[28/05/2010] News

Petrolio: l’incubo di Obama. Se anche la “top Kill” della BP fallisce arriverà l’esercito?

LIVORNO. Quello che sta accadendo nel Golfo del Messico, con la Bp che lancia operazioni "miracolose" e perfettamente riuscite che poi si rivelano  tentativi, come quello attuale della "top kill", che ieri sembrava aver chiuso il vulcano di greggio che invece fuoriesce ancora dal fondale, si sta rivelando una serie di annunci che minano la credibilità dell'amministrazione Usa.  Un sondaggio dei Cbs News rivela che solo il 35% degli americani approva l'operato di Obama nell'affrontare il disastro della piattaforma Bp, il 45% non lo approva e il 20% è indeciso.

Mentre la Bp da 5 settimane cincischia e da false speranze la marea nera che sta ricoprendo le coste del Golfo del Messico ha già pesantemente sporcato l'immagine del governo Obama, già alle prese con la crisi finanziaria, la disoccupazione che non cala, le crisi nucleari di Iran e Corea e la grana dell'immigrazione. Tutte eredità della precedente amministrazione di George W. Bush, ma che Obama rischia di pagare politicamente a vantaggio dei repubblicani, i veri responsabili politici dell'ecocidio del Golfo del Messico, gli amici intimi delle Big Oil, il Partito che ha permesso che il Mineral Service Management (Mms), l'agenzia che doveva controllare le piattaforme offshore delle multinazionali, banchettasse insieme ai petrolieri. Così la più grande catastrofe ambientale americana rischia di ricadere tutta sulle spalle di un presidente a cui non resta che dire sul "buco maledetto": «Non ci fermeremo fino a quando questo non sarà chiuso bene, l'ambiente sarà restaurato e la pulizia sarà completata. Bp è responsabile di questo orribile disastro. Deve pagare fino all'ultimo centesimo per i danni che ha provocato». Poi ha annunciato: «Sono necessarie riforme per ripulire un'industria del petrolio spesso corrotta. E' un disastro senza precedenti che evidenzia la necessità di fonti di energia pulita» ed ha confermato una moratoria di 6 mesi per le trivellazioni offshore in Alaska e la cancellazione di altri 33 progetti  nel golfo del Messico e in Virginia.

Ma le critiche non mancano nemmeno da parte dei democratici della Louisiana come James Carville, già consulente di Bill Clinton, ha detto rivolgendosi ad Obama dalla seguitissima trasmissione  "Good Morning America": «Uomo, tu devi anche venire qui e prendere il controllo di tutto questo! Mettere qualcuno responsabile di questa cosa e fare in modo che qui qualcosa si muova! Qui stiamo per morire!». 

Il senatore democratico della Florida, Bill Nelson ha detto alla Cnn che se «La procedura "top Kill" per  arginare la falla non funziona, allora Obama deve ordinare al governo federale di prendere il controllo delle operazioni. Credo che il presidente non abbia alcuna possibilità di scelta, meglio che si assuma completamente la responsabilità, magari incaricando i militari. Deve avere la cooperazione di Bp perché hanno gli strumenti tecnici, ma dobbiamo incaricare qualcuno. Penso che l'esercito americano sia il più adatto a farlo».

Secondo il direttore di Sierra Club, Michael Brune, è invece «Molto incoraggiante vedere che il presidente Obama sta prendendo provvedimenti per porre fine alla norme di sicurezza lassiste nell'industria petrolifera e che ha lottato duramente per porre fine ad altre perforazioni in zone come la regione artica e la Virginia. Il presidente Obama ha annunciato che i cambiamenti contribuiranno a ridurre il rischio di altre esplosioni catastrofiche di petrolio. Sappiamo che questo disastro è il peggiore del suo genere nella storia degli Stati Uniti. Queste sono importanti mosse a breve termine, ma le procedure non risolveranno i problemi di fondo causati dalla nostra dipendenza dal petrolio. Le dimissioni di Elizabeth Birnbaum da capo della Mineral Service Management è un segno che una cultura della responsabilità potrebbe finalmente prendere piede, ma l'amichevole rapporto che le Big Oil hanno con il nostro governo è pervasivo. Per mettere fine al regno dell'autoregolamentazione, dell'inquinamento e della speculazione nel settore, la Bp deve essere ritenuta pienamente responsabile per la sua negligenza, il governo deve smettere di sovvenzionare queste aziende inquinanti e ci deve essere uno sforzo massiccio per far uscire la nuova America dalla dipendenza del petrolio. Il petrolio è un affare sporco e pericoloso e l'industria ha ripetutamente rifiutato di imparare dai suoi fallimenti. Quando si tratta di perforazione offshore, ci sono fuoriuscite di petrolio. Il disastro che vediamo nel golfo è il peggiore del suo genere. I rischi di petrolio non sono mai stati più chiari. L'industria petrolifera sta scendendo sempre più in profondità alla ricerca disperata di più petrolio, mentre per noi il resto dei costi sale».

Secondo Sierra Club Obama annunciando lo stop a nuove trivellazioni nell'Artico e in Virginia ha compiuto un passo importante, ma per risolvere la crisi del Golfo del Messico gli ambientalisti chiedono di più: «Stop the pusher - dice Brune - Se la ultima iniziativa "top kill" facesse un buon lavoro, sarebbe un sollievo. Ma una volta che il pozzo verrà chiuso, il Golfo e la costa saranno ancora di fronte agli impatti del petrolio che è già lì.  L'attenzione deve restare sul contenimento e il recupero. L'amministrazione sta lavorando  giorno e notte per fermare la diffusione del petrolio . Dobbiamo continuare ad impiegare tutti gli strumenti disponibili per contenere questo disastro il più velocemente possibile. Siamo lieti che il presidente abbia ascoltato la nostra richiesta di annullare i permessi di trivellazione esplorativa per Beaufort nell'Artico, il mare dei Chukchi e la costa della Virginia. Il presidente dovrebbe fare un passo ulteriore e stoppare tutte le nuove trivellazioni».

Ma intanto il disastro ambientale del Golfo sta assumendo tutta la sua drammatica evidenza sociale ed economica: è in ginocchio la pesca che fornisce il 30% del mercato Usa e le spiagge e le zone umide, gli habitat che attiravano un fiorente turismo, già sotto attacco delle industrie petrolifere dagli anni '50, sono in ginocchio. e questo disastro le distruggerà ulteriormente. «Il governo federale e BP devono essere ritenuti responsabili per il ripristino delle comunità e dell'ambiente di tutte le zone colpite - dice Sierra Club - In articolare, le comunità che hanno subito l'impatto dovrebbero ricevere il pieno risarcimento per le perdite finanziarie, per tutte le spese sanitarie, di assistenza medica e per il  mancato lavoro e dovrebbero coprire i sussidi  per i lavoratori e delle altre persone colpite, deve essere fornita assistenza giuridica e compensazioni e le zone umide devono essere restaurate».

Quello che preoccupa è l'opacità con la quale la Bp e le altre Big Oil sono riuscite a circondare la vicenda, contando su evidenti complicità nella politica e nella burocrazia statunitense. Le misure di sicurezza annunciate da Obama sono importanti, ma nessuno sa ancora quanto greggio è finito e sta finendo nel Golfo del Messico, quanto disperdente chimico è stato sparso da navi e aerei, quanto sia tossico e quali siano i suoi reali effetti abbinati a quelli della marea nera. La Bp e le altre compagnie petrolifere responsabili dicono che pagheranno i danni, ma se si va a vedere dietro le parole si scopre che stanno parlando degli interventi di "pulizia" non delle conseguenze di questo enorme ecocidio petrolifero e di totale indennizzo delle vittime.

Per Greenpeace Usa l'annunciata moratoria sulle perforazioni offshore nell'Artico, «E' una buona notizia, ma è ben lungi dall'essere sufficiente. 6 mesi non sono una soluzione, sono un acconto. E' all'incirca il tempo necessario per adottare una politica per capire che le perforazioni nell'Artico sono sempre state una cattiva idea. Una cattiva idea, perché l'Oceano Artico è troppo fragile, troppo freddo, una regione troppo remota perché sia possibile una qualsiasi tipo di risposta di soccorso o di recupero ad una  fuoriuscita di petrolio».

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