[24/05/2010] News

Minopoli risponde ad Adami e difende il nucleare

ROMO: Vorrei rispondere all'articolo di Adami pubblicato venerdì sul vostro quotidiano. Primo: raggiungeremo gli obiettivi di riduzione di CO2 entro il 2020? Non potendo contare sulla fonte nucleare, io ho sostenuto che per l'Italia, a differenza degli altri paesi europei (che su quella fonte possono contare), il compito sarà quasi impossibile. Visto il trend italiano degli ultimi anni, mi sembra una constatazione in fondo banale.

Adami è invece ottimista. Constato che il suo ottimismo poggia su un'aspettativa non auspicabile: la proiezione dell'attuale livello di fabbisogno elettrico, basso e depresso per effetto della crisi, a tutto il decennio che ci sta davanti e oltre. Davvero una previsione che mette i brividi. Per fortuna i dati reali danno già una ripresa in atto dei consumi elettrici: dell'1,2% su base mensile e dell'1,6% su base annua, Già con questi tassi (che sono ancora da economia depressa) pareggeremmo nel 2014 i livelli di consumo del 2007.

E poi: per centrare gli obiettivi europei eolico e fotovoltaico dovrebbero crescere, in dieci anni, dal 6,7 % attuale al 17%. L'esperienza e la realtà inducono cautela. Il caso eolico ( vedi Sardegna e Sicilia) mostra che un aumento a tassi costanti e consistenti di tali impianti non è affatto prevedibile. Ulteriori fattori di complicazione sono: i vincoli di adeguatezza della rete elettrica che deve assorbire una nuova capacità tutta concentrata nel Sud del Paese; l'incognita finanziaria sui livelli di incentivi che sarà impossibile stabilizzare nelle dimensioni attuali. Quindi cautela.

Secondo: per Adami, il nucleare è "inutile". La contrazione dei consumi indotta dalla crisi causerebbe una sovracapacità che renderebbe dannoso introdurre "nuovi impianti" nel parco elettrico italiano. Anche qui Adami scommette sulla recessione pur di evitare il nucleare. A me sembra un errore e una prospettiva da non augurarsi. Tanto più che consumi elettrici depressi in futuro fiaccherebbero non solo le possibilità del nucleare ma anche quelle delle rinnovabili, sui cui tassi di crescita l'ottimismo di Adami risulterebbe ancor più infondato.

In ogni caso, però, l'affermazione di "inutilità" di nuovi impianti di produzione è assolutamente infondata. Qualunque sarà il livello dei consumi futuri, noi abbiamo un 17% di potenza termoelettrica installata da sostituire. Sono impianti ad olio, carbone e gas naturale entrati in servizio tra il 1952 ed il 1976. Su 71 GW circa di potenza termoelettrica installata occorrera' costruire impianti per 23 GW. Si tratta di impianti base load: devono garantire potenza elettrica istantanea, pronta ad ogni ora del giorno e della notte e in ogni condizione di tempo. Questi impianti, perciò, non potranno essere sostituiti in toto da rinnovabili.

Se aggiungiamo, tutta o in parte, la quota di fabbisogno coperto attualmente dall'importazione di energia elettrica ( da nucleare francese), risulta uno spazio davvero considerevole ad un ridisegno qualitativo del sistema di generazione elettrica in Italia. Se poi dovessimo pure riprendere la crescita....! Terzo: i costi del nucleare. Adami mi agita in faccia l'ormai famoso Rapporto dell'MIT sull'energia nucleare. E' diventato un mantra degli antinuclearisti. Dubito però che l'abbiano letto. Vale anche per Adami, mi spiace. Non so, infatti, da dove tragga l'affermazione che in tale rapporto si sosterrebbe che il nucleare non è competitivo con carbone, gas ed... eolico. Quest'ultimo non c'è. Il confronto è solo con gas e carbone.

Se si leggesse sul serio il rapporto (Nuclear Power Update 2009) si scoprirebbe una realtà diversa da quella che si racconta: il rapporto è a supporto del ricorso al nucleare. E mira ad indirizzare un warning. all'amministrazione USA: per promuovere il nucleare occorre fare di più (more to do) per rimuovere ostacoli esterni che rischiano di rallentare la nuclear renaissance. All'Update hanno fatto seguito, non a caso, le misure di Obama di rilancio del nucleare. Secondo il MIT il fattore critico della competitività del nucleare, rispetto a gas e carbone, è il risk-premium dei tempi di costruzione e delle incertezze dei processi autorizzativi Esso attesterebbe il costo medio del KWh nucleare a 8,4 c/dollaro meno competitivo di gas e carbone se non si calcolano le carbon tax, ( " in the absence of carbon emission charge" ). Che invece, com'è noto sono arrivate. Non solo.

Secondo l'MIT se il risk premium venisse eliminato o attenuato al punto di portare il prezzo del KWh a 6,6 c/dollaro il nucleare sarebbe piu competitivo anche senza le carbon tax. Un'ultima osservazione: Olkiluoto. Amati dovrebbe sapere che quel progetto è tutto autofinanziato da privati e nessuno per i costi. di essi medita di ritirarsi. Non si dovrebbe strumentalizzare oltremisura il "ritardo" realizzativo della centrale finlandese. Esso non ha, com'è noto, alcuna relazione con aspetti tecnici, ingegneristici o localizzativi. Ma solo legali e contrattuali. E' il tema posto dal MIT: certezza dei tempi realizzativi. Perché mai questa sarebbe una richiesta stravagante, visto che non comporta costi finanziari pubblici ma, semmai, risparmi ? Vale per il nucleare e, forse per altre grandi infrastrutture energetiche e civili. 
 

 

Torna all'archivio