anno viene celebrata con una vittoria: la scarcerazione di 6 boscimani che erano stati arrestati nel 2007 per aver cacciato senza licenza all'interno della Central Kalahari Game Reserve (Ckgr ), la loro terra ancestrale. Survival sottolinea che «Le misure repressive messe in atto dalle autorità del Botswana per punire i Boscimani colpevoli solo di aver cacciato per sfamare le loro famiglie, si sono ritorte contro il governo stesso. Un magistrato ha infatti ordinato il rilascio su cauzione degli imputati».

Si tratta di un fatto del quale Greenreport aveva già parlato e l'arresto è stato visto come il tentativo del governo di intimidire i boscimani che hanno avviato  un procedimento legale per riprendere il  possesso di un loro pozzo d'acqua che il governo di Gaborone aveva sigillato all'epoca degli sfratti del 2002 dai loro villaggi nel Ckgr. Da allora fra il governo e questo piccolo e pacifico popolo tribale è stata una continua corsa a nascondino con in palio la possibilità per i boscimani di bere e cacciare. Quando nel  2006, l'Alta Corte del Botswana ha decretato che la posizione del governo di vietare ai boscimani di esercitare la loro caccia di sussistenza era illegale, le autorità semplicemente non hanno rilasciato nessuna licenza di caccia, obbligando i boscimani al bracconaggio.

Per Stephen Corry, direttore generale di Survival, «Il presidente Khama sfoggia con orgoglio le sue credenziali ambientaliste sedendo al tavolo del Consiglio di Conservation International, ma sembra abbastanza felice di trattare i Boscimani peggio degli animali. È abbastanza chiaro che il suo governo è decido a sfidare il suo stesso tribunale rendendo impossibile la vita dei Boscimani nella riserva. I Boscimani non possono usare la loro acqua, non possono cacciare e vengono arrestati quando lo fanno nonostante questo sia l'unico modo che hanno per sfamare le loro famiglie. Per fortuna, il magistrato che ha presieduto questo caso ha una visione più umana del trattamento da riservare agli uomini».

Anche per questo Survival ha inserito la Central Kalahari Game Reserve nell'elenco delle tre mete turistiche da boicottare, almeno finché i diritti umani e territoriali dei Boscimani non saranno stati rispettati.

Le altre destinazioni turistiche da evitare secondi o Survival sono Il Resort della Barefoot nelle Isole Andamane, in India e l e "spedizioni di primo contatto" nel Papua Occidentale, o Irian Jaya come lo chiamano gli occupanti indonesiani alle prese con la guerriglia indipendentista e tribale.

«La Barefoot India  - spiega l'associazione che difende i popoli autoctoni - ha allestito un complesso turistico ai margini della riserva creata per proteggere i Jarawa, usciti solo recentemente dall'isolamento. Il resort mette la tribù a rischio di pandemia di peste suina e di altre malattie verso cui è probabile che non abbia alcuna difesa immunitaria. Se le promesse corrispondono a verità, i trekking organizzati per incontrare le tribù isolate del Papua Occidentale, in Indonesia, potrebbero avere conseguenze catastrofiche. L'"avventuriero" americano Kelly Woolford propone addirittura una spedizione in aree in cui le tribù presumibilmente "non hanno mai avuto contatti con il mondo esterno"».

Per Corry «I turisti responsabili dovrebbero tenersi ben lontani dalle aree dove vivono le tribù incontattate o quelle entrate in contatto con il mondo esterno solo recentemente. È accaduto molte volte che subito dopo il primo contatto con persone provenienti dal mondo esterno, la metà, se non di più, della popolazione sia morta di malattia». Diversa la situazione  dei boscimani: «Molti Boscimani del Kalahari sarebbe felici di accogliere i visitatori alle proprie condizioni, ma promuovere il turismo mentre loro muoiono di sete è un vero affronto. Mentre i turisti sorseggiano cocktail standosene comodamente seduti al bar, i Boscimani, che vivono poco lontano, saranno costretti a percorrere centinaia di chilometri per un sorso d'acqua. Non c'è nulla di sbagliato nel fatto che i turisti visitino le popolazioni indigene che hanno alle spalle una storia di regolari contatti con l'esterno, ma solo a condizione che siano le tribù stesse a volerlo, a controllare i loro spostamenti e le loro attività, e a condividere equamente i ricavi dell'attività turistica. Ma, sfortunatamente, è davvero difficile che questo accada».

Anche per questo Survival torna a chiedere a tutti i Paesi del mondo di firmare la Convenzione Ilo 169, la Convenzione dell' dall'Organizzazione internazionale del lavoro rappresenta infatti l'unica legge internazionale che riconosce e tutela i diritti territoriali dei popoli indigeni e tribali ed è fondamentale per e per garantire il futuro dei popoli indigeni e il rispetto dei loro fondamentali diritti umani.

Purtroppo dopo 20 anni sono solo 20 i Paesi del mondo ad averla ratificata e solo 3 di questi sono Paesi Ue. Francesca Casella, direttrice di Survival Italia, spiega che «Molti paesi europei rifiutano di ratificare la 169 con il pretesto di non avere popoli indigeni nei propri territori. Eppure, gli effetti devastanti che molte delle nostre attività commerciali o di sviluppo hanno sulle loro vite sono sotto gli occhi di ognuno di noi. Gli indigeni sono tra i popoli più marginalizzati e vulnerabili del mondo. Quando vengono privati della loro terra, spesso nel nome dello sviluppo, perdono tutto. Se i buoni propositi dei leader del mondo sulla promozione dei diritti umani e la protezione dell'ambiente sono seri, allora dovrebbero ratificare al più presto questa legge. La 169, infatti, può aiutare concretamente anche a salvare le foreste del pianeta perché rimette il controllo della terra nelle mani di coloro che le hanno salvaguardate per generazioni».

Survival spiega che «Nelle terre tribali, inoltre, si trovano sovente ad operare aziende europee e italiane, private, statali o co-finanziate dallo stato.  In Italia esistono già da tempo alcuni progetti di legge assegnati alle Commissioni Esteri di Camera e Senato che, però, non sono mai stati discussi. Data l'estrema gravità delle violazioni dei diritti umani che molti popoli indigeni stanno ancora oggi vivendo in tanti paesi del mondo, l'Italia dovrebbe ratificare la Convenzione al più presto. La sua adozione, infatti, non costituirebbe solo un doveroso atto di solidarietà verso chi continua a vedere conculcati i propri diritti fondamentali; al contrario, porterebbe loro un aiuto concreto e immediato».

Survival ha fatto partire da tempo una campagna per la ratifica della Convenzione da parte dell'Italia che ha già raccolto il sostegno di oltre 10.000 persone e di Cgil, Cisl e Uil (che sono tra i costituenti dell'Ilo) e anche l'Unione Europea «sollecita la ratifica da parte di tutti i paesi membri" come questione della "massima urgenza"».

Per firmare la petizione online: http://www.survival.it/intervieni/petizione/169

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