[13/05/2010] News

Mai sprecare una crisi (e mai sprecare un tesoretto sommerso)

LIVORNO. A poche ore dall'ennesimo salvataggio in corner, l'Unione Europea e gli Stati Uniti hanno annunciato che lavoreranno per l'individuazione di una data condivisa nel 2011 per il varo di nuove e più stringenti regole sul trading book delle banche.

Il Comitato di Basilea dei banchieri centrali e dei regolatori aveva concordato che le nuove regole sul trading book avrebbero avuto effetto dalla fine del 2010, ma le banche hanno esercitato pressioni per ottenere un rinvio e ovviamente le lobbies della finanza hanno vinto ancora.

Non è una buona notizia, dimostra ancora una volta la sudditanza della politica nei confronti della finanza, dopo che finalmente era stata presa una decisione comune dall'Europa, che avevamo appunto apprezzato almeno nel metodo più che nel merito, visto che come ricorda oggi Tito Boeri su Repubblica la scelta di comprare i titoli di stato tossici da parte della Bce è stato solo il modo per prendere un po' di tempo  e tranquillizzare i mercati. Ma siccome la tranquillità non può durare, avverte Boeri, è ora il momento «non solo di affrontare l'emergenza ma il cuore del problema, che è fiscale e non monetario, attiene all'economia reale e non alla finanza». La riflessione che offre oggi l'economista ai lettori di Repubblica è illuminante (a onor del vero anche l'ex ministro delle finanze Vincenzo Visco aveva detto qualcosa di molto simile già ieri sull'Unità), ma anche profondamente disperante se si pensa alla capacità del nostro Paese di accoglierla, oltretutto con questo governo invischiato com'è  nella poltiglia tangentizia e nelle beghe di partiti sempre più privi di identità, politica appunto.

In ogni caso Boeri i suoi suggerimenti li dà, toccando il nervo scoperto anche dalla sua collega Loretta Napoleoni, che si chiedeva (L'Unità di eri) «A che serve salvare l'Europa se per farlo dobbiamo sacrificarne gli abitanti»? E la dimostrazione che questo sta accadendo è il piano di austerity varato da Zapatero, che va a colpire soprattutto le fasce più deboli e che in molti temono sia un antipasto della macelleria sociale che pian piano toccherà a diversi Paesi in cambio del salvataggio delle banche: «L'Italia a differenza di altri Paesi - spiega Tito Boeri - può permettersi di aumentare il gettito senza dover aumentare le tasse, facendo emergere l'economia sommersa e il lavoro nero».

Ma per cogliere questo tesoretto nero tutto italiano è necessario prima di tutta discontinuità rispetto a cosa ha fatto il governo in questo ultimi mesi, dal regalo agli evasori rappresentato dallo scudo fiscale, ai controlli sui posti di lavoro diminuiti del 7% nel 2009 dopo che invece nella precedente legislatura era stato potenziato di 1500 unità l'organico degli Ispettorati del lavoro.

In estrema sintesi sono 4 le azioni che Boeri suggerisce: riforma degli ammortizzatori sociali (nel 2009 ne hanno beneficiato 4 milioni di persone, ma probabilmente integrandoli ad altre attività non dichiarate), sgonfiare il lavoro autonomo parasubordinato in lavoro formalmente alle dipendenze, definizione di minimi retributivi per i lavori che sfuggono alla contrattazione collettiva; «alleggerimento della pressione fiscale sul lavoro spostando il prelievo dal lavoro alle rendite o alla tassazione indiretta». Ed è qui che noi ci permettiamo di aggiungere qualcosa specificando che allora è giunto il momento di spostare il peso dal costo del lavoro al prelievo di energia e di materia, un po' come - se vogliamo - l'operazione rilanciata oggi da Obama con una tassazione supplementare e diretta sul barile del petrolio finalizzata  a prevenzione e bonifica di eventuali disastri, e un po' come - passando dall'economia reale a quella finanziaria - la tanto attesa e mai varata Tobin tax prefigurata nuovamente in questi giorni dall'Ecofin «e che a nostro avviso - scriveva martedì sul Corriere della Sera Alberto Quadrio Curzio -  dovrebbe colpire le plusvalenze finanziarie dovute a operazioni speculative di breve termine».

Del resto come più volte ha sostenuto Barack Obama «mai sprecare una crisi»; di crisi se ne stanno invece sprecando sin troppe e sarebbe più che mai il momento di rivedere il modello economico ormai dichiaratamente sottoposto alla finanziarizzazione, dandogli anche una sterzata verso una riconversione ecologica volta a ottenere finalmente un sistema più sostenibile sia ambientalmente, sia socialmente.

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